Quando e come fare la dieta per ingrassare

Un regime dietetico non è sempre e comunque dimagrante e anche mettere su peso richiede attenzione e supervisione del medico.

Per chi è perennemente in lotta con la bilancia una dieta ha l’unico obiettivo di dimagrire. Ma in realtà ci sono casi in cui può essere necessario aumentare il proprio peso e per farlo occorre modificare l'alimentazione. Come per i regimi dimagranti, però, anche per quelli ingrassanti è fondamentale seguire le indicazioni di un nutrizionista, perché l’aumento di peso non si trasformi in un boomerang.

Quando può servire una dieta per ingrassare

«Più che di dieta ingrassante è corretto parlare di dieta per l’aumento di peso, perché il vero obiettivo non è aumentare esclusivamente la massa grassa, ma occorre piuttosto puntare a incrementare soprattutto quella magra, cioè la massa muscolare» spiega Diana Scatozza, medico, specialista in scienza dell’alimentazione e farmacologia. «Certo, anche il tessuto adiposo è importante, ma senza eccesso, altrimenti si finisce per aumentare non solo il peso, ma anche una serie di rischi per la salute, a partire da quello cardiovascolare».

«Fatta questa doverosa precisazione, una dieta per incrementare il peso è necessaria, in generale, in chi è sottopeso, cioè con un indice di massa corporea inferiore a 18» ricorda l’esperta.

L’indice di massa corporea (o BMI, body mass index) è un calcolo matematico che si ottiene dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza espressa in metri. Il risultato viene confrontato con una specifica tabella che permette di stabilire se ci si trova di fronte a una situazione di sottopeso, normopeso, sovrappeso e obesità.

Sottopeso BMI < 18,9
Normopeso BMI 19-24,9
Sovrappeso BMI 25-29,9
Obesità di primo grado BMI 30-34,9
Obesità di secondo grado BMI 35-39,9
Obesità estrema BMI > 40

Esemplificando, per una persona che pesa 60 chili ed è alta 1,70 metri, il calcolo da fare sarà il seguente: 60/(1,70 x 1,70) = 20,76. La persona in questione risulterà quindi normopeso.

Se la magrezza è spia di un problema

Il primo passo consiste nel capire se ci si trova di fronte a una magrezza costituzionale o patologica. Nel primo caso, in genere, la persona è sempre stata magra e non ha particolari problemi di salute, anche se lievemente sottopeso. Nonostante ciò può desiderare comunque di aumentare di qualche chilo la propria struttura fisica.

«Quella che desta più preoccupazione è la condizione di chi è stato a lungo normopeso e poi si trova, per i motivi più diversi, ad aver perso, magari anche rapidamente, molti chili. La magrezza può essere sopravvenuta per diverse cause: può essere frutto di disturbi alimentari, oppure la conseguenza di traumi ed eventi psicologici o, ancora, essere dovuto a una patologia. Anche lo stress di un intervento chirurgico al quale non abbia fatto seguito un’adeguata pianificazione nutrizionale del post-operatorio può lasciare come esito un calo ponderale eccessivo» ricorda Diana Scatozza.

Una magrezza patologica si evidenzia in genere non solo per il ridotto peso del corpo, ma anche per carenze che si riflettono per esempio sui denti, sulle unghie, sui capelli, facendoli apparire deboli e fragili. Una donna sottopeso può anche avere difficoltà ad avviare una gravidanza.

«In tutti i casi in cui la magrezza non è costituzionale, diventa fondamentale rivolgersi al medico per la ricerca delle cause. Solo in funzione di queste ultime lo specialista potrà valutare come procedere: se c’è una patologia specifica, la risoluzione della stessa, quando possibile, può aiutare a recuperare la forma fisica salutare senza richiedere necessariamente un’alimentazione specifica. In altri casi, invece, può essere necessario mangiare alcuni alimenti piuttosto che altri e ricorre anche a integratori, ma si tratta di strategie che vanno assolutamente personalizzate» ribadisce la specialista.

Più calorie, in modo personalizzato

Per prendere qualche chilo in più un soggetto sano deve seguire una dieta ipercalorica impostata dal nutrizionista. «Il maggiore apporto calorico deve essere proporzionato al sesso, all’età, allo stile di vita del soggetto e dovrebbe essere pari a circa un 20% in più dell’apporto calorico normalmente consigliato per la stessa persona» consiglia Diana Scatozza.

Per esempio, se la dieta normocalorica per quell’individuo prevede 1.800 calorie giornaliere, per lo stesso andrà previsto un regime alimentare ipercalorico che fornisca un’energia pari a 2.160 calorie (appunto il 20% in più).

Anche se si aumenta l’introito di calorie, occorre mantenere una equilibrata suddivisione dei nutrienti energetici. «In un soggetto sano è tendenzialmente meglio privilegiare un maggiore apporto di carboidrati, pari a circa il 60%: una parte viene utilizzata per avere energia, che a sua volta è necessaria per ottenere massa magra, mentre l’eccesso viene convertito in trigliceridi e, quindi, in massa grassa. I grassi, invece, non dovrebbero superare il 20% dell’apporto energetico perché, se in eccesso, finiscono subito per aumentare il tessuto adiposo senza contribuire a dare energia all’organismo. L’apporto di proteine, infine, dovrebbe essere leggermente superiore a quello di una dieta normocalorica e attestarsi attorno al 20%, affinché questi nutrienti possano essere utilizzati per formare massa muscolare» spiega la nutrizionista.

Per esempio, in una dieta da 2.000 calorie al giorno, i carboidrati dovrebbero fornire 1.200 calorie (pari a circa 316 grammi, se consideriamo che un grammo di carboidrati fornisce 3,8 calorie), mentre grassi e proteine 400 calorie ciascuno, pari rispettivamente a circa 43 g di grassi (un grammo di grassi fornisce 9,3 calorie) e 100 g di proteine (un grammo fornisce 4 calorie).

