Sciatica: come curarla

La nevralgia del nervo sciatico spesso passa da sola. Quando non è così, si può far ricorso a farmaci, fisioterapia e, solo in casi estremi, alla chirurgia.

Si definisce sciatica, ma sarebbe più corretto parlare di sciatalgia, quella tipica condizione dolorosa che si manifesta a carico del nervo sciatico.

Quest’ultimo, detto anche ischiatico, è il nervo più lungo e voluminoso del corpo umano e irradia i muscoli della gamba e le articolazioni dell’anca e del ginocchio. Ha, infatti, origine dal plesso sacrale, si irradia lungo il gluteo, prosegue quindi lungo la faccia posteriore della coscia e del polpaccio, scendendo poi fino al piede.

È un problema, quello della sciatalgia, che da solo o associato alla lombalgia (mal di schiena che coinvolge la parte lombare), è tutt’altro che infrequente: molti ne hanno sofferto almeno una volta nella vita.

Spesso tende a risolversi da solo, ma ci sono casi in cui recuperare in pieno la salute e il benessere richiede più tempo e una terapia mirata.

I sintomi della sciatica

«Il sintomo principale di una sciatalgia – spiega la dottoressa Monia Lusini, specialista in ortopedia e traumatologia e ricercatore presso ISICO (Istituto scientifico italiano colonna vertebrale) – è un dolore lancinante che si manifesta nella parte lombare della schiena e si irradia poi seguendo tutto il percorso del nervo sciatico, a volte arrivando a coinvolgere le dita dei piedi».

In base alla durata, si distingue in sciatalgia acuta, sub-acuta e cronica.

Forma di sciatalgia Durata
Acuta Minore di 4-6 settimane
Sub-acuta 6-12 settimane
Cronica Oltre le 12 settimane

«Al dolore può associarsi una sensazione di formicolio e, nei casi più seri, si può avvertire perdita di sensibilità e mancanza di forze tanto da non riuscire a compiere semplici movimenti come camminare o muovere le dita dei piedi. I nervi sciatici sono due, ma difficilmente vengono interessati contemporaneamente dalla nevralgia, per cui i disturbi riguardano generalmente un solo lato del corpo» aggiunge la specialista.

Le principali cause

All’origine della sciatalgia c’è la compressione e/o l’infiammazione del nervo sciatico.

«La causa più frequente è un’ernia del disco, cioè una fuoriuscita più o meno parziale della parte centrale (nucleo) di un disco intervertebrale (in particolare quelli in posizione L4-L5 o L5-S1), che finisce per comprimere e irritare in modo meccanico la radice nervosa» continua Monia Lusini.

I dischi intervertebrali sono cuscinetti, costituti da un nucleo gelatinoso circondato da un anello fibroso, posti tra una vertebra e l’altra, che funzionano da ammortizzatori, impedendo il contatto tre le vertebre stesse e facilitando i movimenti.

Perché la radice del nervo sciatico venga compressa e infiammata può essere sufficiente anche un’ernia contenuta (detta anche protrusione discale), condizione in cui il nucleo del disco fuoriesce attraverso la parte più interna dell'anello fibroso, senza però, che la parte più esterna venga danneggiata.

A sua volta la patologia discale può essere frutto di una degenerazione progressiva dei dischi dovuta all’invecchiamento o ad attività usuranti ripetute nel tempo, oppure essere conseguenza di movimenti bruschi svolti mantenendo una postura scorretta del corpo.

«Pur con minor frequenza, qualsiasi malattia o fattore capace di intrappolare il nervo, schiacciarlo o infiammarlo può essere all’origine del problema, come infezioni, spondilolistesi, cioè uno scivolamento delle vertebre sulla radice nervosa, ma anche tumori» ricorda la specialista.

Spesso viene confusa con la sciatalgia anche la cosiddetta sindrome del piriforme: si tratta di un disturbo che dà una sintomatologia simile (ma senza che il dolore si irradi lungo la gamba) ed è causato semplicemente dalla contrattura del muscolo piriforme (muscolo triangolare, posto nella regione del gluteo, che contribuisce a stabilizzare l’articolazione dell’anca).

Un’eventualità piuttosto frequente, poi, è la comparsa della sciatica durante la gravidanza, in particolare verso gli ultimi mesi di gestazione, quando l’ampliamento del bacino, il peso e la posizione del bambino contribuiscono a comprimere le radici del nervo sciatico: fortunatamente, però, con il parto il problema tende a risolversi spontaneamente.

La diagnosi è soprattutto clinica

Se i sintomi fanno sospettare una sciatalgia, il primo passo da fare è quello di rivolgersi al medico per una visita: sulla base dei sintomi, conoscendo la storia del paziente e grazie all’esecuzione di un esame obiettivo il proprio medico di famiglia è in genere in grado di capire se c’è o meno una compressione della radice nervosa e quindi porre una prima diagnosi di sciatalgia.

Se lo ritiene opportuno, proporrà invece al paziente di sottoporsi a una visita con un ortopedico o un fisiatra, cioè uno specialista in medicina fisica e riabilitativa.

Se li ritiene necessari per approfondire la diagnosi, il medico può anche decidere di prescrivere degli esami diagnostici: «In genere si ricorre a una risonanza magnetica o, in caso in cui non sia possibile effettuarla, si ricorre alla TAC, soprattutto se si vuole confermare un’ernia del disco e valutarne l’entità» spiega la Monia Lusini.

Può inoltre essere necessario un esame elettromiografico, soprattutto se si manifestano deficit neurologici (alterazione a carico della motilità e/o della sensibilità con rispettiva perdita della forza muscolare e comparsa di formicolii).

