Colonscopia: quando e perché eseguirla


Oltre a essere un importante strumento di prevenzione, la colonscopia può diventare all’occorrenza anche un trattamento terapeutico.

La colonscopia è un esame che, svolto in endoscopia, permette di osservare e analizzare dall’interno la salute della mucosa intestinale del colon, grazie all’introduzione di una sonda, il colonscopio.

Questa sonda è costituta da un tubo flessibile dotato anche di fibre ottiche e di uno o più canali, attraverso i quali possono essere introdotti strumenti vari (come pinze per biopsie e aghi).

Si parla più correttamente di pancolonscopia quando l’indagine è estesa a tutto il colon o di rettosigmoidoscopia quando riguarda solo il tratto terminale (retto e sigma).

Che cos'è il colon

Il colon è l’ultimo tratto dell’apparato digerente.

Ha un aspetto tubulare e gibboso e si estende per circa un metro e mezzo nella zona addominale, dal cieco (che, per mezzo della valvola ileo-ciecale, lo collega all'intestino tenue) e il retto.

Si articola in tre porzioni principali (il colon ascendente, quello traverso e quello discendente) e termina nel sigma, un tratto caratterizzato da una doppia curva, e nell'ano, il suo sfintere finale.

Il suo ruolo è fondamentale: assorbire i liquidi e gli elettroliti ingeriti e completare la digestione dei residui sfuggiti dall'intestino, consentendo l'eliminazione del materiale di scarto.

La colonscopia: perché serve

La colonscopia è prima di tutto una tecnica diagnostica: consentendo una visione diretta dell’intestino, permette di individuare con maggiore precisione rispetto ad altri esami la presenza di lesioni, emorragie, alterazioni che potrebbero essere sintomi di eventuali patologie.

Grazie all’introduzione di specifici strumenti attraverso il colonscopio, durante la sua esecuzione è possibile prelevare campioni di tessuto (biopsie) da sottoporre a ulteriori e specifiche analisi.

Inoltre, questa tecnica endoscopica può diventare anche terapeutica: durante l’esecuzione, infatti, il medico può asportare lesioni tumorali o pretumorali, fermare eventuali emorragie e, quindi, evitare in alcuni casi al paziente un successivo ricorso alla chirurgia.

 

Quando è indicata la colonscopia

Come riportano anche le linee guida della Federazione delle malattie digestive, la colonscopia è indicata innanzitutto in presenza di segni e sintomi a carico del colon-retto, che rendano necessari approfondimenti.

È il caso per esempio di:

- alterazioni intestinali significative rilevate durante l’esecuzione di altri esami (clisma opaco, ecografia, Tac o risonanza magnetica);

- sanguinamento gastroenterico non spiegato;

- significativo calo di peso (dopo aver escluso altre cause);

- dolori addominali senza causa apparente;

- anemia da carenza di ferro non spiegata;

- modificazioni persistenti e significative dell’alvo.

La colonscopia è, inoltre, indicata nell’ambito della diagnosi e della sorveglianza del cancro del colon-retto e dei polipi adenomatosi. Questa forma tumorale, nella maggior parte dei casi, deriva dalla trasformazione in senso maligno di piccole escrescenze considerate precancerose (i polipi adenomatosi appunto), dovute alla riproduzione incontrollata delle cellule della mucosa del colon.

Le cause alla base di questa proliferazione incontrollata non sono ancora chiare, ma si conoscono diversi fattori che possono accrescere il rischio di ammalarsi, alcuni dei quali non modificabili, come l’età (l’incidenza del tumore aumenta in particolare dopo i 60 anni) e la familiarità (chi ha un parente di primo grado con tumore del colon-retto o polipi intestinali ha un rischio 2-3 volte maggiore di ammalarsi a sua volta).

Per questo motivo, l’esecuzione di una colonscopia è indicata nei pazienti con familiarità per cancro del colon (chi ha parenti di primo grado affetti dovrebbe eseguirla almeno 10 anni prima rispetto all'età di insorgenza del tumore nel parente o comunque dopo i 50 anni) e nei casi di sindromi neoplastiche familiari (polipose e non) del colon.

La colonscopia è molto importante anche per la prevenzione secondaria del tumore del colon-retto. Da anni, infatti, questo tipo di indagine rientra nel programma di screening previsto, in Italia, per tutti gli uomini e donne considerati a rischio medio per età, cioè i soggetti fra i 50 e i 69 anni, con l’obiettivo di ridurre la mortalità, individuando e rimuovendo per tempo eventuali polipi, e/o permettendo una diagnosi in fase molto precoce della forma tumorale. Al momento, questo è uno dei tre programmi di screening attivati dal Servizio sanitario nazionale, insieme a quelli dedicati alla prevenzione dei tumori al seno e al collo dell'utero (noto anche come cervice uterina).

