Prurito anale

Il prurito anale è un sintomo all’apparenza banale, che tuttavia può diventare fonte di notevole disagio, soprattutto se persiste a lungo e non si riesce a trovare una soluzione.

Può interessare chiunque, a tutte le età, ma sembrerebbe più frequente nel sesso maschile, con un picco tra i 30 e 50 anni. Sono diverse le possibili cause di questo fastidioso disturbo: si va da condizioni che interessano direttamente l’area anale, come la presenza di fistole, emorroidi, ragadi o un ascesso, a malattie al livello dell’apparato digerente, come stipsi o diarrea, fino a infezioni e tumori che possono mettere in serio pericolo la salute.

Come si presenta

Il prurito anale è caratterizzato dal bisogno, più o meno impellente, di grattarsi l’area dell’ano o quella immediatamente circostante. Si tratta di un problema che colpisce donne e uomini, giovani e anziani, e dipende da molteplici cause.

Accanto alla sensazione circoscritta di pizzicore e irritazione che induce il grattamento, ci possono essere altri disturbi come arrossamento, perdite sierose o di sangue e dolore anale. Inoltre, se ci si gratta con troppa energia si possono formare lesioni da grattamento che, a loro volta, possono provocare sanguinamento, infettarsi e aumentare il disagio.

Il prurito anale è di tipo periferico, ossia dovuto alla stimolazione di alcune fibre nervose, le cosiddette fibre C, le cui terminazioni sono connesse alle cellule della pelle.

Quando vengono stimolate (per esempio in seguito a un’infiammazione cutanea o per il contatto con sostanze irritanti), le fibre C inviano, attraverso il midollo spinale, un segnale al cervello, che a sua volta induce il sintomo del prurito nella zona di origine dello stimolo iniziale, con il conseguente grattamento.

Il grattamento, a sua volta, inibisce il prurito e può essere causa di piacere transitorio, ma se ripetuto può mantenere o anche aggravare la situazione, creando un circolo vizioso, o portando a produrre nella zona una lesione.

Cause del prurito anale

Il prurito o bruciore anale può essere imputabile a numerose cause. In genere viene distinto in primario o idiopatico, ovvero senza origine definita, oppure secondario, cioè legato a patologie locali o che riguardano il resto del corpo (sistemiche).

Inoltre, esistono alcuni fattori predisponenti, tanto dal punto di vista locale che generale, tra cui:

  • iperglicemia alimentare e diabete
  • gravidanza
  • eccessiva sudorazione o produzione di sudore troppo acido
  • scarsa igiene o eccessivi lavaggi dell’orifizio anale con un sapone irritante o dei detergenti non adatti
  • ipotiroidismo
  • assunzione di alcuni farmaci (antibiotici, cortisonici, antitumorali ecc.)
  • sindrome dell’intestino irritabile o altri disturbi dello sfintere
  • alcuni tumori (cancro del colon-retto o dell’ano).

Nella maggior parte dei casi, comunque, il prurito anale è associato a malattie infiammatorie dermatologiche, proctologiche o infettive; ciascuna patologia, ovviamente, andrà poi individuata singolarmente e trattata nella maniera corretta.

Tra le cause dermatologiche più frequenti rientrano:

Il lichen sclerosus, in particolare, è una tipica causa di prurito nelle donne adulte: si tratta di una malattia probabilmente autoimmune che interessa spesso i genitali esterni femminili, ma che può avere anche una localizzazione iniziale o esclusiva nella zona perianale. La cute colpita dal lichen ha un aspetto biancastro sottile, con lesioni che assomigliano a screpolature e lesioni da grattamento.

Le principali cause proctologiche (ovvero che riguardano il retto, l’ultimo tratto dell’intestino, e l’ano) del prurito anale sono:

  • le emorroidi
  • le ragadi
  • gli ascessi e le fistole anali
  • la sindrome del colon irritabile
  • il morbo di Crohn
  • la rettocolite ulcerosa
  • il prolasso del retto
  • l’incontinenza fecale
  • la sindrome del perineo discendente (che si verifica in seguito a una riduzione della capacità contrattile dei muscoli che formano il pavimento pelvico, con un successivo abbassamento del perineo).

