Osteocondrosi: come si manifesta?

Si tratta di un gruppo eterogeneo di lesioni non necessariamente correlate fra di loro, ma che condividono alcune caratteristiche comuni e la cui sintomatologia può variare da paziente a paziente.

La prognosi in genere è buona, tanto che a volte il problema si risolve prima ancora di essere diagnosticato, ma nei casi in cui i trattamenti non risultino efficaci si può addirittura dover arrivare all'uso di protesi per far fronte ai suoi effetti secondari. Stiamo parlando dell'osteocondrosi, la forma di lesione da sforzo ripetuto più comune durante l'infanzia.

Cos’è l’osteocondrosi

Più che una patologia, l'osteocondrosi dovrebbe essere considerata una sindrome.

Dal punto di vista pratico si tratta di un disturbo dello sviluppo dei centri di ossificazione (gli aggregati di cellule da cui ha inizio il processo di formazione dell'osso) dello scheletro immaturo, che possono andare incontro a un processo di ricalcificazione.

Alle sue radici possono esserci cause diverse, alcune delle quali non sono state ancora individuate.

In base alle conoscenze attuali potrebbero entrare in gioco sia la predisposizione genetica del paziente sia fattori ambientali, come per esempio predisposizione a eventi trombotici, traumi acuti o ripetuti, emboli, carenze di rame e fattori meccanici.

Anche le infezioni possono scatenare o potenziare lo sviluppo delle osteocondrosi; il loro effetto può essere diretto o associato a un meccanismo di tipo autoimmune.

La definizione di osteocondrosi è complicata anche dal fatto che questo termine viene utilizzato per indicare problemi che colpiscono diverse aree dello scheletro.

Oggi per “osteocondrosi” si intende infatti un gruppo eterogeneo di lesioni (vedi in tabella alcuni esempi) non necessariamente correlate fra di loro, ma che condividono alcune caratteristiche comuni, come il fatto di colpire preferenzialmente lo scheletro immaturo, di coinvolgere la stessa struttura (cioè le epifisi, le estremità tondeggianti delle ossa lunghe) e la presenza di centri di ossificazione che alle radiografie appaiono frammentati, collassati, induriti e riossificati.

Possono però avere cause differenti. Della malattia di Blount, per esempio, si sa che è una condizione ereditaria. Della malattia di Perthes, invece, si sa che a entrare in gioco è una combinazione di fattori genetici e ambientali: l'esposizione al fumo può promuovere la sua comparsa a causa della presenza di una particolare variante del gene per il beta fibrinogeno.

Sindrome Localizzazione
Sindrome di Preiser Scafoide carpale
Malattia di Kienböck Lunato
Malattia di Buschke Cuneiforme mediale
Malattia di Köhler Rotula
Malattia di Mouchet Astragalo
Malattia di Legg-Calvé-Perthes Corpo vertebrale
Malattia di Buchman Cresta iliaca
Sindrome di Pierson Sinfisi pubica
Malattia di Freiberg Secondo metatarso

Ancora oggi non tutti gli esperti concordano sull'inclusione di alcune sindromi o malattie nel gruppo delle osteocondrosi.

Secondo alcuni, per esempio, l'osteocondrite dissecante sarebbe un'osteocondrosi nonostante sia un disturbo che colpisce anche in età adulta.

Cosa scatena l’osteocondrosi?

I dubbi non si limitano alla classificazione, ma resta da fare chiarezza anche sull'evento iniziale in grado di scatenare la comparsa del problema.

In base alle attuali conoscenze si tratterebbe dell'interruzione del flusso di sangue al centro di ossificazione dell'epifisi e della conseguente degenerazione di quest'ultimo, un processo noto come “necrosi ischemica”.

A causa di questo fenomeno le cellule della cartilagine presenti nell'epifisi inizierebbero a proliferare in modo incontrollato; a seconda dell'area colpita potrebbero poi comparire altri problemi secondari, come la frammentazione e il collasso del centro di ossificazione.

Il disturbo può colpire una o più epifisi in contemporanea; il processo alla base sembra essere lo stesso, ma la sindrome può manifestarsi in modo diverso a seconda degli stress cui è stata sottoposta l'epifisi.

Come si manifesta l’osteocondrosi

La sintomatologia dell'osteocondrosi varia a seconda dei pazienti; a entrare in gioco sono sia l'osso coinvolto sia lo stadio raggiunto dalla sindrome.

In genere, nelle fasi iniziali, si ha a che fare con un dolore localizzato; chi si ritrova alle prese con il morbo di Osgood-Schlatter, per esempio, può provare dolore quando si inginocchia.

Altri segni e sintomi che possono dipendere da una di queste sindromi includono indolenzimento localizzato, difficoltà nel muovere le articolazioni, gonfiore, problemi di deambulazione e, a volte, accumulo di liquidi nelle articolazioni.

L'associazione dei dolori con febbre, malessere generalizzato, perdita di peso, arrossamenti localizzati dovrebbe invece far sospettare problemi diversi da un'osteocondrosi.

Nella maggior parte dei casi, però, le osteocondrosi sono asintomatiche e si finisce dal medico solo quando è già progredita verso fasi avanzate; per questo è importante non sottovalutare dolori osteoarticolari aspecifici di cui possono soffrire bambini e ragazzi durante gli scatti di crescita: i rischi che si corrono includono alterazioni della crescita e deformazioni, che possono per esempio comparire nelle fasi avanzate della malattia di Blount, della sindrome di Scheuermann e della malattia di Legg-Calvé-Perthes.

