Le conseguenze della sideremia

Il test della sideremia può essere utile se i valori di ematocrito ed emoglobina risultano anomali.

Il termine sideremia indica la concentrazione di ferro presente nel sangue. Si tratta in particolare del ferro non legato all’emoglobina, detto anche ferro di trasporto. Valutare i livelli di sideremia è molto semplice in quanto è sufficiente un prelievo di sangue per avere informazioni sulla quantità di ferro circolante.

Il ferro presente nell’organismo si ripartisce in tre categorie, a seconda della molecola, e in particolare della proteina, cui è legato:

  • il ferro legato all’emoglobina e contenuto nei globuli rossi
  • il ferro depositato nel fegato, legato alla ferritina
  • il ferro trasportato dalla transferrina, essenziale per la formazione dell'emoglobina e dei globuli rossi.

La parte restante è contenuta in alcuni enzimi implicati nel metabolismo delle cellule.

Il metabolismo del ferro

Il ferro è un minerale che riveste il ruolo fondamentale di catturare l’ossigeno e di rilasciarlo poi ai tessuti. Più in dettaglio, il ferro serve per produrre l’emoglobina, che permette il trasporto dell'ossigeno nel sangue dai polmoni a tutto il corpo umano.

Il ferro è poi presente in molti enzimi, regola la sintesi di alcuni ormoni e produce la mioglobina, proteina che fissa l’ossigeno nei muscoli.

Nell’organismo di una persona adulta sono presenti in media circa 3,5 grammi negli uomini e 2,5 grammi nelle donne. Questa differenza tra uomini e donne nella popolazione degli adulti si deve alla più piccola corporatura, a livelli di androgeni più bassi e alla riduzione delle riserve di ferro che nelle donne può verificarsi durante la gravidanza e in corrispondenza del ciclo mestruale.

Il ferro viene introdotto nell'organismo attraverso l’alimentazione. Dopo essere stato trasformato dai succhi gastrici presenti nello stomaco, passa nell’intestino dove viene assorbito. A questo punto viene trasportato nel sangue dalla transferrina fino a giungere al fegato dove si accumula e si lega alla ferritina, pronto per essere rilasciato nel momento in cui l’organismo lo richieda.

La ferritina indica i livelli del ferro di deposito presenti nell'organismo, cioè le riserve dalle quali l’organismo attinge in caso di apporto inferiore al fabbisogno o in presenza di situazioni che richiedano una maggior quantità di ossigeno: durante uno sforzo fisico intenso per esempio, ma soprattutto durante la gravidanza e l’allattamento.

Valori di ferritina inferiori alla norma indicano una mancanza di ferro nelle riserve, situazione che precede l’anemia, e prende appunto il nome di ferritinemia.

La transferrina è invece la proteina deputata al trasporto del ferro ai depositi e al midollo osseo, dove viene utilizzato per la sintesi dell’emoglobina. La transferrina fornisce informazioni sullo stato di assorbimento del ferro. Valori inferiori alla norma indicano che l’organismo non utilizza correttamente il ferro disponibile.

Dosaggio della sideremia

Il test della sideremia non appartiene alla categoria delle analisi di primo livello, ma si tratta di un esame che può essere prescritto in seconda battuta da medici specialisti qualora i valori di ematocrito ed emoglobina, ottenuti con l’esecuzione dell’emocromo, siano risultati anomali, e possano dunque essere indice di una problematica sottostante, o comunque se si sospettano livelli di ferro nel sangue in eccesso o in difetto.

L’ematocrito esprime il rapporto tra la parte corpuscolata del sangue, costituita soprattutto da globuli rossi, e la parte liquida del sangue, ovvero il plasma e indica la quota di globuli rossi presenti nel sangue.

Se i valori di emoglobina ed ematocrito sono bassi, misurare la sideremia può aiutare a capirne la causa. Il test inoltre serve per valutare l’efficacia di una terapia per la carenza di ferro e come test di screening per la diagnosi precoce di emocromatosi, una patologia che causa una abnorme capacità di assorbire il ferro ingerito con gli alimenti e che, se non curata, può portare a una forma particolare di diabete o alla cirrosi epatica.

Il ferro in eccesso, condizione nota con il nome di emosiderosi, può infatti portare a un suo accumulo progressivo a danno di fegato, cuore e pancreas. Per questa ragione eventuali integrazioni di questo minerale devono avvenire solo dietro prescrizione medica, onde evitare un possibile sovraccarico che potrebbe avere conseguenze anche importanti e richiedere terapie specifiche.

Per avere un quadro completo dei livelli di ferro di un individuo, tuttavia, il valore della sideremia non può essere considerato in modo isolato, ma deve essere letto insieme ai livelli di ferritina e transferrina.

I livelli della sideremia variano in base a sesso, età e stato di salute generale della persona. I valori normali sono compresi in un intervallo che varia da 75 a 150 μg/dL per gli uomini e da 60 a 140 μg/dL per le donne. Il valore muta in base alle ore della giornata, ed è massimo nelle prime ore del mattino.