Il primo passo: farmaci e niente riposo

Nella maggior parte dei casi, soprattutto se la sciatalgia è dovuta a un’ernia del disco, i sintomi passano da soli nell’arco di un mese o comunque si va incontro a un netto miglioramento entro tre mesi.

«Per questo, in genere il primo approccio consiste solo in una cura farmacologica per alleviare i sintomi: vengono prescritti antidolorifici e antinfiammatori (FANS, cioè farmaci antinfiammatori non steroidei, o cortisonici) da prendere per bocca o in iniezione» spiega Monia Lusini.

«Nel frattempo, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, mettersi a letto non è tra i rimedi utili: anche se sembra naturale fermarsi per non sentire il dolore, il riposo finisce invece per rallentare la guarigione spontanea messa in atto dall’organismo. Mantenersi attivi, al contrario, oltre a mantenere tonica la muscolatura della schiena, favorisce l’apporto di sangue alle strutture coinvolte e quindi l’ossigenazione delle stesse».

Se il dolore non passa

Se la sciatalgia non si risolve nell’arco di 4-6 settimane, si ricorre generalmente a un trattamento conservativo, vale a dire a sedute di fisioterapia con esercizi specifici per facilitare e accelerare la risoluzione spontanea. Ogni persona, però, ha bisogno di determinati movimenti, che potrebbero invece essere controproducenti per un’altra: per questo è importante evitare il fai da te e rivolgersi a un’équipe di professionisti.

«Per lo stesso motivo, anche il numero di sedute può variare da persona a persona: in alcuni casi possono esserne sufficienti da 3 a 5, in altri casi anche più di dieci» evidenzia l’esperta, che aggiunge: «Come dimostrato da un recente studio scientifico, in questa fase può essere sufficiente anche praticare una generica attività fisica. Ovviamente non bisogna compiere sforzi che potrebbero essere controproducenti: va bene per esempio camminare, nuotare, o eseguire esercizi di stretching consigliati da esperti, mentre è meglio evitare sport di potenza (come il sollevamento pesi) che rischiano di peggiorare i sintomi. Terapie fisiche, come la tecarterapia o il ricorso agli ultrasuoni, invece, non risultano particolarmente efficaci contro la sciatalgia».

Quando serve la chirurgia

Solo in alcuni casi di sciatalgia può essere necessario ricorrere a un intervento chirurgico.

«In genere si valuta la necessità di un’operazione se il dolore persiste oltre i 3-6 mesi, nonostante la cura farmacologica e il trattamento conservativo, tanto più se permangono anche sintomi sensitivi e motori» spiega l’esperta.

Le tecniche chirurgiche oggi disponibili sono molteplici: si va da interventi per riassorbire l’ernia del disco a quelli per stabilizzare le vertebre in caso di spondilolistesi.

«Con il medico si può valutare di procedere all’intervento anche se il dolore è presente da meno tempo, ma è incoercibile e di intensità elevata» evidenzia l’esperta.

«Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che ci sono situazioni in cui la chirurgia si rende necessaria in urgenza, praticamente alla comparsa dei sintomi: è il caso per esempio di un’ernia discale espulsa, cioè quando il nucleo del disco intervertebrale è completamente fuoriuscito dall’anello fibroso che lo circonda, oppure in caso di sindrome della cauda equina, grave e acuta perdita delle funzioni sensitive e motorie dovuta alla compressione delle radici nervose del plesso lombo-sacrale, nervo sciatico compreso».

In casi selezionati, quando la chirurgia è controindicata, è invece possibile ricorrere a infiltrazioni epidurali di anestetici o cortisonici o a sedute di ozonoterapia.

Prevenire le recidive della sciatica

La sciatalgia, come già detto, passa spesso da sola, ma il rischio che ricompaia nell’arco di due anni dal primo episodio è piuttosto alto, per cui è utile attuare alcune strategie di prevenzione che possano ridurre le possibilità di una nuova compressione e infiammazione del nervo sciatico.

La sedentarietà è il nemico numero uno: la pratica regolare di un’attività fisica di tipo aerobico (come camminare o nuotare, attività che sono adatte a qualsiasi età) giova rinforzando la muscolatura della colonna vertebrale. Eseguire regolarmente esercizi di stretching aiuta invece a sciogliere i muscoli e mantenere elastica, mobile e flessibile la colonna.

Inoltre, la regolare attività fisica, unita a un’alimentazione bilanciata, può aiutare a evitare condizioni di sovrappeso e obesità che costringono la schiena a sforzi supplementari ed espongono i dischi a un’usura più rapida.

Valeria Ghitti
Valeria Ghitti
Nata sulle sponde bresciane del lago d’Iseo con la passione per il giornalismo nelle vene, comincia, nell’estate del 2000, freschissima di diploma al liceo classico, a muovere i primi passi nella redazione di un service giornalistico milanese, e a collaborare così con testate nazionali femminili e di salute. Nello stesso periodo inizia il percorso universitario in Scienze della comunicazione a Trieste, che prosegue parallelamente al lavoro. Diventata giornalista pubblicista nel 2003, porta avanti collaborazioni con numerose testate della carta stampata, per lo più settimanali e mensili a tiratura nazionali, ma anche testate online e radiofoniche, occupandosi di salute (dall’alimentazione alla sessualità, dalla medicina al benessere, alla psicologia), divulgazione scientifica, bellezza, ambiente, stili di vita e gossip. Negli anni affianca all’attività giornalistica quelle di ufficio stampa (soprattutto nell’ambito turistico, della cultura e dello spettacolo), di correttrice di bozze, di ghostwriter e di web content editor e, più recentemente, quella di mamma. Freelance praticamente da sempre e ormai a un passo dalla laurea, dal 2016 può annoverare tra le sue collaborazioni anche quella con SapereSalute.it

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