- Sesso a 50 anni e oltre: se ne studiano i benefici
- La prospettiva femminile
- L’atrofia vulvo-vaginale: l’ostacolo maggiore per lei
- Il versante maschile
- Deficit dell’erezione: nemico numero uno per lui
L’amore non ha età. Il sesso neppure. A patto di viverlo con naturalezza e di sapersi confrontare serenamente con gli eventuali piccoli problemi che possono insorgere con il passare degli anni.
Ma come fare? Prendendoli semplicemente per quello che sono: fisiologici cambiamenti del proprio corpo che possono essere gestiti e, almeno in parte, superati con un po’ di sensibilità, ironia e pazienza.
In questo modo sarà possibile avere una vita sessuale attiva anche in età avanzata, cosa che sembra avvenire nella maggior parte dei casi: secondo una ricerca Censis del 2000, il 73,4% delle persone fra i 61 e i 70 anni dichiarava di avere una vita sessualmente attiva, così come il 39,1% delle persone di età compresa fra i 71 e gli 80 anni.
Merito anche dei passi avanti della medicina che permettono di avere a disposizione terapie e presidi per mantenersi in salute e affrontare al meglio le conseguenze dei cambiamenti fisici che si verificano nella donna e nell’uomo soprattutto dopo i 50 anni e che possono avere ripercussioni sulla passione e sul piacere e incidere quindi negativamente sull’intimità e sul rapporto di coppia e, a volte, compromettere anche la tenuta di un matrimonio.
Il primo, fondamentale, punto da tenere in considerazione, infatti, è che qualunque sia la difficoltà in questione non si tratta di un problema di un solo partner, ma della coppia e che alla soluzione si può arrivare soltanto in due.
In primo luogo, parlandone apertamente, senza timori e senza sentirsi feriti nell’amor proprio. Quindi, sostenendosi a vicenda, anche nella ricerca di un aiuto medico specifico.
Sesso a 50 anni e oltre: se ne studiano i benefici
La vita sessuale dopo i 50 anni non è più un tabù. È infatti sempre più attiva, se ne parla sempre di più e, anche a livello scientifico, è sempre più frequentemente oggetto di studio, soprattutto per valutarne effetti positivi e negativi.
Per esempio, nel 2016 due esperti di psicologia dell’Università di Oxford e di Coventry hanno condotto uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica Age and ageing, sulla relazione tra l’attività sessuale e le performance cognitive in età avanzata, evidenziando come gli adulti sessualmente attivi ottengono punteggi più alti in alcuni test che misurano le abilità cognitive.
Gli stessi studiosi hanno poi condotto un’ulteriore ricerca, pubblicata nel 2017 sulla rivista scientifica Journals of Gerontology, che ha coinvolto 73 individui tra i 50 e gli 83 anni, con l’obiettivo di valutare in particolare l’impatto della frequenza dei rapporti sessuali sulle performance cognitive. Da questo secondo studio è emersa un’ulteriore conferma: tra i”meno giovani”, chi ha rapporti sessuali più frequenti (con cadenza settimanale) ottiene maggiori benefici a livello cognitivo rispetto a chi ha rapporti più sporadici.
La prospettiva femminile
Di solito, sia per l’uomo sia per la donna, i primi inconvenienti iniziano intorno ai 50 anni. Per la donna è il periodo dello spegnersi dell’età fertile e dell’avvio della menopausa, con tutto quel che ne consegue sul piano fisico e psicologico.
La riduzione nella produzione degli ormoni femminili (gli estrogeni) si accompagna a un calo del desiderio e a rapporti sessuali meno soddisfacenti (talvolta addirittura dolorosi) a causa della minore lubrificazione e dei cambiamenti a carico della mucosa vaginale.
