Tutto sulla Vitamina K

La vitamina K comprende un insieme di composti liposolubili indispensabili per assicurare una corretta coagulazione del sangue.

Con il termine vitamina K si indica un gruppo di composti liposolubili (che si sciolgono bene nei grassi) simili tra loro, ma non sovrapponibili per struttura e proprietà molecolari né per livello di attività nell’organismo, variamente distribuiti in natura.

La vitamina K1, chiamata anche fillochinone (e non “filochinone”, come a volte capita di leggere), rappresenta la principale fonte alimentare di vitamina K per la popolazione occidentale ed è presente in abbondanza in tutte le verdure a foglia verde scuro (come spinaci, radicchio, lattuga e altri tipi di insalata ecc.) e negli ortaggi appartenenti all’ampia famiglia delle Brassicacee, ossia broccoli, cavolfiori, verze, cavolo cappuccio, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, rapanelli, rape, rucola, rafano ecc. Contengono vitamina K anche i ceci, i piselli, la soia e il tè verde.

La vitamina K2, termine sotto il quale sono raggruppate diverse versioni di una sostanza chiamata menachinone (MK), è presente soprattutto in alimenti di origine animale, come carne, fegato di manzo e maiale, formaggio e uova.

Il latte, invece, contiene quantità molto modeste di menachinoni, ragion per cui i neonati allattati esclusivamente al seno per non andare incontro a deficit di vitamina K vita vengono di norma supplementati nei primi 3 mesi (diversamente dai bambini nutriti con formule lattee, di norma arricchite di questa vitamina).

I diversi menachinoni (MK) sono indicati con un numero, da 4 a 13, corrispondente alla lunghezza della catena laterale della molecola (numero di residui isoprenici insaturi), dalla quale dipende il livello di attività e alcuni dettagli del metabolismo dei singoli composti di questo gruppo.

Tranne il MK-4, i menachinoni sono prodotti anche dalla flora batterica intestinale in grado di fermentare gli alimenti introdotti con la dieta. Alcuni ritengono che, tranne nel caso dei lattanti, in virtù di questo apporto costante da parte dei batteri anaerobi presenti nel colon sia difficile che l’organismo umano possa sviluppare carenze di vitamina K dopo i primi anni di vita, anche se non si assumono regolarmente cibi che ne sono ricchi. Tuttavia, non esistono dati affidabili sulla quantità di menachinoni prodotti dalla microflora realmente assorbiti dalla mucosa intestinale e, quindi, sul contributo offerto da questa fonte alla soddisfazione del fabbisogno quotidiano.

Attività della vitamina K

La principale attività della vitamina K è riassunta nella lettera che la identifica, iniziale della parola “koagulation”, ossia coagulazione in tedesco, e fu scoperta nel 1935 dallo scienziato Henrik Carl Peter Dam, osservando la capacità di alcuni composti di far regredire le malattie emorragiche in animali nutriti con cereali e lieviti.

Ulteriori ricerche a riguardo condotte negli anni successivi hanno chiarito che i composti complessivamente indicati come vitamina K sono essenziali per il funzionamento di alcuni fattori della coagulazione, in particolare la protrombina e i fattori VII, IX e X, necessari per evitare che si verifichino emorragie in caso di traumi anche molto lievi o, addirittura, in modo spontaneo.

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Oltre all’attività antiemorragica, la vitamina K svolge innumerevoli funzioni nell’organismo attraverso la regolazione di enzimi coinvolti in diversi processi fondamentali.

Oltre ai fattori della coagulazione e ad alcuni enzimi ad attività anticoagulante (proteine C, S e Z), tra le principali proteine vitamina K-dipendenti ci sono importanti enzimi coinvolti nella mineralizzazione delle ossa e di tessuti molli come la cartilagine articolare e le pareti delle arterie.

La vitamina K risulta, quindi, critica, insieme al calcio e alla vitamina D, anche nella modulazione del metabolismo delle ossa, nella prevenzione dell’osteoporosi e delle relative fratture.

Trasformazioni nell’organismo

Tutte le forme della vitamina K, ossia il fillochinone e i vari menachinoni, sono assorbite a livello intestinale insieme ad altri composti liposolubili e in presenza di grassi alimentari. Ciò significa che, per assorbire quantità apprezzabili di fillochinone presente negli alimenti di origine vegetale, è necessario aggiungere un condimento grasso (es olio extravergine di oliva o di semi, burro, ecc.) oppure abbinare alla verdura formaggio o uova.

Inoltre, considerato che per il processo di assorbimento è indispensabile la presenza di acidi biliari ed enzimi pancreatici, per ottenere vitamina K attraverso la dieta è cruciale non soffrire di disturbi epatici o biliari e presentare una buona funzionalità del pancreas. Anche in situazioni di salute gastrointestinale ottimali, tuttavia, il livello di assorbimento di fillochinone e menachinone appare molto variabile e legato anche alla composizione complessiva dell’alimento consumato (oltre che alla già citata associazione con un ingrediente grasso).

