Mononucleosi: quando colpisce i più piccoli

La “malattia del bacio” colpisce soprattutto bambini e adolescenti: ecco cosa bisogna sapere per riconoscerla e curarla.

È conosciuta come la “malattia del bacio”, ma certamente non riguarda solo la salute degli innamorati. Stiamo parlando della mononucleosi, una malattia infettiva contagiosa, che colpisce prevalentemente gli adolescenti tra i 15 e i 18 anni. Non mancano però alcuni casi anche fra gli adulti e i bambini più piccoli.

Virus e mononucleosi

Tra le cause della mononucleosi, la più frequente e senza dubbio quella più conosciuta è l'infezione del virus di Epstein Barr (EBV), noto anche come Human herpesvirus 4 (HHV-4). Si tratta di un microrganismo piuttosto comune e diffuso, appartenente alla famiglia degli herpes virus, la stessa che causa la varicella.
Tuttavia, anche altri agenti virali, come per esempio il citomegalovirus (CMV), sono in grado di provocare sintomi molto simili a quelli della mononucleosi.

Come si trasmette?

Il contagio avviene attraverso lo scambio di saliva con una persona infetta, che può verificarsi in maniera diretta (un bacio, uno starnuto o un colpo di tosse) o indiretta. Quest'ultimo caso si verifica per esempio bevendo con un bicchiere usato in precedenza da un paziente infetto.

Nel caso dei bimbi più piccoli, il contagio avviene molto spesso mettendo in bocca un giocattolo o un utensile da cucina, come per esempio un cucchiaio, che è stato toccato da qualcuno esposto a sua volta all'EBV.

Quando si entra in contatto con l'agente patogeno, questo fa il suo ingresso dentro l'organismo sfuggendo all'azione del sistema immunitario grazie alla sua capacità di “nascondersi” all'interno delle nostre cellule. Lì può rimanere, silente, per il resto della vita, a volte senza manifestare alcun sintomo di questa malattia. Tuttavia, anche i pazienti asintomatici possono essere fonte di contagio. Chi non ha mai sviluppato la mononucleosi, pur essendo stato esposto al virus, probabilmente non la sperimenterà mai.

Quanto è contagiosa la mononucleosi?

Abbastanza, soprattutto nelle prime fasi dell'infezione. In genere, però, la quantità di virus nella saliva diminuisce drasticamente già dopo 5-7 giorni dalla comparsa dei sintomi, anche se molte persone continuano a presentare tracce dell'agente patogeno nella saliva anche per molto tempo dopo l’infezione.

Quali sono i sintomi?

La mononucleosi non si manifesta immediatamente dopo il contatto con il virus di Epstein Barr: il virus, infatti, rimane latente nell’organismo per un tempo di incubazione che può variare da 30 giorni, nel caso di bambini più piccoli, fino anche ad alcuni mesi negli adulti.

Nei bimbi piccoli o nei ragazzi molto giovani esposti al contagio spesso i sintomi sono piuttosto blandi, o addirittura assenti. La mononucleosi tipicamente si manifesta infatti solo in rari casi durante la prima infanzia, mentre circa il 25% degli adolescenti o dei giovani adulti che entrano in contatto con il virus di Epstein Barr svilupperà la mononucleosi con sintomi evidenti e riconoscibili.

Quando e se la malattia si palesa, provoca un malessere generale, che viene spesso paragonato a una sindrome simile all’influenza.
I sintomi che testimoniano la fase acuta di questa malattia sono:

  • febbricola (37°C) o febbre (fino a 39- 40°C) che può persistere per 8-15 giorni
  • stanchezza, che può manifestarsi come vera e propria spossatezza
  • perdita dell’appetito
  • rigonfiamento e irritazione delle tonsille
  • dolori muscolari
  • mal di gola
  • mal di testa
  • rigonfiamento di milza o fegato
  • lesioni cutanee simili a quelle del morbillo
  • dolori addominali
  • ingrossamento dei linfonodi a livello del collo.