In aggiunta, per un certo periodo (climaterio) tendono a insorgere tutta una serie di fastidi che possono indirettamente interferire con la vita di coppia: dal nervosismo alle vampate, dalla stanchezza alla depressione, alla riduzione dell’autostima. La donna può vivere cali d’umore e provare sentimenti negativi, in parte sempre per via del calo degli estrogeni, che riduce di conseguenza anche la produzione di serotonina, neurotrasmettitore che, tra gli altri, ha il compito di mantenere equilibrato il livello dell’umore.
Parlare di queste difficoltà con il proprio compagno, oltre che con il medico e il ginecologo è il modo migliore per ridurre il disagio e affrontare questa fase della vita in modo positivo su tutti i fronti, nella consapevolezza che presto le cose miglioreranno.
Sul piano pratico, qualora non sia indicato il ricorso alla terapia ormonale sostitutiva (previsto soltanto in caso di contemporaneo alto rischio di osteoporosi), per alleviare i sintomi ci si può affidare a integratori a base di fitoestrogeni della soia (analoghi vegetali degli ormoni femminili) e a rimedi locali, come creme emollienti e gel lubrificanti.
Senza dimenticare che alimentazione sana, sonno adeguato e attività fisica regolare possono offrire un aiuto sostanziale, soprattutto sul piano dell’umore. Praticare fitness (in particolare di tipo aerobico) regolarmente libera endorfine, sostanze che regalano una dose di positiva euforia, mentre una dieta che privilegia frutta e verdura fresche, legumi, cereali integrali e pesce permette di fare il pieno di nutrienti (come zinco, magnesio, alcuni aminoacidi, vitamine del gruppo B e omega 3) che agiscono positivamente a vario titolo sul tono dell’umore.
L’atrofia vulvo-vaginale: l’ostacolo maggiore per lei
Come anticipato, il desiderio sessuale della donna dopo la menopausa è influenzato negativamente dal calo degli estrogeni. In particolare sembra essere l’atrofia vulvo-vaginale il nemico numero uno della sessualità femminile dopo i 50 anni: si tratta della progressiva modificazione della struttura del tessuto vaginale e degli organi vicini a seguito della carenza di estrogeni che, normalmente, nutrono il tessuto, rendendolo più spesso, elastico e lubrificato. Questo fenomeno si accompagna a irritazione, bruciore e prurito, dovuti allo sfregamento delle pareti vaginali e alla secchezza, causata dalla riduzione delle secrezioni vaginali. Tutto ciò può determinare anche dispareunia (rapporti sessuali fastidiosi e dolorosi) e la paura di soffrire durante la penetrazione può contribuire ulteriormente a ridurre la libido.
L’atrofia vulvo-vaginale si può affrontare con diversi trattamenti:
Trattamento | Caratteristiche |
---|---|
Terapia ormonale sostitutiva di tipo locale | Estrogeni sottoforma di gel e ovuli da applicare a livello vaginale, prescritti dal ginecologo per ridare tono e spessore alla mucosa |
Modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) | Farmaci in compresse prescritti se la terapia ormonale è controindicata. Non sono ormoni, ma agiscono andando a stimolare i recettori degli estrogeni che si trovano a livello della vulva e della vagina |
Ovuli e gel a base di acido ialuronico e vitamina | Ovuli e gel lubrificanti, nutrienti ed elasticizzanti, privi di ormoni |
Da alcuni anni, infine, per ritrovare il benessere intimo, esiste anche un’altra opzione di cura, ossia un ciclo di trattamenti di laserterapia che sfrutta un laser CO2 frazionato. Gli impulsi laser, direzionati sul tessuto vaginale, innescano processi fisiologici di riparazione e di ringiovanimento: si stimola cioè la produzione di nuovo collagene migliorando l’elasticità della mucosa vaginale e la funzionalità della zona trattata. Il trattamento dura dai 15 ai 30 minuti e sono necessarie poche sedute ambulatoriali.
Il versante maschile
Intorno ai 50, anche l’uomo deve fare i conti con un primo calo nella produzione di ormoni maschili (in particolare di testosterone), accompagnato da un’iniziale riduzione di efficienza dell’apparato cardiovascolare e muscolare che contribuisce a rendere meno pronti ad avviare e a sostenere lo sforzo (perché di sforzo si tratta) dell’atto sessuale.