Il prurito anale può essere anche uno dei campanelli d’allarme di una malattia infettiva e soprattutto di malattie sessualmente trasmesse come l’herpes genitale, la gonorrea, i condilomi acuminati causati dal Papilloma virus e la sifilide. Simili patologie, infatti, hanno tra i loro effetti anche quello di provocare prurito nella zona della mucosa anale e del tessuto genitale, e oltre a rendere problematici i rapporti sessuali possono anche rappresentare un serio rischio per la salute.

Va infine ricordato che anche la dieta potrebbe avere una certa influenza sul prurito anale. Tra gli alimenti che sono stati associati a questo fastidioso disturbo rientrano caffè, cioccolato, cibi piccanti, birra, vino, agrumi, latticini, spezie, pomodori e salsa di pomodoro.

Il prurito anale nei bambini

Sebbene sia più comune negli adulti maschi, il prurito anale non risparmia gli anziani e tantomeno i bambini. Nei piccoli una delle cause più comuni è rappresentata dall’infestazione da ossiuri, vermi molto sottili e difficili da vedere a occhio nudo.

Il contagio avviene ingerendo le uova di questi parassiti intestinali, molto diffuse nell’ambiente dove vengono disperse da cani e gatti. Se si tocca una superficie infetta e poi si portano le mani alla bocca, cosa che fanno spessissimo i bambini, il gioco è fatto: dalla bocca le uova si spostano nell'intestino, dove si schiudono.

Si stima che fino al 50 per cento dei bambini e degli adolescenti italiani venga colpito almeno una volta da questo problema. I sintomi tipici, oltre al prurito anale e a volte vulvare nelle femmine, specialmente durante la notte, sono mal di pancia, una sensazione generale di agitazione e difficoltà a dormire bene a causa del fastidio.

La prevenzione di questa comune infestazione si basa su un’attenta igiene delle mani prima di mangiare e dopo essere andati in bagno, sul tenere le unghie corte e pulite nonché su un’accurata pulizia degli ambienti. 

La diagnosi

Per trovare una soluzione al prurito anale, bisogna risalire alla causa scatenante. In fase iniziale è bene rivolgersi al medico di famiglia, che valuterà poi l’opportunità di un consulto con altri specialisti, come il dermatologo o il proctologo.

Il primo passo è un’attenta valutazione, da parte dei singoli medici e specialisti, della storia clinica del paziente e dei sintomi che riferisce, per esempio come sono comparsi, con che frequenza (occasionale o costante) e con quali caratteristiche (diminuiscono di notte, peggiorano con l’attività fisica e la defecazione ecc.).

Inoltre, dopo l’ispezione della regione anale e perianale per evidenziare eventuali lesioni cutanee o segni di malattie proctologiche, si potrà procedere, se indicato, con alcuni accertamenti a seconda della causa sospettata. Tra gli esami a cui si può ricorrere rientrano il tampone rettale, il tampone vaginale, l’esame chimico-fisico delle feci, l’esame colturale e parassitologico delle feci e lo scotch test per gli ossiuri, ma anche la colonscopia, la biopsia o altre analisi più approfondite, a seconda delle circostanze.

Nel corso della visita proctologica vanno valutate anche le abitudini alimentari, igieniche e sessuali dei pazienti. Se si sospetta una malattia venerea bisogna eseguire i test indicati per confermare la diagnosi.

Rimedi per il prurito anale

Il trattamento del prurito anale dipende dalla causa. In genere, in attesa di identificarla con precisione, il medico può fornire alcune indicazioni generali per ridurre il fastidio. L’obiettivo è correggere abitudini igienico-comportamentali scorrette che possono favorire il mantenimento del prurito.