Un regime alimentare di questo tipo va portato avanti per il tempo necessario a guadagnare i chili che ci si è prefissati, ma sempre sotto stretto controllo medico. «Una volta raggiunto l’obiettivo, come avviene nelle diete dimagranti, con il nutrizionista bisognerà prevedere una dieta di mantenimento con una riduzione graduale dell’apporto calorico, per non tornare alla magrezza precedente e vanificare gli effetti» ricorda la dottoressa.

Come regolarsi in cucina

Il principale errore che si può fare quando si vuole aumentare di peso è buttarsi sul cibo spazzatura e bevande gassate, tendenzialmente ricchi di grassi saturi e di zuccheri semplici che fanno sì ingrassare, ma in particolare incrementano il tessuto adiposo e, con esso, i problemi per la salute.

«È bene, infatti, privilegiare carboidrati complessi (pasta, pane, riso) rispetto agli zuccheri semplici (dolci); grassi insaturi rispetto ai saturi (per esempio non bisogna passare al consumo di burro come condimento, ma ci si possono concedere due cucchiaini a pasto di olio extravergine d’oliva, invece di uno solo, come consigliato nelle diete normocaloriche) e, per quanto riguarda le proteine, è bene dare ampio spazio anche a quelle vegetali, che abbondano nei legumi (fagioli, ceci, lenticchie, soia, eccetera) e nei cereali, consumando la carne non più di 2-3 volte a settimana, e inserendo tra i cibi proteici anche uova, formaggi, pesce» sottolinea Nadia Scatozza.

«Inoltre, non devono mancare frutta e verdura come nei regimi alimentari normocalorici, ossia almeno cinque porzioni al giorno. L’unica accortezza, in questi casi, deve essere quella di non consumare la verdura all’inizio dei pasti, perché conferirebbe una maggiore sazietà, ma consumarla come contorno».

Anche nell’ambito di un regime alimentare che punta a far aumentare il peso è bene consumare cinque pasti al giorno, cioè i tre principali (colazione, pranzo, cena) più due spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio. «Mangiare in questo modo, portando ogni volta in tavola un pasto con un maggiore apporto calorico rispetto al solito, ma pur sempre bilanciato nei nutrienti, permette di prendere peso consentendo però al proprio metabolismo di funzionare correttamente» conferma la nutrizionista.

Volendo fare un esempio di un menù quotidiano, la colazione può prevedere pane e marmellata con tè e un cucchiaino di zucchero, oppure una tazza di latte non zuccherato con fiocchi di cereali e frutta secca. O, ancora, per chi preferisce il salato, pane e prosciutto, accompagnato da una spremuta di agrumi.

Lo spuntino di metà mattina può essere fatto con un toast o una fetta di torta (se la colazione è stata dolce si può fare lo spuntino salato o viceversa).

Il pranzo dovrebbe essere completo, con un primo (un etto di pasta o di riso), un secondo ai ferri (carne o pesce) con contorno di verdura o delle uova sode.

A metà pomeriggio ci si può concedere una macedonia di frutta con lo yogurt oppure una banana o una tartina con prosciutto.

Infine, anche la cena dovrebbe essere completa: si può sostituire il primo con 100-150 grammi di pane o di patate da associare a un piatto proteico e alle verdure oppure optare per un piatto unico di cereali e legumi (come riso e piselli, pasta e fagioli) che forniscono tutti gli aminoacidi essenziali, sempre completato dalla verdura.

Non rinunciare allo sport

Il pensiero che fanno molti tra coloro che vogliono aumentare di peso è che la via da seguire sia quella della sedentarietà, ritenendo, per errore, che fare fitness e movimento faccia inevitabilmente bruciare le calorie introdotte con l’alimentazione e non aiuti a ingrassare.

«L’attività fisica è invece fondamentale: con l’alimentazione introduciamo più proteine, ma è attraverso l’esercizio fisico e l’attività muscolare che stimoliamo la formazione di massa magra a scapito di quella grassa» ricorda l’esperta. «Non bisogna però puntare su un’attività aerobica intensa, ma preferirla di grado moderato e associare attività in palestra dedicate al potenziamento muscolare (per esempio esercizi con piccoli pesi)». Anche in questo caso è opportuno farsi seguire da un personal trainer.

Valeria Ghitti
Valeria Ghitti
Nata sulle sponde bresciane del lago d’Iseo con la passione per il giornalismo nelle vene, comincia, nell’estate del 2000, freschissima di diploma al liceo classico, a muovere i primi passi nella redazione di un service giornalistico milanese, e a collaborare così con testate nazionali femminili e di salute. Nello stesso periodo inizia il percorso universitario in Scienze della comunicazione a Trieste, che prosegue parallelamente al lavoro. Diventata giornalista pubblicista nel 2003, porta avanti collaborazioni con numerose testate della carta stampata, per lo più settimanali e mensili a tiratura nazionali, ma anche testate online e radiofoniche, occupandosi di salute (dall’alimentazione alla sessualità, dalla medicina al benessere, alla psicologia), divulgazione scientifica, bellezza, ambiente, stili di vita e gossip. Negli anni affianca all’attività giornalistica quelle di ufficio stampa (soprattutto nell’ambito turistico, della cultura e dello spettacolo), di correttrice di bozze, di ghostwriter e di web content editor e, più recentemente, quella di mamma. Freelance praticamente da sempre e ormai a un passo dalla laurea, dal 2016 può annoverare tra le sue collaborazioni anche quella con SapereSalute.it

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