Più avanti, solitamente dopo i 60-65, a questi inconvenienti possono aggiungersi problemi legati a disturbi prostatici e, talvolta, a patologie sul piano cardiorespiratorio.
Che fare? Ancora una volta parlarne con la compagna, e cercare di capire se le defaillance fisiche dipendono da più generali problemi di coppia o se si tratta soltanto di un fenomeno organico.
In entrambi i casi, l’aiuto di un medico esperto (l’andrologo e/o lo psicologo) potrà facilitare la caratterizzazione del disagio e l’individuazione di una soluzione ideale per entrambi i partner, dopo aver escluso o correttamente affrontato eventuali malattie specifiche.
I rimedi farmacologici contro la disfunzione erettile possono avere un ruolo importante per superare un blocco che, partito come puramente fisico, può ben presto diventare soprattutto psicologico.
Deficit dell’erezione: nemico numero uno per lui
Uno dei problemi principali che possono compromettere la sessualità maschile dopo i 50 anni è proprio l’incapacità di raggiungere e mantenere un’erezione sufficientemente valida in modo da consentire un rapporto sessuale soddisfacente. Stiamo parlando della disfunzione erettile.
Questo disturbo può colpire a tutte le età, ma si fa più frequente con l’invecchiamento (si stima possa interessare fino al 40% degli uomini tra i 60 e i 70 anni e toccare anche un uomo su due negli over70).
Per anni si è ritenuto che all’origine ci fossero solo problemi psicologici, mentre oggi si sa che, seppur possano incidere, spesso sono determinati o accompagnati da alterazioni organiche.
Poiché nell’erezione entrano in gioco sia la circolazione sanguigna sia gli stimoli nervosi, tra i fattori organici che possono scatenarla rientrano tutte quelle malattie che determinano un danno vascolare o un danno neurologico, ma anche cause ormonali e, a volte, cure chirurgiche o farmacologiche che interferiscono in vario modo con i meccanismi erettivi.
Per di più, la disfunzione erettile, oltre a dipendere da malattie cardiovascolari, condivide con esse una serie di fattori di rischio, come fumo, obesità, sedentarietà e ipertensione. Anzi, spesso può essere considerata un sintomo precoce di malattie cardiovascolari sistemiche e rappresentare quindi un campanello d’allarme che è fondamentale non sottovalutare. Molto spesso, però, l’uomo se ne vergogna e non ne parla con gli specialisti e neanche in famiglia; ecco perché spesso è la donna a dover convincere il marito a sottoporsi a un controllo dal medico urologo o andrologo.
Eppure, i problemi di erezione, se affrontati in maniera adeguata, si possono risolvere: se la disfunzione è di origine prevalentemente organica, serve un trattamento specifico per il deficit erettile associato alla cura delle malattie connesse o sottostanti e alla correzione di eventuali abitudini sbagliate. Oppure, se si riconoscono fattori di natura psicologica e/o relazionale, possono essere utili la psicoterapia e/o una terapia sessuologica anche di coppia.
Per quanto riguarda il trattamento specifico del deficit erettile, questo varia a seconda della gravità: generalmente i medicinali maggiormente prescritti sono gli inibitori dell’enzima 5-fosfodiesterasi, farmaci in compresse (attualmente esistono quattro differenti principi attivi) che bloccano l’attività di un enzima che si trova soprattutto nelle cellule muscolari lisce dei corpi cavernosi del pene, inducendo il rilassamento di questi ultimi e facilitando così l’afflusso di sangue e l’erezione. Quando sono controindicati (o non c’è un’attività erettiva residua) il medico può prescrivere iniezioni di prostaglandine ad azione vasodilatatoria. Infine, nei casi più gravi, quando i farmaci non sono sufficienti, resta la via chirurgica, con il ricorso a specifiche protesi.
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