Vitamina A: necessaria per la vista e non solo

La vitamina A è importante per lo sviluppo e l’integrità di numerosi tessuti e organi. Ecco perché una sua carenza può causare un’estesa gamma di sintomi.

La vitamina A è una vitamina liposolubile (il che significa che si scioglie bene nei grassi), presente in natura in varie versioni: come retinolo o altri composti analoghi, detti retinoidi (tutti di origine animale), oppure sotto forma di carotenoidi (di origine vegetale), che rappresentano i precursori della vitamina A attiva e che, per questa ragione, sono considerati una sorta di “provitamina”.

I carotenoidi noti sono circa 600, ma soltanto una cinquantina di questi può essere trasformato in vitamina A dall’organismo umano (nell’intestino e nel fegato) ed essere utilizzata come tale. Altri carotenoidi contenuti nei cibi non vengono trasformati in vitamina A, ma sono comunque molto utili per l’organismo grazie al loro spiccato potere antiossidante: i principali sono il licopene, la zeaxantina e la luteina.

A che cosa serve la vitamina A

La vitamina A è indispensabile per il meccanismo della visione, ma anche per la crescita e la differenziazione delle cellule e per il mantenimento di buone difese immunitarie.

Il coinvolgimento in questi processi rende la vitamina A cruciale per lo sviluppo, la rigenerazione e l’integrità di gran parte dei tessuti e degli organi dell’organismo.

Una forte carenza di questo elemento si associa, quindi, a un’estesa gamma di sintomi e disturbi, a una crescita stentata e a un maggior rischio di infezioni.

Sul fronte della funzionalità visiva, la vitamina A rappresenta un elemento primario irrinunciabile e insostituibile.

I fotorecettori (bastoncelli) presenti nella retina, infatti, possono catturare la luce soltanto grazie alla presenza di un pigmento fotosensibile, la rodopsina, costituito da una proteina, l’opsina, e dalla vitamina A. Questo ruolo centrale spiega anche perché uno dei primi sintomi della carenza di vitamina A è rappresentato dalla comparsa di “cecità notturna”, ossia di una notevole difficoltà a distinguere le immagini in ambienti poco illuminati o al crepuscolo.

Se dopo la nascita e nei primi anni di vita l’apporto di vitamina A è molto scarso, gli occhi possono essere danneggiati in modo permanente, fino a sviluppare cecità.

Di fatto, la carenza di vitamina A in epoca neonatale e in età pediatrica è la principale causa di cecità acquisita, purtroppo ancora molto diffusa in Paesi in via di sviluppo caratterizzati da standard nutrizionali scadenti.

Per evitare questo danno biologico severo, ormai da diversi anni in questi Paesi sono stati avviati programmi di prevenzione basati sulla somministrazione di dosi terapeutiche di vitamina A, due o tre volte all’anno, a tutti i bambini, dalla nascita fino ai sette anni.

Fonti alimentari di vitamina A e beta-carotene

L’unica fonte naturale di vitamina A (retinolo) immediatamente utilizzabile dall’organismo umano è rappresentata da alimenti di origine animale con un discreto contenuto di lipidi, come il latte, i formaggi, il burro, le uova, il fegato (in assoluto l’alimento che ne è più ricco), i pesci grassi dei mari del Nord (salmone, sgombro, aringhe ecc.), la anguille e gli oli di pesce, come il celebre olio di fegato di merluzzo, storicamente utilizzato come integratore naturale di vitamina A e D per bambini fragili e inappetenti a rischio di carenza.

Gli alimenti di origine vegetale non contengono quote apprezzabili di vitamina A, ma possono fornire in abbondanza i carotenoidi precursori. Complessivamente, si conoscono circa una cinquantina di carotenoidi differenti trasformabili in vitamina A, ma è soprattutto il beta-carotene a essere presente in quantità significative negli alimenti e a poter essere utilizzato in modo efficiente dall’organismo umano.