Una volta assorbita, la vitamina K viene trasferita nel sangue dopo essere stata in gran parte inserita in vescicole chiamate chilomicroni e, in questa forma, è trasportata fino al fegato, principale organo di immagazzinamento.

Dal fegato, la vitamina K viene rilasciata nuovamente nel sangue, perlopiù legata a lipoproteine, quando i tessuti contenenti proteine vitamina K-dipendenti, come l’osso, la richiedono per svolgere le proprie funzioni. Quantitativi apprezzabili di vitamina K sono presenti anche nel cuore, nel cervello e nel pancreas.

Studi nelle donne in gravidanza hanno indicato che la vitamina K (in particolare, in forma di fillochinone) è presente a livello della placenta e che i livelli di questa vitamina nel sangue del feto sono circa la metà di quelli della mamma, a loro volta dipendenti dagli alimenti vegetali (o dagli integratori) assunti da quest’ultima con la dieta.

Sulla base dei pochi dati disponibili, si ritiene che il contenuto medio complessivo di vitamina K dell’organismo umano (in condizioni di apporto normale e in assenza di sintomi di deficit) sia di circa 1.5 µg per kg di peso corporeo.

Dopo l’uso, la vitamina K e i suoi prodotti di degradazione sono eliminati attraverso le feci (40-50% circa del totale ingerito) insieme ai sali biliari oppure espulsi per via renale, con l’urina (20-30% circa del totale ingerito).

Come già accennato, invece, la quota di fillochinone secreta nel latte materno è minima nelle donne che non assumono integratori mirati di questo composto in gravidanza e/o dopo il parto.

Fabbisogno quotidiano di vitamina K

Vediamo nel dettaglio, quali sono i valori per l’assunzione adeguata (AI) giornaliera di vitamina K, secondo i LARN (Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana). I valori non subiscono variazioni fra i due sessi.

Lattanti 6-12 mesi 10 µg
Bambini-adolescenti 1-3 anni 50 µg
4-6 anni 65 µg
7-10 anni 90 µg
11-14 anni 130 µg
15-17 anni 140 µg
Adulti 18-59 anni 140 µg
> 60 anni 170 µg

Carenza

Per una persona in buona salute, priva di deficit di assorbimento o alterazioni significative della microflora intestinale e con un regime alimentare vario, andare incontro a carenza di vitamina K è molto poco probabile, considerato che il fillochinone è ampiamente presente negli alimenti e i batteri presenti nel colon producono menachinoni in abbondanza.

Ad avere problemi di approvvigionamento possono essere, invece, le persone che devono assumere farmaci che interferiscono con l’azione dei batteri intestinali (antibiotici, sulfamidici, abuso di lassativi ecc.) o in situazioni di inadeguato assorbimento intestinale (per esempio, a causa di alterazioni della produzione/secrezione di bile o enzimi pancreatici o di malattie infiammatorie croniche intestinali).

Il primo e più evidente segno di una carenza di vitamina K è la comparsa di alterazioni della coagulazione, con conseguente maggiore propensione alle emorragie, che può manifestarsi con epistassi (fuoriuscita di sangue dal naso), ematuria (presenza di sangue nelle urine) e sanguinamento gastroenterico (sangue nelle feci).

Questa tendenza può essere notevolmente aggravata dalla contemporanea assunzione di medicinali che interferiscono più o meno direttamente con altri meccanismi del processo di coagulazione, come i farmaci anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici (utilizzati per prevenire la trombosi venosa profonda e la trombosi arteriosa in persone a elevato rischio cardiovascolare o già andate incontro a un infarto o a un ictus), oppure che riducono la protezione della mucosa gastrica, come i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).

Sovradosaggio di vitamina K

La vitamina K naturale, assunta nel contesto della nutrizione abituale o prodotta dai batteri intestinali, viene immagazzinata nell’organismo senza problemi oppure è eliminata con le feci o con l’urina e non da mai luogo a sintomi di intossicazione.

Dosi elevate di vitamina K sintetica assunta, per esempio, mediante un integratore a dosaggio eccessivo, possono, invece, determinare effetti tossici, dovuti all’accumulo nel sangue dei prodotti di degradazione. In questi casi, può insorgere una grave forma di anemia definita “emolitica”, che causa cioè la distruzione dei globuli rossi.

Va precisato, tuttavia, che l’eventualità di sviluppare tossicità da eccesso di vitamina K è assolutamente remota se si assumono gli integratori alimentari autorizzati dal Ministero della salute, contenenti quantitativi calibrati e sicuri di tutti i micronutrienti essenziali (vitamine e minerali).

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