Il programma di screening per il tumore al colon-retto prevede in prima battuta l’esecuzione del test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (polipi e tumori possono sanguinare in maniera quasi impercettibile lasciando tracce ematiche invisibili a occhio nudo) e, solo in caso di esito positivo, è prevista l’esecuzione di una colonscopia per verificare la causa del sanguinamento e asportare direttamente eventuali polipi.

In caso di asportazione endoscopica o chirurgica di polipi adenomatosi (polipectomia), è prevista la ripetizione di una colonscopia entro 3 anni e dopo altri 5 nei pazienti con polipi multipli o di dimensioni superiori a un centimetro. La ripetizione della colonscopia è inoltre indicata in chi è stato operato di cancro del colon, come strumento di sorveglianza periodica (a distanza di uno e due anni e, successivamente, ogni tre anni) per individuare sul nascere eventuali recidive.

Anche la presenza di malattie infiammatorie croniche intestinali e di malattie genetiche ereditarie intestinali aumenta le possibilità di sviluppare un tumore del colon-retto. Per questo, la colonscopia è indicata per esempio per la sorveglianza periodica nei pazienti da anni alle prese con colite ulcerosa e morbo di Crohn.


Colonscopia, gastroscopia o enteroscopia con videocaspula?

Si tratta di esami endoscopici che differiscono per area indagata, finalità diagnostica e, nel caso dell'enteroscopia, anche per strumenti impiegati.

A differenza della colonscopia, la gastroscopia (o esofagogastroduodenoscopia) consente di esaminare le pareti interne del tratto superiore dell'apparato digerente, attraverso l'introduzione (dalla bocca o dal naso) di una sonda flessibile chiamata gastroscopio.

Invasivo ma non doloroso, questo esame trova impiego nell'approfondimento diagnostico delle problematiche e delle anomalie che interessano il tratto digestivo superiore (celiachia, reflusso gastroesofageo e biliare, ulcere ecc.).

Diversamente, l'enteroscopia viene eseguita mediante l'utilizzo di una capsula monouso dotata di telecamera, poco più grande di una compressa. Una volta ingerita, questa microcapsula transita lungo l'apparato digerente raccogliendo immagini che, una volta esaminate, consentono di osservare le pareti dell'intestino tenue alla ricerca di eventuali lesioni e/o anomalie.


Le controindicazioni

La colonscopia è generalmente controindicata in presenza di condizioni improvvise e gravi come la colite fulminante, la diverticolite acuta severa, la peritonite e il megacolon tossico (una complicanza grave della colite ulcerosa che consiste in un’improvvisa dilatazione del colon).

Anche gravi disturbi cardiaci e respiratori (come uno scompenso cardiaco o un’insufficienza respiratoria severi) possono rappresentare un ostacolo all’esecuzione dell’esame.

In questi casi, una possibile alternativa all’indagine endoscopica tradizionale è rappresentata dalla colonscopia virtuale, che permette di ottenere immagini tridimensionali dell’interno del colon senza inserire alcuna sonda. Si esegue infatti una TAC e, grazie a uno specifico software, le immagini acquisite vengono elaborate simulando una colonscopia.

Come prepararsi all'esame

La colonscopia richiede di essere eseguita a intestino completamente libero. Ciò vuol dire che non basta un semplice digiuno, come per molti altri esami diagnostici, ma occorre seguire alcune precise istruzioni nei giorni immediatamente precedenti alla sua esecuzione.

In genere, al momento della prenotazione, il centro al quale ci si rivolge fornisce un vademecum con le regole da seguire, che variano in base al numero di giorni disponibili prima dell’esame e in funzione dell’orario in cui lo si eseguirà. In questa occasione è bene segnalare se si hanno caratteristiche particolari (per esempio se si è in gravidanza o in fase di allattamento, se si è soffre di particolari malattie) per le quali possono essere approntate modalità di preparazione specifiche (alcuni lassativi da usare per pulire l’intestino potrebbero, per esempio, essere controindicati).

Sempre al momento della prenotazione occorre rendere noto se si assumono farmaci: non bisogna sospendere autonomamente la cura che si sta seguendo, ma sarà il medico a stabilire se è opportuno interrompere momentaneamente o modificare la terapia.