I livelli di ferro circolante sono inoltre influenzati dal ciclo mestruale in quanto diminuiscono se il test è effettuato durante il flusso. Al contrario, aumentano con il consumo di carne rossa (soprattutto manzo e cavallo, ricche di ferro) e l’assunzione di integratori contenenti ferro. Per questa ragione tali comportamenti devono essere sospesi nelle 48 ore che precedono le analisi del sangue volte a misurare la sideremia.

Valori superiori al limite massimo indicano una condizione di ipersideremia, ovvero una eccessiva concentrazione di ferro. Le cause di questa situazione possono variare dall’aver subìto trasfusioni multiple, all’uso della pillola anticoncezionale fino alla presenza di malattie come la talassemia, l’epatite virale o l’emocromatosi. Il dosaggio della sideremia risulta infine elevato anche nel caso particolare di avvelenamento da piombo.

L’ipersideremia può associarsi a disturbi metabolici, osteoarticolari, cardiaci, a carico del sistema nervoso (come aritmia, insufficienza cardiaca, dolori alle articolazioni e osteoartrite, disfunzioni della tiroide, disturbi dell’umore e aumento delle transaminasi del fegato).

Paradossalmente l’ipersideremia potrebbe essere legata anche a uno stato di anemia, a seguito della quale nell’organismo si verifica un utilizzo ridotto del ferro e di conseguenza un suo accumulo in eccesso.

Valori di sideremia inferiori alla norma indicano, al contrario, che la quantità di ferro circolante è insufficiente. Anche in questo caso le cause risiedono in diverse situazioni:

  • perdite di sangue
  • emorragie
  • flussi mestruali troppo abbondanti
  • sanguinamenti occulti a livello gastrointestinale, per esempio a causa di un’ulcera, di un polipo o di un tumore
  • alimentazione scorretta, digiuno, stile di vita sregolato
  • patologie di varia natura, per esempio a carico del sistema cardiocircolatorio o dell’apparato digerente.

Bassi livelli di sideremia possono essere causati anche da interventi chirurgici e da un maggior fabbisogno di ferro da parte dell’organismo in presenza di condizioni o malattie intestinali che interferiscono con l’assorbimento dei nutrienti, come alcolismo, abuso di lassativi, diarrea cronica, celiachia e altre patologie croniche.

Anche le diete vegetariane o vegane, condotte senza un attento controllo del bilanciamento dei nutrienti, possono alla lunga comportare un insufficiente introito di ferro o essere concausa di un suo ridotto assorbimento, con la possibile insorgenza di anemia. Bassi livelli di ferro si verificano anche nelle malattie infettive, nei tumori e a seguito di infarto. E ancora, in età avanzata e in caso di diabete e di insufficienza renale.

Valori sideremia Cause
Iposideremia

Uomini < 75 μg/dL

Donne < 60 μg/dL

Perdite di sangue

Emorragie

Flussi mestruali troppo abbondanti

Sanguinamenti occulti a livello gastrointestinale

Interventi chirurgici

Alcolismo

Abuso di lassativi

Diarrea cronica

Celiachia

Malattie infettive

Tumori

Infarto

Diabete

Insufficienza renale

Ipersideremia

Uomini > 150 μg/dL

Donne > 140 μg/dL

Trasfusioni multiple

Pillola anticoncezionale

Talassemia

Epatite virale

Emocromatosi

Avvelenamento da piombo.

Dolori alle articolazioni e osteoartrite

Aritmia, insufficienza cardiaca

Disfunzioni della tiroide

Disturbi dell’umore

Aumento delle transaminasi

Anemia

I sintomi della carenza di ferro

Quando i livelli di concentrazione di ferro nel sangue diminuiscono l’organismo tende progressivamente a utilizzare le scorte accumulate nei tessuti.

La carenza di ferro causa una insufficiente produzione di emoglobina e quindi una scarsa ossigenazione dei tessuti. Per compensare la diminuzione di ossigeno, cuore e polmoni sono sottoposti a un maggior lavoro, con la comparsa di tachicardia e di vari disturbi.

I sintomi dell’anemia dovuta a carenza di ferro si manifestano gradualmente. In fase iniziale sono lievi in quanto l’organismo per sopperire al deficit ricorre al ferro contenuto nei depositi.

Col passare del tempo, qualora insorgano delle anemie, presto compaiono anche i tipici sintomi da carenza di ferro:

  • astenia
  • sensazione di mancanza di fiato
  • stanchezza
  • facile affaticamento
  • mal di testa
  • maggior predisposizione alle infezioni
  • formicolii
  • dolore a braccia e petto
  • sensazione di freddo alle estremità
  • insonnia.