Il primo consiglio è quello di regolarizzare le evacuazioni, soprattutto se è presente stitichezza o, al contrario, diarrea. Per migliorare la funzionalità intestinale in caso di stipsi è utile bere molto, evitare alcolici e fumo, aumentare il consumo di fibre oppure assumere integratori a base di fibre formati massa (come lo psyllium) e fare in modo di praticare una regolare attività fisica.

È importante intervenire anche sull’igiene intima personale, soprattutto se il fastidio coinvolge anche le zone circostanti (per esempio in caso di prurito vaginale): rispettare le norme igieniche fondamentali è essenziale, ma è importante anche farlo in modo corretto. In particolare, l’ideale è usare acqua tiepida, saponi non aggressivi, non sfregare con l’asciugamano, ma tamponare con delicatezza, preferire una carta igienica più morbida e biancheria intima di cotone, comoda e traspirante.

Dopo ogni defecazione, l’area perianale può essere pulita anche con del cotone assorbente inumidito con acqua, mentre vanno evitate le salviettine igieniche profumate e gli indumenti sintetici e attillati.

Inoltre, può giovare la protezione della cute perianale con creme a base di ossido di zinco, come si fa con i bambini piccoli per evitare le irritazioni da pannolino. A volte si può ricorrere anche ad antinfiammatori o anestetici locali, sotto forma di crema o pomata, che riducono il prurito perianale.

Una volta chiarita la diagnosi si può avviare una terapia mirata della causa scatenante, per esempio antifungini nel caso di infezioni micotiche o creme al cortisone nel caso di dermatiti atopiche o eczemi, e così via. In caso di fistole, emorroidi o altre lesioni specifiche, deve essere il proctologo a indicare la terapia conservativa o chirurgica più indicata.

Nel caso il prurito anale sia di origine psicologica si può prendere in considerazione anche il ricorso a tecniche di rilassamento, training autogeno, terapia comportamentale o a una vera psicoterapia.

Il trattamento delle infestazioni da ossiuri tipiche dell’infanzia si basa infine sulla somministrazione di un farmaco antiparassitario in grado di eliminare i parassiti nella loro forma vitale, ma non le uova. Per questo motivo è necessario somministrare due dosi: una appena fatta la diagnosi e una dopo due settimane per eliminare i vermi nati dalle uova rimaste. In genere la cura è raccomandata anche agli altri membri della famiglia per ridurre il rischio di ricadute.

È fondamentale, comunque, che tutte le terapie e le cure siano sempre prescritte da un medico a seguito di una visita mirata, e che durante il trattamento il paziente venga sempre scrupolosamente seguito per prevenire peggioramenti o effetti avversi.

Antonella Sparvoli
Antonella Sparvoli
Nata e cresciuta a Milano, dopo il Liceo scientifico, decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze biologiche all’Università Statale di Milano. Le materie di studio la appassionano molto e si laurea a pieni voti nel 1995, dopo un periodo di studio come studente Erasmus al Trinity College di Dublino e l’internato per la tesi di laurea nel Laboratorio di immunologia molecolare del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano. Si dedica per un breve periodo alla ricerca, ma poi capisce che il suo posto non è tra le provette di un laboratorio, ma tra le pagine di un giornale. Frequenta il Corso post-Laurea in Comunicazione scientifica, organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, e inizia a scrivere per riviste specializzate e divulgative. Dal 1998 collabora in modo continuativo con il Corriere Salute, nel 2010 inizia a collaborare con Io Donna, il femminile del Corriere della sera, e nel 2016 inizia a scrivere per Sapere Salute. Ha scritto alcuni testi di Biologia per le scuole superiori, il volume “Mi spieghi dottore”, ma il suo sogno è scrivere un romanzo. Scherzosamente si definisce «giornalinga», un po’ giornalista… un po’ casalinga. Tra un articolo e l’altro, si dedica al marito Davide e ai figli Andrea e Sofia. Nel tempo libero ama fare sport, andare in bicicletta e, quando possibile, viaggiare. 

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