Helicobacter pylori: cos’è e come si cura

L’Helicobacter pylori è un batterio che può colonizzare la mucosa gastrica. Questo microrganismo è presente nello stomaco del 95% delle persone affette da ulcera duodenale e nel 70% circa di quelle che soffrono di ulcera gastrica. Esiste anche una stretta connessione tra la sua presenza e lo sviluppo della gastrite, un’infiammazione della mucosa gastrica. Inoltre a lungo termine l’infezione può favorire lo sviluppo di un tumore dello stomaco, aumentandone di 2-6 volte il rischio.

Che cos’è

L’Helicobacter pylori si trova generalmente nello stomaco di due persone su tre. Sebbene si tratti di un ambiente ostile per la sua elevata acidità, questo microrganismo ha trovato il modo per insediarsi e sopravvivere. Il batterio è infatti in grado di produrre in abbondanza un enzima, l’ureasi, che favorisce a sua volta la produzione di ammoniaca, sostanza che neutralizza il naturale pH acido, riducendo in tal modo l’azione battericida dell’ambiente gastrico.

La scoperta dell’Helicobacter pylori si deve a due scienziati australiani, Robin Warren e Barry Marshall che, nel 1983, isolarono il batterio; sino ad allora si pensava che l’ambiente fortemente acido dello stomaco fosse essenzialmente sterile. I due ricercatori hanno successivamente dimostrato l’origine batterica di malattie quali l’ulcera peptica e la gastrite, scoperta che nel 2005 valse loro il premio Nobel per la medicina.

L’Helicobacter pylori ha una caratteristica forma a spirale: il termine “Helicobacter” significa appunto “batterio a forma di spirale”, mentre “pylori” indica il sito dove l’infezione si sviluppa con maggiore facilità, ovvero a livello del piloro, il punto di passaggio tra lo stomaco e l’intestino.

La presenza dell’Helicobacter pylori nel tratto gastrico non sempre provoca conseguenze dal punto di vista clinico. Nella maggior parte delle persone l'infezione non causa sintomi e diventa pericolosa per la salute solo quando, in condizioni di squilibrio immunitario, le scorie metaboliche di questo batterio determinano un danno cellulare, soprattutto a carico delle pareti gastriche sotto forma di ulcere o gastrite.

Come si contrae l’infezione da Helicobacter pylori

Di solito l’Helicobacter pylori colonizza la mucosa gastrica nell’infanzia attraverso il consumo di alimenti o bevande contaminati. Una classica situazione di contagio è quella legata al consumo delle prime pappe dal cucchiaio, che la mamma ha magari assaggiato per verificarne la temperatura. In pratica è la mamma che trasmette l’infezione al bambino nei primi anni di vita. Il fatto che il batterio venga ritrovato sia nelle secrezioni fecali sia nella saliva e che l’infezione sia notevolmente più diffusa nei Paesi in via di sviluppo in cui le condizioni igienico-sanitarie sono peggiori, supporta anch’essa la possibilità che il batterio si possa diffondere da individuo a individuo o tramite l’assunzione di acqua e di cibi contaminati o manipolati con mani non ben pulite.

Una volta nell’organismo, l’Helicobacter si insinua sotto la mucosa che riveste lo stomaco e lì resta per anni senza dare sintomi, per poi risvegliarsi all’improvviso, magari dopo un periodo di stress, appena le difese immunitarie si abbassano.

I sintomi

Nella maggior parte dei casi l’invasione della mucosa gastrica da parte dell’Helicobacter pylori non causa sintomi. Altre volte è responsabile di una vasta gamma di disturbi. I sintomi che tipicamente devono far sospettare l’infezione sono:

  • bruciori di stomaco che si accentuano dopo i pasti
  • nausea
  • pancia gonfia
  • dolore alla bocca dello stomaco
  • eruttazione
  • sensazione di pesantezza e di non aver digerito
  • sonnolenza dopo i pasti
  • senso di pienezza anche dopo un pasto leggero
  • perdita di peso
  • perdita di sangue con le feci.