Come la vitamina A, il beta-carotene viene assorbito a livello dell’intestino tenue, con l’aiuto dei sali biliari, ma soltanto patto che anche una certa quantità di grassi sia introdotta contemporaneamente con i cibi.

All’interno della mucosa intestinale, ogni molecola di beta-carotene viene scissa in due molecole di retinolo, che, come tali o ulteriormente convertite e inserite in vescicole lipidiche dette chilicromi, entrano nel sangue e vengono trasportate fino al fegato, dove possono subire altre trasformazioni prima di essere usate o immagazzinate. Dal fegato, quando richiesti, retinolo e beta-carotene vengono re-immessi nel sangue legati rispettivamente a proteine (retinol binding protein, RBP) o a lipoproteine e trasportati al tessuto nel quale devono essere utilizzati.

La scissione intestinale del beta-carotene e il processo che ne segue non avvengono in modo sistematico, ma soltanto se è realmente necessario

L’organismo umano è, infatti, in grado di autoregolare l’assorbimento intestinale in relazione al proprio fabbisogno e, da adulto, può costruire riserve di vitamina A così consistenti da bastare a rispondere alle richieste fisiologiche per uno o due anni, anche senza ulteriori assunzioni attraverso gli alimenti o supplementazioni mirate.

Se non c’è un’esigenza biologica immediata di vitamina A, il beta-carotene viene immagazzinato nel tessuto adiposo, conferendogli la tipica colorazione giallognola. Sul piano pratico, ciò significa che mangiare grandi quantità di cibi ricchi di beta-carotene nell’intento di proteggere la vista o di stimolare l’abbronzatura è sostanzialmente inutile, perché l’organismo utilizzerà sempre e soltanto la quota prevista dalle esigenze geneticamente e fisiologicamente determinate. Ciò non toglie, d’altro canto, che si possano mangiare senza problemi alimenti vegetali ricchi di beta-carotene, sani e benefici per la salute generale anche grazie alla presenza di altre vitamine, sali minerali e composti antiossidanti.

A riguardo, va precisato che, nonostante il nome possa indurre in inganno, il beta-carotene è presente in abbondanza non soltanto nelle carote, ma anche in molti altri alimenti di origine vegetale. A contenerne quantità significative sono soprattutto quelli di colore giallo-arancio, come albicocche, pesche, meloni, papaya, mango, mandarini, arance, peperoni, pomodori e zucche, e gli ortaggi con foglie o altre parti verde scuro, come spinaci, broccoletti, bietole, tarassaco, prezzemolo, basilico, rucola e altre insalate.

Benché sia sempre preferibile il consumo di questi alimenti a crudo, va considerato che il beta-carotene è uno dei composti naturali più stabili e resistenti alla cottura, basta non far bollire gli ortaggi troppo a lungo. Quindi, ben vengano cotture al vapore, alla griglia, in padella o al forno per verdure, pesce, uova e fegato, preferibilmente con l’aggiunta di una piccola quantità di un condimento grasso, ma sano, come l’olio extravergine d’oliva, per facilitare l’assorbimento del composto attivo.

Al contrario, il beta-carotene viene facilmente ossidato dall’ossigeno presente nell’aria e dalla luce; inoltre, si deteriora rapidamente con il passare del tempo. Per essere certi di assumerne quantità apprezzabili con la dieta, quindi, meglio evitare di frullare, centrifugare, estrarre, spremere, sminuzzare o conservare troppo a lungo frutta e verdura. Se non è proprio possibile consumare freschi gli alimenti vegetali ricchi di beta-carotene e altre vitamine, il consiglio è congelarli, crudi o cotti, in pezzi di medie dimensioni, a seconda del tipo, della praticità d’uso e delle preferenze individuali.