Questi ultimi sono spesso dolenti, soprattutto alla palpazione, e possono raggiungere le dimensioni di una noce. Sono interessati in particolare quelli localizzati nella regione del collo (sia lateralmente sia posteriormente), ma è possibile che vengano coinvolti anche linfonodi di altre regione corporee (inguine o ascelle)

Nei bambini di età inferiore ai 5 anni si possono verificare in alcuni casi complicanze come:

Queste condizioni simil influenzali tendono a esaurirsi spontaneamente nell’arco di alcune settimane. Non si tratta infatti di una malattia con tendenza a diventare cronica, anche se, in qualche situazione, la sensazione di debolezza può prolungarsi per alcuni mesi.

Come si effettua la diagnosi?

Per arrivare a una diagnosi di mononucleosi e per cominciare la relativa terapia è fondamentale rivolgersi al medico o al pediatra che, durante la visita, esegue un esame obiettivo, analizzando i sintomi del paziente e osservandone le condizioni fisiche.

Solitamente per giungere alla diagnosi di mononucleosi basta il riconoscimento di segni distintivi tra cui:

  • la presenza di placche bianco-giallastre sulle tonsille
  • il rigonfiamento a livello di milza e fegato.

Nei casi dubbi, inoltre, il medico potrebbe richiedere alcuni esami di laboratorio, che possono escludere o confermare il sospetto di malattia da EBV, tra cui:

  • test del sangue per la ricerca di anticorpi contro il virus e per la conta dei linfociti, cellule del sistema immunitario coinvolte nella lotta dell'organismo contro un'infezione
  • analisi dei livelli delle transaminasi, i cui valori nel sangue possono fornire informazioni utili circa l'attività e lo stato di salute del fegato
  • bilirubina, una sostanza che deriva dal processo di degradazione dell’emoglobina, i cui livelli ematici forniscono anch’essi indicazioni sulla funzionalità epatica.

Per quanto riguarda in particolare la ricerca degli anticorpi, nella seguente tabella è descritto il profilo anticorpale in caso di assenza di infezione o nelle sue diverse fasi (acuta, subacuta ecc.). Gli anticorpi analizzati sono quelli contro l’antigene del capside virale (anti-VCA, viral capsid antigen) e quelli contro l’antigene nucleare del virus di Epstein-Barr (anti-EBNA, Epstein-Barr nuclear antigen).

Tempo Anti-VCA IgM Anti-VCA IgG Anti-EBNA-1 IgG
Assenza di
infezione
Negativo Negativo Negativo
Infezione acuta
primaria
0-3 sett. Positivo Negativo/Positivo Negativo
Infezione
subacuta
4 sett.-3 mesi Positivo Positivo Negativo
Convalescenza 4-6 mesi Negativo/Positivo Positivo Negativo/Positivo
Infezione
pregressa
> 6 mesi Negativo Positivo Positivo

E le terapie…?

Trattandosi di una malattia di origine virale, la cura per la mononucleosi non passa attraverso la somministrazione di antibiotici, che sono utilizzabili solo per patologie provocate da agenti batterici.

Anche se, ancora oggi, non esiste una vera e propria terapia contro questa infezione, si tratta di una malattia che procede spontaneamente verso la guarigione. Nella maggior parte dei pazienti, infatti, i sintomi si esauriscono senza bisogno di alcun intervento specifico.

Naturalmente, è possibile fare qualcosa per alleviare il disagio dei giovani malati, applicando quella che viene definita terapia di supporto: in altre parole, l'idea è quella di aiutare l'organismo e il suo sistema immunitario ad agire contro l'agente patogeno, per giungere alla completa guarigione.

La strategia in questi casi si basa per lo più su:

  • riposo completo e prolungato, meglio se a letto
  • alimentazione equilibrata, ricca di frutta e verdura
  • buona idratazione, grazie all'assunzione di acqua e molti liquidi

In alcuni casi è anche possibile utilizzare un supporto farmacologico, come:

Nei casi più gravi, come per esempio in presenza di problemi respiratori, è possibile assumere farmaci corticosteroidei, sempre dopo aver consultato il medico o il pediatra. È invece assolutamente da evitare l’acido acetilsalicilico, che può causare una pericolosa complicanza conosciuta come sindrome di Reye, una malattia potenzialmente fatale che provoca un grave danno cerebrale ed epatico.