Questi sintomi potrebbero essere causati dalla gastrite o dalla formazione di ulcere nello stomaco e nel duodeno.

Le malattie associate all’Helicobacter pylori

L’infezione da Helicobacter pylori può dare luogo a diverse patologie. Scopriamole insieme.

Ulcera gastrica 

L’ulcera gastrica è una sorta di ferita aperta che si sviluppa sulla mucosa interna dello stomaco. Se trascurata, può progredire in una lesione precancerosa che può a sua volta trasformarsi in un tumore dello stomaco.

Nella maggior parte dei casi è dovuta alla presenza dell’Helicobacter pylori. Questo germe viene rinvenuto nello stomaco del 70% delle persone affette da ulcera gastrica. Altri fattori che possono favorire lo sviluppo di ulcere comprendono i farmaci antinfiammatori non steroidei (usati di frequente per combattere mal di testa e dolori), lo stress e alcuni cibi che, in soggetti predisposti, possono irritare lo stomaco, come brodi di carne concentrati, formaggi stagionati, crostacei, pepe, peperoncino, alcolici, cioccolato e agrumi.

Ulcera duodenale

L’ulcera duodenale si manifesta nella prima parte dell’intestino (duodeno) ed è da 4 a 10 volte più comune dell’ulcera gastrica. Nella maggior parte dei casi è associata all’infezione da Helicobacter pylori.

Se le ulcere vengono trattate con antiacidi, in genere recidivano quando viene interrotto il trattamento, mentre eradicando l’Helicobacter pylori molti pazienti guariscono definitivamente.

Tumori dello stomaco

Il cancro dello stomaco (adenocarcinoma gastrico) è spesso associato all’infezione da Helicobacter pylori e la presenza di questo batterio determina un aumento fino a 6 volte del rischio di svilupparlo.

Un altro tumore gastrico, il linfoma maligno a basso grado, risulta anch’esso associato alla presenza dell’Helicobacter in circa il 90% dei casi.

Dispepsia cronica

Nelle persone con dispepsia cronica (cattiva digestione) che non hanno un’ulcera peptica, il ruolo dell’Helicobacter pylori non è ben chiaro. Tuttavia, se viene evidenziata la presenza di questo batterio, va preso in considerazione una ciclo di terapia per eradicarlo. In alcuni pazienti si ottengono risultati immediati dopo la terapia, in altri si ha un miglioramento graduale nell’arco di alcuni mesi.

La diagnosi

Se si sospetta la presenza di un’infezione da Helicobacter pylori, ci si può sottoporre a due tipi di test: il cosiddetto breath test (o test del respiro) oppure un esame delle feci

Il test del respiro analizza l’aria insufflata dal paziente in una provetta. In pratica si somministra al paziente dell’urea marcata radioattivamente: se è presente il batterio, l’enzima ureasi da esso prodotto scinde l’urea in ammonio e anidride carbonica, che risulterà marcata radioattivamente. Il test misura nello specifico la quantità di anidride carbonica emessa con l’espirazione e ha una sensibilità e una specificità del 94-98%.

Il test delle feci prevede invece la ricerca dell’antigene fecale di questo batterio. La sua presenza nelle feci indica che l’infezione è in atto.

In alcuni casi il medico può prescrivere la più invasiva gastroscopia. Durante l’esame vengono prelevati campioni (biopsie) della mucosa dello stomaco e del duodeno, analizzati poi al microscopio alla ricerca del batterio. La gastroscopia è l’esame ottimale qualora si sospetti un’ulcera. In genere viene consigliata ai soggetti:

  • con più di 50 anni per il rischio maggiore, in questa fascia di età, di un tumore allo stomaco
  • con meno di 40- 45 anni in caso di assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei
  • con sintomi riconducibili all’infezione nonostante siano già stati sottoposti a una terapia mirata per eradicare l’Helicobacter pylori.

Le cure

Una volta appurata la presenza dell’Helicobacter pylori, occorre intraprendere un trattamento mirato per eliminarlo o, più correttamente, eradicarlo. 