Quest'ultima può manifestarsi inizialmente con andatura claudicante, ridotta mobilità dell'anca e dolore ad anche, cosce e ginocchia; con il passare degli anni, oltre che alla necrotizzazione e alla deformazione progressiva della testa del femore, si può assistere anche all'allargamento del collo femorale e ad altre deformazioni che possono causare la comparsa precoce di artrosi.

Fra gli esami diagnostici è la radiografia, in genere, a svelare la presenza delle osteocondrosi.

Una risonanza magnetica o una scintigrafia ossea potrebbero permetterne la diagnosi precoce, ma spesso l'assenza di sintomi ne limita l’utilizzo.

Osteocondrosi: come curarla

Le conseguenze a lungo termine dell’osteocondrosi dipendono dall'efficacia dei processi di rigenerazione e di riparazione.

Come accennato, dato che anche una guarigione parziale può portare alla comparsa di disturbi cronici, la situazione non deve essere sottovalutata.

Nel caso in cui il problema sia localizzato a livello articolare i trattamenti sono mirati a eliminare il dolore e a consentire i movimenti; più in generale, l'obiettivo principale della cura di tutte le forme di osteocondrosi è ridurre i sintomi e la loro durata.

La terapia mira a:

  • proteggere l'area colpita e prevenire di ulteriori traumi
  • prevenire la comparsa di deformità secondarie
  • promuovere la riossificazione
  • ridurre la trasmissione degli stress meccanici all'osso durante il processo di riossificazione
  • rimuovere i frammenti che sono diventati corpi mobili
  • compensare le deformità ossee riparate.

Spesso è possibile risolvere il problema totalmente o almeno parzialmente senza dover ricorrere alla chirurgia; quando le articolazioni non sono coinvolte, per guarire potrebbe bastare la sola protezione.

Nei casi in cui il trattamento non sia però risultato efficace, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico.

Inoltre in alcuni casi la chirurgia è la soluzione più adatta per alleviare alcuni sintomi o ridurre una disabilità.

Il dolore può essere alleviato con trattamenti con il freddo e con l'assunzione di antidolorifici; gli antibiotici, un tempo comunemente utilizzati in caso di osteocondrosi, oggi non sono più raccomandati.

Per evitare ulteriori traumi è necessario tenere a riposo la parte colpita, facendo particolare attenzione durante lo sport; per questo qualsiasi tipo di attività sportiva che preveda il contatto fisico dovrebbe essere evitata.

Per prevenire la comparsa di deformità secondarie e ridurre lo stress meccanico sulla parte colpita potrebbe essere consigliato l'uso di tutori o di apparecchi per trazione, mentre per favorire la riossificazione a volte viene consigliata l'assunzione di integratori a base di calcio e di multivitaminici con elementi in tracce; tuttavia per il momento non ci sono prove scientifiche definitive della loro efficacia.

Infine, in alcuni casi potrebbe essere utile un programma di fisioterapia.

Quali esercizi fare per l’osteocondrosi

Gli esercizi migliori in caso di osteocondrosi dipendono dal tipo di sindrome con cui si ha a che fare.

Nel caso del morbo di Osgood-Schlatter – la forma di osteocondrosi più comune – i programmi di fisioterapia sono mirati a rafforzare il quadricipite e il tendine posteriore del ginocchio; eseguendo esercizi opportuni e aumentando progressivamente il carico è possibile anche riprendere a praticare dello sport.

L'approccio è simile quando l'osteocondrosi con cui si ha a che fare è la malattia di Sinding-Larsen-Johansson, un problema che si può manifestare negli atleti adolescenti, nei quali è associato tipicamente a dolore alla parte anteriore del ginocchio durante l'attività fisica che aumenta saltando.

Nel caso del morbo di Sever, invece, la fisioterapia è mirata a rafforzare il muscolo gastrocnemio e a migliorare la dorsiflessione della caviglia.

In caso di sindrome di Scheuermann è importante ridurre le attività che prevedono flessioni ripetitive e i programmi di fisioterapia devono mirare a ridurre le rigidità e a rafforzare i muscoli addominali e spinali.

Silvia Soligon
Silvia Soligon
Romana di adozione, è nata a Milano, dove ha conseguito la laurea in Scienze biologiche e il dottorato di ricerca in Scienze genetiche e biomolecolari. Ha poi continuato a lavorare nell’ambito della ricerca scientifica prima all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara, poi all’Università “La Sapienza” di Roma.   Nella capitale ha proseguito il suo percorso formativo con un master in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata. Sempre a Roma si è specializzata nell’ambito del giornalismo e della comunicazione scientifica, conseguendo il master “Le scienze della vita nel giornalismo e nelle politiche istituzionali” dell'Università "La Sapienza".    Iscritta all'Ordine nazionale dei Biologi e all'Ordine dei giornalisti è socia di Unamsi (l’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione). Dal 2008 collabora con diverse testate giornalistiche e siti web per la produzione di contenuti riguardanti tematiche medico-scientifiche. Musica e cibo sono le sue grandi passioni. Oggi divide il suo tempo tra la scrittura, il lavoro di nutrizionista e i concerti.

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