Diverticoli, cosa sono e come curarli

Vengono comunemente chiamati “diverticoli”, ma non sempre è il loro nome corretto. Quando il problema colpisce l'esofago e nel caso del cosiddetto “diverticolo di Meckel” (un'anomalia congenita della parte finale dell'intestino tenue) il termine è effettivamente appropriato, ma quando sono localizzati a livello del colon sarebbe meglio parlare di “pseudodiverticoli” o “falsi diverticoli”.

Quello con cui si ha sempre a che fare sono delle piccole estroflessioni del tubo digerente simili a sacchettini, ma solo nel caso dei diverticoli veri e propri sono coinvolti tutti gli strati della parete gastrointestinale.

I “veri “ diverticoli 

Osservati con un endoscopio (una sorta di tubo associato a una telecamera con cui è possibile visualizzare l'interno dell'apparato gastrointestinale) i diverticoli appaiono come vere e proprie aperture sulla parete del tubo digerente

Quelli esofagei possono essere causati da anomalie nel funzionamento della faringe (diverticoli di Zenker o faringei), da lesioni infiammatorie o disturbi della motilità esofagea (diverticoli medio-esofagei o da trazione), oppure da disturbi della motilità dell'esofago (diverticoli epinefrinici). 

Spesso questo tipo di diverticolo è asintomatico e gli unici disturbi eventualmente presenti sono quelli scatenati dal disturbo che ha promosso anche la formazione dei diverticoli. Quelli di Zenker, però, possono riempirsi di cibo e essere associati a rigurgito, polmonite e, più raramente, difficoltà di deglutizione o formazione di una massa a livello cervicale.

In genere non è necessario trattare i diverticoli esofagei in modo specifico; piuttosto, è bene curare la patologia che li causa. Non mancano però i casi in cui è indicata la loro rimozione chirurgica.

Il diverticolo di Meckel si forma invece nel feto durante la gestazione ed è presente nel 2% circa delle persone, senza differenze fra maschi e femmine.

Rispetto agli altri diverticoli “veri” ha una caratteristica peculiare: può contenere cellule tipiche dello stomaco o del pancreas. Nella maggior parte dei casi ciò non comporta particolari conseguenze, ma a volte può portare a ulcerazioni intestinali e, di conseguenza, a sanguinamenti. 

Queste emorragie sono più frequenti nei bambini di età inferiore ai 5 anni; in quelli più grandi e negli adulti sono invece più frequenti le occlusioni dovute a invaginazioni del diverticolo, aderenze, corpi estranei, ernie, torsioni (volvoli) o tumori.

Le occlusioni sono associate a crampi addominali, nausea e vomito. Una perforazione del diverticolo può invece causare una peritonite.

Infine, il diverticolo di Meckel può infiammarsi, dando luogo a una diverticolite (più frequente nei bambini grandi), oppure complicarsi con la comparsa di un tumore (una conseguenza rara e più comune in età adulta).

Un piccolo diverticolo di Meckel asintomatico può essere lasciato dov'è senza rischi per la salute. Occlusioni, sanguinamenti, diverticoliti e ispessimenti richiedono invece di intervenire chirurgicamente.

Pseudodiverticoli, diverticolosi e diverticolite del colon

Restando sempre nell'intestino, la frequenza di diverticoli nel colon è decisamente più alta rispetto a quella del diverticolo di Meckel. Qui però, come accennato, quelli che si formano sono pseudodiverticoli.

La presenza di una o più di queste estroflessioni è una condizione conosciuta come “diverticolosi”, particolarmente frequente nella popolazione anziana, ma sempre più diffusa anche in persone di età inferiore ai 45 anni.

In genere i diverticoli si formano nella parte terminale del colon o, più raramente, nel retto; per questo i sintomi, se presenti, compaiono nella parte sinistra dell'addome. Le dimensioni medie variano tra i 3 e i 10 mm.

In alcuni casi, però, i diverticoli si formano nella parte destra del colon. Inoltre molto raramente il loro diametro può arrivare a superare i 4 cm, tanto da far parlare di “diverticoli giganti”.

Di per sé la diverticolosi non dovrebbe essere considerata una malattia. La maggior parte degli abitanti dei Paesi occidentali sviluppa dei diverticoli con l'aumentare dell'età, anche più di uno, ma la condizione resta asintomatica nell'80% circa dei casi.

In presenza di sintomi è invece possibile parlare di “malattia diverticolare”. Di norma dolori e sanguinamenti sono associati a infiammazione ed emorragie, ma la diverticolosi può anche essere associata a sintomi aspecifici in assenza di infiammazione, in particolare:

  • dolore addominale
  • gonfiore addominale
  • diarrea
  • stitichezza
  • irregolarità intestinale
  • passaggio di muco dal retto.

Quando l'infiammazione coinvolge la parete dell'intestino e i tessuti circostanti quella con cui si ha a che fare è una diverticolite. In assenza di perforazioni ascessi o peritonite, la diverticolite è detta “non complicata”. In caso contrario si parla di “diverticolite complicata”.

La diverticolite può essere un problema acuto o non risolversi completamente, trasformandosi in un problema cronico. Anche la diverticolite cronica può essere complicata o non complicata, a seconda che sia associata o meno a restringimenti (che possono portare a occlusioni intestinali) o fistole (comunicazioni anomale con altri organi, in genere quelli delle vie urinarie).