Dosi giornaliere consigliate di vitamina A

Per convenzione, i livelli di assunzione di vitamina A vengono espressi come RE (Retinolo Equivalenti), o, in inglese, RAE (Retinol Activity Equivalent): 1 RE corrisponde a 1 µg di retinolo, a 2 µg di beta-carotene disciolto in olio, a 12 µg di beta-carotene presente nei comuni alimenti e a 24 µg di altri carotenoidi trasformabili in vitamina A presenti nel cibo (α-carotene, γ-carotene, o β-cryptoxantina).

Meno frequentemente, il fabbisogno giornaliero e il contenuto in vitamina A o beta-carotene degli alimenti o degli integratori alimentari può essere espresso anche usando come unità di misura le Unità Internazionali (UI), dove 1 UI corrisponde a 0,3 µg di retinolo (vitamina A), 0,6 µg di beta-carotene e 1,2 µg di altri carotenoidi.

Secondo le indicazioni della Società italiana di nutrizione umana (SINU), i livelli di assunzione raccomandati di vitamina A variano in base all’età e al sesso (negli adulti).

Lattanti 6-12 mesi 450 µg
Bambini-adolescenti 1-3 anni 300 µg
4-6 anni 350 µg
7-10 anni 500 µg
11-14 anni 600 µg
Maschi 15-17 anni 700 µg
> 18 anni 700 µg
Femmine 15-17 anni 600 µg
> 18 anni 600 µg

Per la donna l'assunzione raccomandata aumenta leggermente in gravidanza (di circa 100 µg, arrivando a un totale di 700 µg) a causa del rifornimento di vitamina A da assicurare al feto e di circa 400 µg (arrivando a un totale di 1.000 µg) per tutta la durata dell’allattamento.

Va sottolineato, che se si segue un’alimentazione varia e bilanciata per qualità e quantità dei cibi consumati è pressoché impossibile andare incontro a deficit significativi di vitamina A o beta-carotene.

In tutti i casi in cui sia comunque necessario aumentare ragionevolmente l’apporto di questi elementi, oltre a inserire nella dieta maggiori quantità di alimenti che ne sono naturalmente ricchi, si possono assumere integratori multivitaminici acquistabili in farmacia, che ne contengono quantità adeguate e non espongono a rischi di sovraddosaggio.

Secondo le disposizioni più recenti del Ministero della salute, in accordo con la regolamentazione europea, i quantitativi per dose giornaliera ammessi negli integratori alimentari corrispondono a 1.200 µg (corrispondenti a 1.200 RE) di vitamina A e a 7,5 mg (corrispondenti a 1.250 RE) di beta-carotene, come unica fonte.

Leggi anche l'articolo Tutti i vantaggi della vitamina A.

Sovradosaggio e tossicità

Sintomi di tossicità acuta conseguenti ad assunzioni eccessive di vitamina A (sovradosaggio) si verificano per apporti uguali o superiori a 300 mg di vitamina A che possono causare la comparsa di nausea, vomito, emicrania, perdita di coordinazione e disturbi visivi.

Più frequenti sono i casi di tossicità cronica, conseguente all’assunzione prolungata di dosi di vitamina A anche non troppo elevate, ma superiori alla capacità del fegato di immagazzinarla ed eliminarla. In questi casi, la sintomatologia tipica comprende danni epatici, inappetenza, dolori muscolari, anemia, stanchezza, perdita dei capelli e disturbi neurologici di vario tipo (annebbiamento della vista, irritabilità, iperattività, cefalea ecc.).

Situazioni di tossicità cronica possono instaurarsi sia a causa di un eccessivo consumo di alimenti ricchi in vitamina A (come il fegato) sia attraverso l’uso non appropriato di supplementi vitaminici o, più facilmente, in seguito a un trattamento farmacologico prolungato con retinoidi, usati per esempio per la cura di malattie dermatologiche come l’acne o la psoriasi.

Dosi terapeutiche di retinoidi, se assunte dalla donna in gravidanza, sono molto dannose anche per il feto, tant’è che nelle donne in età fertile il loro impiego deve essere associato a un metodo anticoncezionale affidabile.

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