Fegato grasso: cause, sintomi e terapie


Oggi considerato la più frequente malattia epatica cronica, è un disturbo in crescita che, se trascurato, può determinare serie complicanze.
Scientificamente si chiama steatosi epatica non alcolica, ma comunemente è nota come fegato grasso, perché tale condizione è caratterizzata da un eccessivo accumulo di grassi, soprattutto trigliceridi, all’interno delle cellule epatiche. Un disturbo silenzioso ma che può, in alcuni casi e col tempo, compromettere la funzionalità del fegato.
Nella grande maggioranza dei casi si tratta di steatosi macrovescicolare, ma esiste anche una forma detta microvescicolare. Vediamo in cosa differiscono.
Caratteristiche | |
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Steatosi macrovescicolare | L'accumulo di grassi si presenta sotto forma di grosse “gocce” che rigonfiano notevolmente le cellule epatiche |
Steatosi microvescicolare | Il grasso si raccoglie in gocce molto più minute attorno agli organelli della cellula conferendole, quando osservata al microscopio, un aspetto “schiumoso” |
Dal punto di vista dell’eziologia le steatosi si distinguono in steatosi alcoliche e non alcoliche.
Sono diverse le cause che possono contribuire a determinare un fegato grasso, ma un ruolo primario spetta certamente a un’alimentazione scorretta e ipercalorica, tanto più se abbinata a una vita sedentaria: facilita la formazione e l’accumulo di nuovo grasso a livello epatico e il mancato utilizzo di quello in esso già presente.
Sono quindi fattori di rischio accertati:
A volte, infine, la steatosi epatica non alcolica può comparire per predisposizione genetica o in seguito ad alcune cure farmacologiche.
La steatosi epatica non alcolica non dà sintomi e si scopre generalmente per caso, mentre si fanno accertamenti per altri disturbi o analisi di routine. Può determinare un lieve ma cronico innalzamento dei valori ematici delle transaminasi e degli altri enzimi epatici, ma per arrivare alla diagnosi occorre escludere eventuali altre malattie a carico del fegato.
Anche se il fegato grasso appare più brillante all’ecografia, per la diagnosi differenziale è necessaria la biopsia epatica. Essa permette anche di determinare il grado di severità della malattia: il fegato grasso, infatti, può evolvere lentamente, ma gradualmente, verso forme più severe, che comportano una degenerazione dei tessuti epatici, portando a infiammazione cronica (steatoepatite), morte delle cellule (steatonecrosi) o loro sostituzione con tessuto cicatriziale indurito e noduli (fibrosi), fino a un danno irreversibile (cirrosi), con compromissione della funzionalità dell’organo.
Non tutti coloro che soffrono di fegato grasso vanno incontro a questa progressione, che in genere è molto lenta, ma ci sono soggetti predisposti geneticamente a una degenerazione più rapida e pericolosa e che vanno quindi individuati e curati il prima possibile.
La steatosi epatica alcolica è spesso accompagnata da processi infiammatori e di necrosi, che possono condurre a una cirrosi.
Anche una piccola percentuale (dal 5 al 20 per cento) delle steatosi epatiche che hanno altra origine evolve in processi infiammatori o necrotici che possono dare origine a una steatoepatite non alcolica (o NASH).
Se questi processi infiammatori non fanno la loro comparsa, la steatosi epatica è reversibile con la correzione dei fattori che l’hanno indotta.
La prima e principale strategia terapeutica contro il fegato grasso consiste nella correzione dello stile di vita.
A tavola, guidati da un medico nutrizionista, è indicata un’alimentazione che segua i dettami della dieta mediterranea, con un basso apporto di grassi grazie all’abbondanza di alimenti di origine vegetale, come frutta, cereali, ortaggi, legumi ed erbe spontanee e aromatiche, quantità moderate di pesce, pollame e latticini e bassi quantitativi di carne rossa, oltre a privilegiare come sostanziale condimento l’olio di oliva, evitando completamente gli alcolici.
Alla dieta va inoltre abbinata una regolare e costante (in genere almeno un’ora al giorno) attività fisica di tipo aerobico (jogging, corsa, nuoto, bicicletta).
Sul fronte delle terapie, si stanno valutando varie opzioni, compresi integratori antiossidanti, in particolare a base di vitamina E, farmaci normalmente usati per trattare il diabete o l’ipertensione e altri che contrastano gli eccessi di trigliceridi.
In attesa però di chiare indicazioni provenienti da studi scientifici, eventuali terapie, che possono essere necessarie nei casi avanzati (in cui è già presente una steatoepatite) vengono valutate e personalizzate caso per caso dagli specialisti.
Il medico va consultato sempre se ci si accorge di un ingrossamento del fegato, e comunque per controlli periodici se si è tra le persone a maggior rischio, ossia se si soffre di obesità, soprappeso, diabete, iperlipidemia, o se qualche familiare soffre o ha sofferto dello stesso problema.