I possibili sintomi della diverticolite del colon includono:

  • dolore alla parte inferiore (sinistra o, meno spesso, destra) dell'addome
  • dolorabilità (cioè reazione dolorosa a manovre come la compressione) alla parte inferiore (sinistra o, meno spesso, destra) dell'addome
  • nausea
  • vomito
  • febbre
  • sintomi urinari.

In circa 3 casi su 4 l'infiammazione resta localizzata. Un paziente su 4, invece, va incontro alla comparsa di ascessi, peritonite, occlusioni intestinali o fistole. 

La presenza di eventuali complicazioni può portare alla comparsa di altri sintomi, come la presenza di feci nelle urine, infezioni cutanee, distensioni addominali e, raramente, sanguinamenti.

Diverticolosi e diverticolite del colon: le cause

A causare i diverticoli è l'aumento della pressione all'interno del tubo digerente, che spingerebbe la mucosa verso l'esterno, promuovendo la comparsa di questi sacchettini a livello dei punti in cui il tessuto muscolare dell'intestino è più debole.

Ma perché ciò avvenga non è stato ancora del tutto chiarito. Ciò che si sa è che a entrare in gioco sono più fattori che sembrano interagire fra di loro.

Da un lato, infatti, fattori ambientali come il fumo, l'assunzione di farmaci (in particolare antinfiammatori non steroidei, corticosteroidi e oppioidi), l'inattività fisica e l'alimentazione possono avere un ruolo significativo. Per esempio, la formazione dei diverticoli sembra essere associata a un insufficiente apporto di fibre e a un consumo elevato di carne rossa.

Dall'altro, questi fattori ambientali interagirebbero con caratteristiche fisiche (l'obesità) ed ereditarie e con alterazioni della struttura o dell'attività del colon, che favorirebbero a loro volta l'insorgenza dei diverticoli.

Per quanto riguarda invece l'infiammazione tipica della diverticolite del colon, si è pensato per lungo tempo che a scatenarla fosse il passaggio dei batteri intestinali attraverso la mucosa del diverticolo. Tuttavia, questa teoria è stata messa in dubbio, lasciando ancora da chiarire i meccanismi esatti che scatenano i fenomeni infiammatori associati alla diverticolite.

Come si curano i diverticoli del colon 

Quando resta asintomatica la diverticolosi del colon non richiede, in genere, alcun trattamento. Nemmeno gli accorgimenti alimentari consigliati in passato (in particolare l'invito a evitare il consumo di semi, frutta secca, cereali in grani e popcorn) sono più ritenuti necessari.

In presenza di sintomi non specifici può invece essere utile una dieta ad elevato contenuto di fibre, mentre eventuali emorragie devono essere gestite come altri sanguinamenti della parte terminale del tubo digerente. Spesso il trattamento avviene attraverso un'endoscopia; a volte può essere utile anche un'angiografia. La chirurgia è invece riservata ai casi più difficili da trattare (per esempio in presenza di emorragie multiple o persistenti che non rispondono ad altri trattamenti).

La cura più adatta in caso di diverticolite del colon varia invece a seconda della gravità della situazione, e non mancano opinioni contrastanti.

Nei casi più seri può addirittura essere richiesto il digiuno, mentre in casi più lievi può essere ritenuta sufficiente una dieta liquida. Attualmente però si ritiene possibile evitare modifiche all'alimentazione.

A volte possono essere prescritti degli antibiotici, ma oggi se ne fa meno uso rispetto al passato. I casi in cui sono considerati realmente utili sono quelli di diverticolite complicata o quelli di diverticolite non complicata in cui il paziente è immunocompromesso o affetto da sepsi (un'infezione del sangue).

Eventuali ascessi, soprattutto se di dimensioni superiori ai 3 cm, vengono in genere aggrediti mediante drenaggio, ma in alcuni casi possono richiedere un intervento chirurgico.

Infine, l'approccio chirurgico è la soluzione anche nei casi gravi in cui sono presenti perforazioni, peritonite generalizzata e sintomi resistenti ai trattamenti non chirurgici.

Solo episodi di diverticolite complicati che non si risolvono completamente richiedono necessariamente di sottoporsi a controlli periodici mediante colonscopia. Negli altri casi potrebbero non essere necessari.

Tuttavia, la prevalenza del tumore del colon retto nei pazienti con diverticolite complicata sottoposti a trattamenti conservativi (senza asportazione di porzioni intestinali) varia tra il 7,9 e il 10,8%. Per questo motivo, se non eseguita nei 3 anni precedenti, a questi pazienti può essere consigliata una colonscopia almeno 6 settimane dopo l'episodio acuto di diverticolite.

Silvia Soligon
Silvia Soligon
Romana di adozione, è nata a Milano, dove ha conseguito la laurea in Scienze biologiche e il dottorato di ricerca in Scienze genetiche e biomolecolari. Ha poi continuato a lavorare nell’ambito della ricerca scientifica prima all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara, poi all’Università “La Sapienza” di Roma.   Nella capitale ha proseguito il suo percorso formativo con un master in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata. Sempre a Roma si è specializzata nell’ambito del giornalismo e della comunicazione scientifica, conseguendo il master “Le scienze della vita nel giornalismo e nelle politiche istituzionali” dell'Università "La Sapienza".    Iscritta all'Ordine nazionale dei Biologi e all'Ordine dei giornalisti è socia di Unamsi (l’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione). Dal 2008 collabora con diverse testate giornalistiche e siti web per la produzione di contenuti riguardanti tematiche medico-scientifiche. Musica e cibo sono le sue grandi passioni. Oggi divide il suo tempo tra la scrittura, il lavoro di nutrizionista e i concerti.

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