I sintomi atipici del reflusso gastrico


I disturbi caratteristici del reflusso gastroesofageo riguardano l'apparato digerente, ma esistono anche fastidi che oltrepassano i confini di stomaco ed esofago e possono essere sintomo di questa problematica

Reflusso gastrico: di cosa stiamo parlando

Si sa, il reflusso gastroesofageo è dovuto alla risalita nello stomaco del contenuto gastrico. Non sorprende, quindi, che i sintomi tipici di questo disturbo riguardino l'apparato digerente.

Ma, accanto al rigurgito e alla sensazione di bruciore alla bocca dello stomaco possono comparire altri disturbi di natura non gastroenterologica e che, per questo motivo, vengono definiti “sintomi atipici” del reflusso.

Anzi, a volte i sintomi tipici mancano e il disturbo può essere diagnosticato solo in base a questa sorta di effetti collaterali.

I sintomi atipici riguardano per lo più l'apparato respiratorio, ma non mancano nemmeno fastidi di pertinenza otorinolaringoiatrica.

A volte, poi, la sensazione di bruciore al petto causata dal reflusso è talmente intensa da essere confusa con un'angina pectoris e viene classificata dai medici come “dolore toracico non cardiaco”.

Un reflusso non solo esofageo

I sintomi atipici del reflusso più comuni includono quindi problemi otorinolaringoiatrici (a livello di orecchio, naso o gola), polmonari o cardiaci.

Proprio perché spesso il contenuto gastrico va a invadere anche distretti corporei diversi dall'esofago si può parlare di reflusso gastro-faringeo (con il coinvolgimento della gola) e gastro-faringo-laringeo (in cui vengono coinvolte anche le corde vocali).

I sintomi possono essere:

  • faringiti (mal di gola)
  • rinofaringiti
  • russamento
  • laringiti
  • raucedine
  • gengivite
  • salivazione abbondante
  • alitosi e carie
  • dolore toracico non cardiaco.

A volte è anche possibile che il reflusso sia associato a:

  • disfagia (difficoltà nella deglutizione)
  • odinofagia (dolore nella deglutizione)

Reflusso: sintomi respiratori

Asma da reflusso o da riflesso...

Ma i segni più facilmente riscontrabili sono quelli a carico delle vie respiratorie, come l'asma bronchiale, che può essere sintomo di reflusso soprattutto se non c’è produzione di catarro.

Attualmente non è stato ancora chiarito il meccanismo delle crisi asmatiche. Esistono a riguardo due teorie:

Teoria “da reflusso” Le crisi asmatiche sono dovute al passaggio del contenuto gastrico nei bronchi
Teoria “da riflesso” Le crisi asmatiche sono causate da un riflesso scatenato dal materiale acido nel tratto inferiore dell'esofago

È probabile che entrambi i meccanismi contribuiscano a generare l'asma.

...e altri sintomi respiratori

Il reflusso può causare anche:

  • laringospasmo e polmoniti da aspirazione, così chiamate perché sono dovute a una vera e propria aspirazione del contenuto gastrico nei polmoni.
  • aumento della produzione di catarro
  • tosse persistente (che può addirittura arrivare a far sputare del sangue)
  • sensazione di nodo in gola (il cosiddetto bolo ipofaringeo)
  • sinusite
  • bronchiti e broncopolmoniti ricorrenti.

I sintomi atipici durante la gravidanza

I sintomi atipici del reflusso gastroesofageo sono molto diffusi anche durante la gravidanza.

In genere le donne che si ritrovano a soffrirne durante la gestazione manifestavano gli stessi problemi anche prima di rimanere incinte, e solitamente durante il primo trimestre i sintomi atipici sono associati alla presenza di sintomi tipici del reflusso, come il bruciore di stomaco.

Fra i problemi che aumentano in gravidanza sono inclusi dolore toracico non cardiaco, difficoltà di deglutizione, sensazione di nodo in gola, tosse stizzosa, eruttazione e singhiozzo.