I capelli risultano indeboliti e le unghie e fragili. Anche il tessuto della pelle e quello delle mucose possono essere interessati dalla carenza ferro e manifestare pallore, così come la comparsa di ragadi agli angoli bocca e sulla lingua. Altre manifestazioni sono sonnolenza, vertigini, e difficoltà di concentrazione. A molte persone capita di essere stanche già al risveglio e restare poi affaticate durante la giornata.

La carenza di ferro è la causa più frequente di anemia sideropenica. L’anemia può insorgere in tutte le fasce di età; particolare attenzione va però posta a bambini e adolescenti, donne in età fertile, in gravidanza e durante l’allattamento (questo perché tali periodi pongono la donna in una condizione di salute più delicata e che necessita sempre di maggiori attenzioni).

L’anemia può derivare dalla diminuzione della produzione di globuli rossi, e quindi del loro numero, del loro contenuto di emoglobina o del loro volume.

Si ricorda, comunque, che non è sufficiente riscontrare determinati sintomi per individuare un problema nell’assorbimento del ferro: è essenziale rivolgersi sempre a dei professionisti in cardiologia per dei prelievi e delle analisi cliniche mirate. Solo una volta ottenuto il referto sarà possibile comprendere se effettivamente vi siano alcuni parametri fuori dalla norma relativamente ai livelli di ferritina e ferro nel sangue, e quali siano dunque le esigenze nutrizionali che occorre soddisfare (o il farmaco cui ricorrere).

Ferro, come introdurlo con l’alimentazione

Il ferro segue un ciclo “chiuso”: quello contenuto nelle cellule che terminano il proprio ciclo di vita viene riutilizzato dall’organismo. Non viene scambiato con l’esterno se non in minima parte, che però deve essere reintegrata con la dieta.

Il ferro viene assorbito a livello dell’intestino. Un’alimentazione che ne assicuri un adeguato apporto, e che garantisca una buona prevenzione contro ogni carenza, dovrebbe contenere cibi che ne sono ricchi, come:

  • carne rossa
  • carne di maiale
  • verdure a foglia verde
  • frutta secca
  • legumi
  • pollo
  • molluschi, in particolare vongole.

Se è vero che anche la ricetta scelta per ciascun cibo può influenzare l’apporto alimentare e l’assunzione di nutrienti, micronutrienti e sostanze analoghe, pure, per quanto riguarda l’assorbimento del ferro nell’organismo, in genere non vi sono particolari consigli e accorgimenti da seguire a livello di preparazione in cucina.

Non tutto il ferro introdotto con la dieta, tuttavia, viene utilizzato dall’organismo, che in alcuni casi non riesce a metabolizzarlo. Il consumo elevato di cereali integrali, crusca, tannati del tè, polifenoli e alcuni farmaci come gli antiacidi e alcuni antibiotici, per esempio le tetracicline, ostacolano l’assorbimento del ferro.

Questo minerale infatti è contenuto nei vari alimenti in forme diverse. Il ferro “eme” viene facilmente assorbito e si trova solo nei cibi di origine animale come la carne. Il ferro “non-eme” è contenuto invece negli alimenti vegetali. Gli spinaci, per esempio, sono ricchi di ferro, ma in forma poco disponibile. L’assunzione di vitamina C, in generale e insieme a questi alimenti, migliora la capacità dell’organismo di assorbire il ferro “non-eme” aumentandone la biodisponibilità.

Si ricorda, infine, che nel caso in cui gli esami del sangue rivelassero dopo alcuni mesi che la situazione non è mutata, e i sintomi di una eventuale carenza di ferro dovessero persistere nonostante il cambiamento dell’alimentazione, è opportuno rivolgersi al proprio medico curante per una visita mirata, oppure consultare direttamente degli specialisti. In questo modo sarà possibile ottenere la cura più adeguata a seconda dei casi e delle condizioni di rischio dei singoli pazienti, optando per l'utilizzo di un semplice integratore alimentare o di una medicina più mirata.

Stefania Cifani
Stefania Cifani
Nata e cresciuta a Milano, approda alla comunicazione dopo alcuni anni nella ricerca clinica e farmaceutica. Prima all’Istituto Mario Negri, presso il Dipartimento di oncologia dove si occupa soprattutto dell’aspetto della valutazione della qualità di vita negli studi clinici, in seguito presso una società di ricerche di mercato specializzata nel settore farmaceutico e ospedaliero. Nel frattempo matura l’interesse per il giornalismo e la divulgazione per cui al termine di questa esperienza, dovuta alla chiusura della società, frequenta il Master in comunicazione e salute nei media contemporanei presso la facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano. Inizia quindi a collaborare con riviste di settore, dirette a farmacisti, e in seguito con altre testate cartacee e online rivolte sia a professionisti sia al pubblico, scrivendo articoli di medicina e salute. Giornalista pubblicista dal 2013, oggi si divide tra lavoro e famiglia, alle prese con una figlia adolescente. Quando resta un po’ di tempo ama ballare e cucinare.

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