Le cause più frequenti dell’insonnia

L’insonnia è molto diffusa, a tutte le età. Tra le cause, cattive abitudini e il consumo di sostanze come alcol e caffeina, oltre che fattori di natura medica e psicologica.

Risvegli nel cuore della notte, sonno a singhiozzo o difficoltà ad addormentarsi. Sono segni della presenza di un disturbo del sonno, un'esperienza universale in grado di proteggere il nostro cervello e la salute in generale.

Il sonno può essere però minacciato da diversi fattori, interni ed esterni al corpo: stress, alimentazione, consumo di sostanze come alcol e caffeina, uso di alcuni farmaci e la presenza di malattie.

I principali disturbi del sonno sono l’insonnia (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno lungo tutto l’arco della notte) e la sonnolenza diurna eccessiva, che comporta la tendenza ad addormentarsi durante il giorno con ripercussioni a livello lavorativo e sulla sicurezza stradale.

«Per definizione, l’insonnia è una condizione nella quale la persona ha difficoltà a iniziare o mantenere il sonno», spiega Liborio Parrino, Direttore della scuola di specializzazione di neurologia e del Centro di Medicina del sonno dell’Università di Parma.

«Tuttavia, per essere definita una malattia, deve portare anche a conseguenze diurne come stanchezza, sonnolenza, nervosismo, irritabilità, difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, mal di testa. L’insonnia è quindi considerata una malattia delle 24 ore, un'esperienza negativa che ha un impatto sulla qualità della vita sia notturna sia diurna».

Di insonnia soffre il 10% della popolazione a prescindere da qualsiasi altra caratteristica; si parla di insonnia cronica quando le difficoltà permangono per oltre tre mesi e si verificano ripetutamente durante la settimana.

Insonnia e sonno

Il sonno assolve a importanti funzioni per l’organismo, tra le quali il recupero psico-fisico e la preservazione dell’energia e della memoria. Inoltre, interagisce con il sistema nervoso, endocrino e immunitario, che a loro volta condizionano qualità e quantità del sonno.

«Il numero di ore di sonno necessarie a ogni individuo è variabile a seconda dell’età, ma dai 18 anni in poi non si dovrebbe dormire meno di sette ore» afferma Parrino. «La tendenza attuale è però quella di pensare al sonno come a un “optional” o a una perdita di tempo, quando invece si tratta di una delle attività più importanti della vita e per la quale il nostro cervello è programmato. Uno studio recente condotto su tessuto cerebrale animale, infatti, ha dimostrato che in assenza di stimoli l’encefalo è naturalmente portato a dormire. Inoltre, Il sonno perso non può essere recuperato e, in generale, si dorme troppo poco; questo riguarda anche i ragazzi e i bambini».

L’insonnia può assumere varie forme: la difficoltà a prendere sonno, più frequente in adolescenti e giovani adulti, e la difficoltà a mantenere il sonno, più tipica degli anziani.

L’invecchiamento comporta, per il calo nella produzione di ormone della crescita, un cambiamento fisiologico nella struttura del sonno: diminuisce il tempo trascorso nel sonno profondo e si verificano risvegli più frequenti. Per questo al mattino non è raro che ci si senta meno riposati, pur avendo trascorso molto ore a letto. Inoltre, le persone anziane sono solite trascorrere meno tempo all’aria aperta; la minor esposizione alla luce solare fa diminuire la produzione di melatonina, ormone implicato nella regolazione del ritmo sonno-veglia.

Proprio perché il sonno è un’esperienza “non negoziabile”, la sua carenza comporta, a lungo termine, importanti effetti sulla salute e aumenta il rischio di sviluppare obesità, diabete, ipertensione, ansia, abuso di alcol.

«Secondo alcuni studi – spiega Parrino – chi dorme meno di cinque ore per notte, almeno tre volte alla settimana e per un periodo anche solo di sei o sette mesi, è a forte rischio di sviluppare ipertensione e malattie cardiovascolari. Dormire meno del necessario o avere un sonno di cattiva qualità influisce anche sul metabolismo del glucosio e sulla secrezione di insulina, portando a un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2».

Non solo, secondo altri studi gli effetti della carenza di sonno interessano anche il sistema nervoso centrale: le persone affette da insonnia presentano deficit cognitivi nelle aree dell’attenzione e della memoria, oltre che segni di labilità emotiva.

Cause dell’insonnia

È importante cercare di capire cosa può causare le difficoltà a dormire bene e a sufficienza: fattori fisici, psicologici o ambientali, come una stanza da letto troppo calda o rumorosa.

Possibili cause di natura medica possono essere rappresentate da riniti allergiche, disturbi gastrointestinali (reflusso gastroesofageo), problemi endocrini (ipertiroidismo), artrite e altre patologie osteoarticolari, asma, dolore cronico, fino alla malattia di Parkinson. In alcuni casi dunque si tratta di condizioni che in sé determinano l’insonnia, in altri sono i loro sintomi a causare un malessere che interferisce con il sonno.

Due particolari condizioni che possono causare disturbi del sonno sono la sindrome delle gambe senza riposo e le apnee ostruttive. Nel primo caso di tratta di un disturbo di natura neurologica per il quale la persona ha la continua necessità di muovere le gambe, specie nella fase tra la veglia e il sonno, rendendo difficoltoso il momento dell’addormentamento.

Le apnee ostruttive causano invece una temporanea interruzione del respiro, con un calo dei livelli di ossigeno, e portano a brevi e ripetuti risvegli durante la notte.