Alla base del reflusso acido possono esserci sia i cambiamenti ormonali tipici della gravidanza, sia la pressione esercitata dal bambino sullo stomaco.

Attenzione ai danni a lungo termine

In alcuni casi il reflusso gastroesofageo può causare erosioni, ulcere o un restringimento del diametro interno dell'esofago (stenosi).

Così come la risalita del contenuto dello stomaco nell'esofago può causare, a lungo termine, lesioni gravi, anche il suo passaggio in altri organi può avere conseguenze importanti.

Esempio tipico è ciò che può accadere a livello delle corde vocali: episodi di reflusso ripetuti possono lesionarle e predisporle alla formazione di granulomi, masse non tumorali di origine infiammatoria. Altre conseguenze possono essere laringiti croniche, polipi e carcinomi.

Una diagnosi a trecentosessanta gradi

L'immediata conseguenza di una sintomatologia così varia fa sì che la diagnosi del reflusso possa richiedere il parere di diversi specialisti, in modo da mettere in atto la terapia più adatta alla risoluzione del problema.

D'altra parte, specialisti quali cardiologi, pneumologi e allergologi devono essere pronti a prendere in considerazione una diagnosi di reflusso gastroesofageo nel momento in cui abbiano escluso la presenza delle patologie di loro competenza associate ai sintomi atipici riscontrati nel paziente.

Per arrivare alla diagnosi di reflusso può essere necessario abbinare all'osservazione dei sintomi clinici altre analisi.

Spesso la gastroscopia non è utile; infatti solo in pochi casi i sintomi atipici sono associati alle anomalie tipicamente riscontrabili in caso di esofagite (l'infiammazione dell'esofago, che oltre che da infezioni può essere causata anche da un'esposizione eccessiva ai succhi gastrici).

Non solo, anche in caso di sintomi tipici, come difficoltà a deglutire, le alterazioni dell'esofago sono presenti solo in una minoranza di casi.

Per questo in genere il percorso diagnostico non prevede l'esecuzione di una gastroscopia; il ricorso a questa indagine è invece più frequente quando si vuole analizzare la comparsa di complicanze o per la cosiddetta diagnosi differenziale, cioè per distinguere il reflusso gastroesofageo da patologie che hanno sintomi in parte sovrapponibili a quelli del reflusso.

Fra le altre indagini che possono essere utili per diagnosticare il reflusso gastroesofageo, la misurazione del pH dell'esofago può aiutare a confermare la presenza del reflusso in caso di sintomi atipici persistenti.

Inoltre, in presenza di sintomi atipici sembra particolarmente promettente anche l'analisi dei livelli dell'ormone gastrina 17 (G-17), o gastrinemia.

La gastrina 17 è coinvolta nel controllo della secrezione gastrica acida, che viene stimolata dalla sua azione; a sua volta, l'acidità gastrica inibisce la produzione della gastrina. 

Valori di gastrinemia inferiori a 1,9 pmol/L potrebbero essere un indice di reflusso gastroesofageo.

