Le cause del prurito e come capire se si tratta di un’allergia

Può comparire ovunque. Quando non esiste un chiaro elemento che lo provoca, il prurito è uno dei segnali del nostro corpo per indicarci che qualcosa non va.

In molti casi il problema nasce direttamente a livello cutaneo: un’infiammazione, magari dovuta al contatto con una sostanza irritante, la secchezza della cute (xerosi), tipica degli anziani e di chi soffre di dermatite atopica. Oppure patologie dermatologiche che si associano a manifestazioni cutanee come l’eritema solare, caratterizzato da piccole lesioni, l’orticaria cronica o la dermatite da contatto, che si manifesta anche con desquamazione . O ancora la scabbia, causata da un acaro che vive sotto la pelle e che può dare come unico sintomo il prurito, soprattutto notturno.

Se la pelle non c’entra

Ma il prurito può anche nascere “lontano” dalla pelle, coinvolgere tutto il corpo e persistere a lungo. Succede quando la patologia che lo causa non è dermatologica, come per esempio malattie renali croniche, epatiche, diabete, problemi alla tiroide, alcune forme di tumore o malattie neurologiche. In alcuni casi all’origine del prurito ci può essere un semplice disagio psicologico.

Come si riconosce un’allergia

Una cosa è certa: il prurito, se non è associato ad alcuna manifestazione cutanea, non è mai di natura allergica.
Quando invece si accompagna a sintomi cutanei simili a una dermatite, la causa può essere un’allergia da contatto. A scatenarla possono essere prodotti usati per l’igiene personale o creme, tinture per capelli o detersivi. La prima mossa, quindi, è capire da dove nasce il problema.

«Per determinare se una sostanza può provocare un’infiammazione della cute con meccanismo allergico esiste una metodica chiamata patch test– spiega Patrizia Bonadonna, specialista in allergologia e immunologia clinica all’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona –. Si posiziona una piccola quantità di sostanza in cellette di plastica o alluminio adese a un cerotto (o patch) che viene applicato sulla cute della schiena e mantenuto per 48-72 ore, al termine delle quali il medico lo rimuove e verifica il risultato».

Allergie alimentari

Oltre che da un’allergia da contatto, il prurito può essere causato anche da un’allergia alimentare. In questo caso i sintomi sono istantanei: pizzicore in bocca, in gola e a livello delle orecchie, la comparsa di orticaria, gonfiore in viso, in particolare attorno a occhi, labbra, lingua e palato. In alcuni casi la reazione può essere molto violenta con la comparsa di difficoltà respiratorie.

Questi sintomi sono causati da una reazione anomala del nostro sistema immunitario in seguito all’introduzione di quantità anche minime di un componente di un alimento (il cosiddetto allergene) normalmente innocuo. Si innesca infatti la produzione di anticorpi (immunoglobuline E, IgE), che segue l’introduzione di una sostanza che viene considerata “tossica” dal nostro sistema immunitario anche se, in realtà, non lo sarebbe.

Il legame tra lo specifico allergene e gli anticorpi provocano il rilascio di istamina, che causa i sintomi tipici della reazione allergica, tra cui anche il prurito. Visto che la comparsa di questi disturbi segue molto rapidamente l’introduzione dell’allergene, è piuttosto facile associare i due eventi.

Nella maggior parte di casi la sintomatologia viene alleviata attraverso l’assunzione di antistaminici o cortisonici.

Gli allergeni più comuni sono contenuti in uova, latte, crostacei, grano, arachidi, noccioline e nocciole, ciliege, pesche, susine, albicocche, kiwi, carote, patate crude, sedano e legumi.

«Importante è non confondere un’allergia con un’intolleranza alimentare. Una prima distinzione è nella comparsa dei sintomi: nel primo caso – chiarisce Bonadonna – sono immediati e possono essere causati anche dall’assunzione di piccole quantità dell’alimento, mentre nel secondo il quadro è più complesso e si manifestano a distanza di ore. Inoltre, se si tratta di intolleranze i sintomi sono solitamente gastro-intestinali (diarrea, difficoltà alla digestione, gonfiore e dolore addominale) o alquanto aspecifici come la cefalea».