L’insonnia può manifestarsi anche durante fasi di stress intenso, dovuto per esempio a eventi come la perdita del lavoro o un ricovero ospedaliero. Anche abitudini alimentari scorrette, praticare prima di coricarsi attività stimolanti per il cervello (come l’uso di computer e dispositivi tecnologici), l’abitudine di fare un pisolino durante il giorno o l’assunzione di alcuni farmaci interferiscono con la regolarità del ritmo sonno-veglia.

Tra le cause dell’insonnia, quelle di natura psicologica rivestono un ruolo centrale. Esiste infatti un legame biunivoco tra insonnia e depressione, condizioni che si alimentano a vicenda.

«Chi non dorme bene ha un altissimo rischio di sviluppare depressione. Ma è vero anche il contrario, cioè la persona depressa lamenta un sonno di cattiva qualità» precisa Parrino. «In sostanza, l'insonnia può essere un sintomo della sindrome depressiva. A volte invece un’insonnia cronica mal curata e non trattata può, nel giro di 1-2 anni, dare origine a depressione».

Circa l'80% dei pazienti con depressione maggiore riferisce sintomi legati all’insonnia. Viceversa, il 40% degli insonni cronici soffre di un patologia psichiatrica, più spesso un disturbo dell'umore.

Anche gli stati d’ansia prolungati (tensione, la tendenza a rimuginare sul passato o l’eccessiva preoccupazione per il futuro), quando diventano parte del proprio modello di vita, interferiscono con il sonno causando difficoltà a prendere sonno o risvegli notturni.

Insonnia e ormoni

Durante il sonno l’organismo secerne ormoni che agiscono sui meccanismi che regolano l’appetito e il metabolismo.

La carenza di sonno modifica per esempio la secrezione di insulina, portando chi dorme meno di 6-7 ore per notte a un rischio maggiore di sviluppare il diabete. L’insulina è anche associata allo stimolo del consumo di cibi calorici.

Inoltre, in chi soffre di insonnia il rilascio di cortisolo, noto anche come ormone dello stress, si protrae e aumenta il rischio di ipertensione.

Al contrario durante la notte, grazie a un riposo regolare, i livelli della pressione arteriosa si abbassano per consentire all’apparato circolatorio di riposarsi.

«I ritmi circadiani sono alla base di vita – afferma Parrino – e la loro alterazione, interferendo con le fluttuazioni ormonali che regolano il metabolismo, aumenta la probabilità di sviluppare malattie metaboliche. La civiltà moderna obbliga ad addomesticare il sonno rendendolo meno naturale: prima dell’avvento dell’era industriale il sonno seguiva i ritmi naturali, l’andamento delle stagioni e della luce, ed era normale dormire al bisogno e in più riprese. Oggi l’esperienza del sonno è stata contratta e concentrata in un unico “blocco”, una situazione tuttora contro-natura».

Rimedi per l’insonnia

Per favorire il benessere dell’organismo è fondamentale rispettare le cosiddette norme di igiene del sonno. Coricarsi alla stessa ora, evitare di lavorare o utilizzare strumenti tecnologi prima di andare a dormire, controllare il consumo di caffeina e bevande eccitanti, praticare attività fisica regolare (non la sera), sono accorgimenti che possono migliorare quantità e qualità del sonno.

Anche l’alimentazione e l’uso di sostanze come alcol o caffeina possono influire sul sonno, e sono quindi da tenere sotto controllo. L’alcol ha un effetto sedativo, ma può essere causa di interruzione del sonno e di risvegli precoci. La caffeina ha invece un effetto stimolante e permane in circolo fino a otto ore; è opportuno quindi evitarne il consumo eccessivo nelle ore pomeridiane-serali.

«Anche la nicotina ha risvolti negativi sul ritmo sonno-veglia, disturba il bioritmo naturale alterando il ritmo circadiano, aumenta il rischio di apnee notturne ed è un antagonista del sonno profondo» precisa Parrino. «Per questo i fumatori sono più soggetti a insonnia, un fatto che diviene ancora più evidente nelle donne over50. Alcuni studi hanno evidenziato che nei fumatori la durata del sonno “leggero” è superiore a quella riscontrata nei non fumatori, con problemi ad addormentarsi, risvegli più frequenti durante la notte e stanchezza mattutina».

Se l’adozione di specifici accorgimenti non porta a risultati positivi è opportuno rivolgersi un medico, per un consiglio personalizzato. Il trattamento dell’insonnia in genere si basa, a seconda dei casi, sulla somministrazione di farmaci ipnotici e/o sull’adozione di strategie cognitivo comportamentali.

Stefania Cifani
Stefania Cifani
Nata e cresciuta a Milano, approda alla comunicazione dopo alcuni anni nella ricerca clinica e farmaceutica. Prima all’Istituto Mario Negri, presso il Dipartimento di oncologia dove si occupa soprattutto dell’aspetto della valutazione della qualità di vita negli studi clinici, in seguito presso una società di ricerche di mercato specializzata nel settore farmaceutico e ospedaliero. Nel frattempo matura l’interesse per il giornalismo e la divulgazione per cui al termine di questa esperienza, dovuta alla chiusura della società, frequenta il Master in comunicazione e salute nei media contemporanei presso la facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano. Inizia quindi a collaborare con riviste di settore, dirette a farmacisti, e in seguito con altre testate cartacee e online rivolte sia a professionisti sia al pubblico, scrivendo articoli di medicina e salute. Giornalista pubblicista dal 2013, oggi si divide tra lavoro e famiglia, alle prese con una figlia adolescente. Quando resta un po’ di tempo ama ballare e cucinare.

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