Rimedi anti-reflusso: solo dopo la diagnosi

In presenza di sintomi tipici la scomparsa dei fastidi con l'uso di rimedi che contrastano l'acidità dello stomaco è un indizio della loro associazione con un reflusso gastroesofageo.
In caso di sintomi atipici, invece, non è consigliabile iniziare un trattamento diretto contro un ipotetico reflusso gastroesofageo senza prima aver accertato la diagnosi. Inoltre è importante ricordare che il reflusso si cura prima di tutto con uno stile di vita adeguato.
Per i consumatori di tabacco è fondamentale smettere di fumare, perché il fumo promuove la risalita del contenuto gastrico attraverso lo sfintere esofageo inferiore (la valvola che separa l'esofago dallo stomaco e che normalmente è localizzata alla stessa altezza del diaframma). Nei fumatori l'efficienza di questa valvola è di per sé ridotta; per di più ogni volta che si accende una sigaretta aumenta la frequenza degli episodi di reflusso acido.
La maggior parte di questi episodi è associata a tosse o inspirazioni profonde che, aumentando la pressione intraddominale, sovraccaricano uno sfintere già di per sé debole.
Anche alcuni farmaci (come gli antinfiammatori non steroidei, i progestinici, i bifosfonati, medicinali per la pressione o per il cuore e farmaci che riducono la produzione di saliva, come gli antistaminici) possono indebolire lo sfintere esofageo inferiore; la loro assunzione può quindi essere inclusa fra i fattori di rischio del reflusso.
Una corretta igiene del sonno può essere utile per evitare che questo problema si trasformi in una causa di insonnia. Lo sa bene chi ha a che fare con i sintomi tipici del reflusso: il bruciore retrosternale, per esempio, può aumentare significativamente quando ci si corica.
Anche altri disturbi meno tipici, come la tosse cronica, possono aumentare mentre si dorme o si cerca di addormentarsi. Se quando si è sdraiati il cibo nello stomaco risale nel tubo digerente solo fin nell'esofago il sintomo con cui si avrà a che fare sarà bruciore a livello addominale, ma se il materiale acido risale fino nella gola ci si risveglierà tossendo e con la sensazione di essere soffocati dal vomito o da un rigurgito acido.
Per minimizzare il problema può essere utile evitare di coricarsi subito dopo aver mangiato (meglio aspettare 3-4 ore) e sollevare la parte del letto su cui si appoggia la testa, per esempio utilizzando dei cuscini in più.
Infine, è importante evitare il sovrappeso (che può essere associato a una minore tenuta dello sfintere esofageo inferiore) e seguire qualche accorgimento alimentare.
Alcuni alimenti possono rilassare lo sfintere esofageo inferiore; il loro elenco include:
  • caffè
  • cioccolato
  • cibi grassi
  • latte intero
  • menta.
Per questo è bene evitarli, così come è consigliabile limitare il consumo di alimenti acidi (come agrumi e pomodori) che in caso di risalita del contenuto gastrico possono aggravare l'irritazione della mucosa esofagea e degli altri tessuti raggiunti.
Fra le bevande è invece bene evitare gli alcolici, che indeboliscono lo sfintere esofageo inferiore, e le bibite gassate, perché promuovendo l'eruttazione forzano l'apertura dello sfintere e facilitano, quindi, il reflusso.

Chirurgia: una soluzione per casi complicati

Nella maggior parte dei casi il reflusso può essere tenuto sotto controllo grazie a uno stile di vita appropriato e, se necessario, all'assunzione di farmaci (per esempio gli inibitori di pompa protonica).
Non mancano però le forme progressive che possono portare a complicanze anche gravi, come il cosiddetto esofago di Barrett. In questi casi, così come in presenza di un'ernia iatale, può essere indicato il trattamento chirurgico.
Una diagnosi accurata permetterà di identificare la strategia più adatta al singolo caso.

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Silvia Soligon
Silvia Soligon
Romana di adozione, è nata a Milano, dove ha conseguito la laurea in Scienze biologiche e il dottorato di ricerca in Scienze genetiche e biomolecolari. Ha poi continuato a lavorare nell’ambito della ricerca scientifica prima all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara, poi all’Università “La Sapienza” di Roma.   Nella capitale ha proseguito il suo percorso formativo con un master in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata. Sempre a Roma si è specializzata nell’ambito del giornalismo e della comunicazione scientifica, conseguendo il master “Le scienze della vita nel giornalismo e nelle politiche istituzionali” dell'Università "La Sapienza".    Iscritta all'Ordine nazionale dei Biologi e all'Ordine dei giornalisti è socia di Unamsi (l’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione). Dal 2008 collabora con diverse testate giornalistiche e siti web per la produzione di contenuti riguardanti tematiche medico-scientifiche. Musica e cibo sono le sue grandi passioni. Oggi divide il suo tempo tra la scrittura, il lavoro di nutrizionista e i concerti.

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