La terapia è a base di antibiotici da prendere per 7-10 giorni. In genere in prima battuta si assumono amoxicillina e claritromicina a cui si associa, per un periodo di circa 3 settimane, l’assunzione di gastroprotettore della famiglia degli inibitori della pompa protonica che serve per migliorare i sintomi e a curare l’infiammazione della mucosa gastrica. 

Gli schemi terapeutici possono tuttavia variare in relazione ai meccanismi di resistenza agli antibiotici che si possono instaurare. Quando la terapia di prima linea fallisce, si passa a un trattamento alternativo definito sequenziale: cinque giorni con l'amoxicillina e un inibitore della pompa protonica, seguiti da altrettanti giorni di terapia con la claritromicina, il metronidazolo e l'inibitore di pompa. 

Purtroppo negli ultimi anni anche questo approccio ha iniziato a perdere efficacia a causa della mancata risposta alla claritromicina e al metronidazolo. In particolare la resistenza alla claritromicina è più che raddoppiata dal 1998 a oggi, passando da un caso su dieci a oltre il 20%. 

Di recente è stata introdotta una nuova terapia con una capsula a tripla combinazione fissa che contiene la tetraciclina, il metronidazolo e il bismuto, a cui si associa sempre un inibitore della pompa protonica. Questa terapia a base di bismuto è stata raccomandata dalle linee guida internazionali per il trattamento dell’infezione da Helicobacter pylori nelle zone ad alta e bassa resistenza alla claritromicina e dalle recenti linee guida italiane anche in prima linea nel trattamento dell’Helicobacter pylori. 

In tutti casi, al termine della cura bisogna controllare se il batterio è stato eradicato con un breath test oppure con la ricerca dell’antigene fecale.

Se il microrganismo non è stato eliminato, occorre ripetere l’intero ciclo con farmaci diversi.

I recenti schemi terapeutici hanno un tasso di efficacia molto elevato. Come regola generale è però sempre opportuno che la terapia più appropriata venga prescritta dallo specialista nell’ottica di evitare l’uso improprio degli antibiotici (che contribuisce al fenomeno delle resistenze) e l’autoprescrizione di inibitori della pompa protonica, che attenuano i sintomi, rischiando però di mascherare l’infezione e ritardare la diagnosi.

L’eradicazione dell’Helicobacter pylori ha un ulteriore vantaggio: dimezza il rischio di ammalarsi di cancro dello stomaco. Lo ha dimostrato di recente uno studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto su persone con l’infezione e familiarità per tumore dello stomaco, cioè con un parente prossimo con diagnosi di malattia. 

Antonella Sparvoli
Antonella Sparvoli
Nata e cresciuta a Milano, dopo il Liceo scientifico, decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze biologiche all’Università Statale di Milano. Le materie di studio la appassionano molto e si laurea a pieni voti nel 1995, dopo un periodo di studio come studente Erasmus al Trinity College di Dublino e l’internato per la tesi di laurea nel Laboratorio di immunologia molecolare del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano. Si dedica per un breve periodo alla ricerca, ma poi capisce che il suo posto non è tra le provette di un laboratorio, ma tra le pagine di un giornale. Frequenta il Corso post-Laurea in Comunicazione scientifica, organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, e inizia a scrivere per riviste specializzate e divulgative. Dal 1998 collabora in modo continuativo con il Corriere Salute, nel 2010 inizia a collaborare con Io Donna, il femminile del Corriere della sera, e nel 2016 inizia a scrivere per Sapere Salute. Ha scritto alcuni testi di Biologia per le scuole superiori, il volume “Mi spieghi dottore”, ma il suo sogno è scrivere un romanzo. Scherzosamente si definisce «giornalinga», un po’ giornalista… un po’ casalinga. Tra un articolo e l’altro, si dedica al marito Davide e ai figli Andrea e Sofia. Nel tempo libero ama fare sport, andare in bicicletta e, quando possibile, viaggiare. 

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