Allergia Intolleranza
Sintomi tipici Pizzicore in bocca, in gola e a livello delle orecchie, orticaria, gonfiore in viso Sintomi gastro-intestinali
Periodo di manifestazione Subito dopo l'assunzione A distanza di ore
Coinvolgimento del sistema immunitario Presente Assente

Chiazze arrossate e pruriginose: spesso è intolleranza

Come già accennato, anche se più raramente rispetto all'allergia, esiste anche un’altra condizione, meno violenta e pericolosa (non induce mai shock anafilattico), ma decisamente più insidiosa, che può essere alla base di disturbi cutanei: l’intolleranza alimentare.

In questi casi il nostro sistema immunitario, sebbene consideri erroneamente la sostanza come “nociva”, non la associa a un pericolo immediato e non ritiene, quindi, di dover scatenare la produzione di immunoglobuline E. 

In compenso, viene indotto comunque uno stato infiammatorio dose-dipendente (ovvero che aumenta all’aumentare della quantità di allergene introdotta) che l’organismo riesce a tollerare per un po’ di tempo, per poi manifestarsi con una serie di sintomi. Tra questi malessere e, soprattutto, disturbi digestivi come diarrea, gonfiore addominale, che siamo abitati ad associare alle intolleranze.

Meno ovvio e conosciuto è, invece, il legame con problemi cutanei, come la dermatite, ma se cuoio capelluto, mani, pieghe tra le dita, gomiti e arti inferiori si coprono di chiazze rossastre, desquamate e pruriginose, la colpa potrebbe proprio essere di un’intolleranza alimentare.

In questi casi è d’aiuto rivolgersi al proprio medico per valutare la necessità di sottoporsi a un test per indagare tale evenienza; nel caso dovesse risultare positivo, la soluzione è eliminare dalla propria tavola la sostanza incriminata.

Per le intolleranze il "divorzio" dall'alimento non è per sempre

Se, dopo aver eliminato dalla dieta l’alimento incriminato, la sintomatologia si riduce e scompare non è detto che vi si debba rinunciare definitivamente.

Una volta smaltito dall’organismo l’accumulo di sostanze che il nostro corpo ha ritenuto dannose e che hanno indotto, nel tempo, i fenomeni infiammatori, sarà possibile reintrodurre l’alimento con una certa moderazione e con gradualità, prestando attenzione all’eventuale ricomparsa di sintomi.

Altrettanto importante è sia non esagerare nell’assunzione di quello specifico cibo, sia ripristinare l’integrità della mucosa intestinale che potrebbe aver perso la sua funzione di barriera selettiva permettendo a macromolecole alimentari di venire a contatto con il sistema linfatico e sanguigno innescando la reazione del sistema immunitario.

Livia Gamondi
Livia Gamondi
Milanese da sempre. Ha conseguito, dopo la maturità scientifica, la laurea in Lingue e letterature straniere moderne presso l’Università Statale di Milano e frequentato la SDA Bocconi per un corso di Marketing di 6 mesi. Un forte interesse per la comunicazione l’ha portata ad occuparsene in agenzie di pubblicità. Dopo un paio d’anni è iniziato il percorso in aziende farmaceutiche, esperienza che è durata oltre vent’anni in diverse multinazionali. Ha contribuito al lancio di farmaci in Italia che hanno cambiato la storia di patologie gravi e invalidanti come sclerosi multipla, diabete e leucemia mieloide cronica. Una passione per la comunicazione e la divulgazione scientifica per condividere informazioni la hanno spinta a scrivere per diverse testate e a collaborare con agenzie di comunicazione. Nel 2017 è entrata nel team di free-lance di Clorofilla e scrive per Saperesalute.it. È membro Unamsi, Unione nazionale medico scientifica di informazione. Nel tempo libero è una runner appassionata, ma non fanatica. E in inverno non rinuncia a sciare. Ha una grande passione per i viaggi. E nel tempo libero ama leggere, andare al cinema e a teatro, e visitare mostre.

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