Nella maggior parte dei casi occorre seguire un'apposita dieta:


Da 2-3 giorni prima dell'esame Evitare di mangiare alimenti ricchi di fibre e scorie (come frutta, verdura, legumi, pasta e cereali integrali), mentre si possono continuare a consumare carne, pesce, uova e formaggi
Il giorno prima dell'esame Astenersi completamente dal consumo di cibi solidi e passare a una dieta totalmente liquida (acqua, tisane, camomilla, caffè o tè, brodo non vegetale ecc).
Il giorno dell'esame Digiuno

Per garantire la completa pulizia dell’intestino, sempre il giorno precedente la colonscopia (o a volte anche il mattino stesso dell’esame, se questo è programmato per il pomeriggio) è generalmente prevista l’assunzione di lassativi specifici, secondo modalità ben indicate sulle confezioni degli stessi. Alcuni, per esempio, vanno sciolti in acqua in modo da ottenere 3-4 litri di bevanda purgante da bere nell’arco di alcune ore. In genere questa fase della preparazione è quella che causa più fastidi ai pazienti, perché può comportare anche nausea e vomito.

Come si fa la colonscopia

La colonscopia viene generalmente eseguita in sedazione cosciente, cioè dopo la somministrazione di un sedativo per via endovenosa che ha lo scopo di rilassare, lasciando comunque vigili e in grado di collaborare con i medici (può essere necessario compiere dei movimenti specifici per favorire la progressione dell’endoscopio nell’intestino).

Si viene fatti sdraiare su un fianco (generalmente sul fianco sinistro) con le ginocchia piegate e il colonscopio viene introdotto lentamente nel canale anale. Per facilitare i movimenti della sonda e consentire una migliore visualizzazione della mucosa, durante l’esame si insuffla nel colon (sempre attraverso il colonscopio) dell’aria che serve per distendere le pareti intestinali. Ciò può comportare la comparsa di spasmi, crampi, sensazione di gonfiore, ma in genere si tratta di fastidi limitati. Dolore o sintomi insopportabili vanno subito segnalati ai medici.

La durata dell'esame non è standard, perché dipende dal tratto di intestino da esplorare (sarà ovviamente maggiore in una pancolonscopia), dalle caratteristiche individuali delle anse intestinali (la presenza di aderenze può rendere l’esame più lungo e fastidioso) e dalla necessità di effettuare biopsie o piccoli interventi, che inevitabilmente allungano le tempistiche.

Dopo la sedazione, è bene attendere per un breve lasso di tempo (poche decine di minuti) prima di essere riaccompagnati a casa e restare a riposo per il resto della giornata.

Le possibili complicanze

La colonscopia è una procedura sicura, ma, come in tutte le pratiche della medicina, possono, seppur raramente, insorgere delle complicazioni. Le più comuni, ma comunque rare, sono la perforazione accidentale della parete intestinale o la comparsa di emorragie, anche nei giorni successivi, soprattutto se durante l’esame si asportano polipi di dimensioni importanti.

La perforazione può rendere necessario un intervento chirurgico immediato di riparazione, mentre di norma le emorragie vengono fermate sul nascere e solo raramente possono richiedere trasfusioni o addirittura interventi chirurgici.

Dolore addominale intenso, febbre o perdite di sangue dal retto dopo la procedura vanno immediatamente segnalate all’équipe che ha eseguito la colonscopia o, se ci si è già allontanati, al Pronto Soccorso.

Valeria Ghitti
Valeria Ghitti
Nata sulle sponde bresciane del lago d’Iseo con la passione per il giornalismo nelle vene, comincia, nell’estate del 2000, freschissima di diploma al liceo classico, a muovere i primi passi nella redazione di un service giornalistico milanese, e a collaborare così con testate nazionali femminili e di salute. Nello stesso periodo inizia il percorso universitario in Scienze della comunicazione a Trieste, che prosegue parallelamente al lavoro. Diventata giornalista pubblicista nel 2003, porta avanti collaborazioni con numerose testate della carta stampata, per lo più settimanali e mensili a tiratura nazionali, ma anche testate online e radiofoniche, occupandosi di salute (dall’alimentazione alla sessualità, dalla medicina al benessere, alla psicologia), divulgazione scientifica, bellezza, ambiente, stili di vita e gossip. Negli anni affianca all’attività giornalistica quelle di ufficio stampa (soprattutto nell’ambito turistico, della cultura e dello spettacolo), di correttrice di bozze, di ghostwriter e di web content editor e, più recentemente, quella di mamma. Freelance praticamente da sempre e ormai a un passo dalla laurea, dal 2016 può annoverare tra le sue collaborazioni anche quella con SapereSalute.it

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