Insomma, salvo poche particolarità, si tratta degli stessi consigli che sono validi nel caso di una qualsiasi malattia simile all'influenza, con un'attenzione particolare al riposo, che sembra essere il fattore più importante per raggiungere la guarigione completa e, soprattutto, per evitare complicanze.

Le complicazioni più temute...

Una delle complicanze più temute, sebbene per fortuna piuttosto rara, della mononucleosi è la rottura della milza: questa può verificarsi in seguito all'ingrossamento di questo organo.
Ecco perché il riposo, che i medici tanto raccomandano come la vera cura per questa malattia, è fondamentale.

Questo discorso vale in particolar modo per gli sportivi, che sono esposti a un rischio più alto. Il ritorno alla piena attività dopo un periodo di assenza dallo sport a causa di questa malattia deve essere graduale: in alcune discipline sportive, soprattutto quelle che prevedono molto contatto fisico, i possibili traumi addominali potrebbero causare la rottura della milza.

... anche al sistema nervoso

È possibile che il virus colpisca anche il sistema nervoso centrale, causando complicazioni come meningite o encefalite. Quando invece viene attaccato il sistema nervoso periferico si possono sviluppare sindromi come quella Guillan-Barrè, che può portare alla paralisi degli arti e perfino dei muscoli respiratori.

L'EBV può colpire anche altri organi, come cuore e polmoni. Tuttavia, si tratta di situazioni estremamente rare: si parla infatti di un bambino su 100 affetto da mononucleosi. Inoltre, questi disturbi hanno un decorso generalmente favorevole, a patto che siano individuati con rapidità e precisione.

Ecco quindi l'importanza di evitare le cure fai-da-te e preferire sempre e comunque il confronto con il pediatra, che saprà indicarvi la via migliore da seguire per la salute del vostro bambino.

Prevenire è meglio!

Come si verifica per la maggior parte delle patologie, la prevenzione è di cruciale importanza anche nel caso della malattia da EBV.
La prima regola per difendere il vostro bambino da questa e altre malattie è certamente quella di rafforzare il suo sistema immunitario, per esempio grazie a un'alimentazione equilibrata e completa.
Non è da escludere l'uso di integratori o all'assunzione di vitamine specifiche, sempre dietro consiglio del pediatra.

In secondo luogo, bisogna evitare il contatto diretto e indiretto con persone infette, non solo durante il periodo della malattia, ma anche nei giorni successivi alla scomparsa dei sintomi.

Evitate in particolare il contatto del bambino, soprattutto per bocca, con oggetti come:

  • stoviglie, bicchieri e spazzolini contaminati
  • giocattoli o superfici potenzialmente infette.

Per qualsiasi dubbio è fondamentale consultare il medico o il pediatra, che potrà rispondere a tutte le vostre domande, spiegandovi nel dettaglio come affrontare una delle malattie più diffuse, e per fortuna meno pericolose, che possono colpire i bambini e gli adolescenti.

Valentina Torchia
Valentina Torchia
Nata il giorno di S. Ambrogio, a Milano, il suo primo regalo è stata una copia de I promessi sposi gentilmente donata dal comune della città meneghina a tutti i nati nel 7 dicembre. Appassionata di scienza, dopo il liceo scientifico prende la laurea magistrale in Biotecnologie Mediche Molecolari e Cellulari, con una tesi su epigenetica e neuroscienze. Si rende conto di essere un topo da biblioteca e non da laboratorio, così unisce alla scienza la sua più grande passione: la scrittura. Dopo un master in Comunicazione e Salute, viene premiata dall'UNAMSI e vince una borsa di studio di un anno all'Assessorato alla Sanità di Regione Lombardia. Da qui in poi, ha approfondito la comunicazione della scienza sotto molteplici forme: dal copywriting al giornalismo scientifico, tra agenzie di comunicazione e riviste online e cartacee. Nel tempo libero, scrive narrativa per bambini e ragazzi. Ha collaborato per alcuni anni con Geronimo Stilton, il famoso gentiltopo giornalista. Ora sta terminando un corso di formazione per autori di produzioni multimediali, a Bologna, presso la scuola Bottega Finzioni. Adora i viaggi, il nomadismo digitale e tutto ciò che riguarda il Giappone.

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