Sensibilità al glutine, non celiachia

Le proteine del grano possono scatenare nell'organismo reazioni molto diverse. Una diagnosi corretta permette di intervenire nel modo più adatto per risolvere il problema senza interferire con la qualità della vita.

Il panorama delle malattie associate all'intolleranza al glutine si arricchisce di un nuovo disturbo: la sensibilità al glutine.

Secondo le prime stime colpisce il 6 per cento della popolazione italiana e si differenzia da celiachia e allergia al grano soprattutto per quanto riguarda le tempistiche di insorgenza: può aumentare o scomparire senza lasciare nessuna conseguenza.

La diagnosi avviene soprattutto in individui adulti a cui, in passato, era stato riscontrato un disturbo funzionale, come per esempio il colon irritabile.

Proteine nemiche dell'intestino

Il glutine è un insieme di proteine che si trovano nel grano, nell'orzo, nella segale e in molte altre graminacee.

La sensibilità a questa sostanza causa dei sintomi gastrointestinali che possono regredire totalmente e che non dipendono da un danneggiamento della parte dell'intestino.

Al contrario, la celiachia è un'intolleranza permanente dovuta ad una reazione immunitaria anomala scatenata nell'intestino tenue. Questa causa un'infiammazione cronica che danneggia gravemente i villi intestinali, strutture responsabili dell'assorbimento dei nutrienti.

Contrariamente alla sensibilità al glutine, la celiachia ha una base genetica che coinvolge i geni DQ2 e DQ8 del sistema HLA. Inoltre, nella sensibilità al glutine la barriera immunitaria intestinale non è coinvolta nella genesi della malattia, mentre verrebbe coinvolto il sistema immunitario innato.

Nonostante queste differenze, i sintomi della sensibilità al glutine sono simili a quelli della celiachia: dolore e gonfiore addominale, bruciore alla bocca dello stomaco, nausea, vomito, stitichezza e diarrea.

Altri disturbi frequenti sono l'affaticamento delle articolazioni e delle ossa, crampi muscolari, mal di testa, annebbiamenti mentali e svenimenti, anemia, eczemi e macchie rossastre sulla pelle, lingua infiammata e dolorante.

Dal sospetto alla diagnosi per scegliere la terapia

Proprio per l'elevata somiglianza nei sintomi tra le tre patologie, solo escludendo la celiachia o l'allergia al grano è possibile diagnosticare la sensibilità al glutine.

Test opportuni permettono di eliminare l'ipotesi sia di allergie respiratorie al glutine, sia di quelle alimentari e da contatto.

La celiachia, invece, può essere esclusa attraverso un esame del sangue che valuti la presenza di anticorpi anti-transgllutaminasi tissutale (tTG) e anti-endomisio (EMA) e il deficit di immunoglobuline A (IgA).

Infine, la biopsia intestinale permette di valutare la degenerazione dei villi e l'aumento dei linfociti nella mucosa intestinale, tipici della celiachia, ma non della sensibilità al glutine. Infine, in caso di sensibilità al glutine, ma non di celiachia, si ha la presenza di anticorpi anti-gliadina IgA e IgG e dei geni HLA DQ2 e DQ8.

La conferma della diagnosi si ha valutando la risposta alla terapia, che consiste in una dieta priva di glutine.

Infatti se la malattia è stata diagnosticata correttamente, i sintomi svaniscono anche solo con una sospensione temporanea del consumo di cibi contenenti glutine. Chi soffre di celiachia, invece, deve rinunciare per tutta la vita ai cibi che possono contenere questa sostanza, pena la ricomparsa dei sintomi e un nuovo danneggiamento dei villi intestinali.

In caso di allergia al grano, invece, è necessaria anche la somministrazione contemporanea di cortisone.

Alla ricerca di alimenti sicuri

La comunità europea ha stabilito in modo rigido i criteri secondo cui un prodotto alimentare può essere certificato gluten-free: il contenuto di glutine deve essere inferiore alle 20 ppm, cioè 20 mg per ogni kg di prodotto.

Se, invece, i livelli di glutine sono compresi tra 21 e 100 mg per kg, i prodotti saranno definiti “very low gluten”. Un'ulteriore certificazione è data dalla presenza sulla confezione di un marchio rappresentante una spiga sbarrata, che contrassegna gli alimenti privi di glutine.

Silvia Soligon
Silvia Soligon
Romana di adozione, è nata a Milano, dove ha conseguito la laurea in Scienze biologiche e il dottorato di ricerca in Scienze genetiche e biomolecolari. Ha poi continuato a lavorare nell’ambito della ricerca scientifica prima all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara, poi all’Università “La Sapienza” di Roma.   Nella capitale ha proseguito il suo percorso formativo con un master in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata. Sempre a Roma si è specializzata nell’ambito del giornalismo e della comunicazione scientifica, conseguendo il master “Le scienze della vita nel giornalismo e nelle politiche istituzionali” dell'Università "La Sapienza".    Iscritta all'Ordine nazionale dei Biologi e all'Ordine dei giornalisti è socia di Unamsi (l’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione). Dal 2008 collabora con diverse testate giornalistiche e siti web per la produzione di contenuti riguardanti tematiche medico-scientifiche. Musica e cibo sono le sue grandi passioni. Oggi divide il suo tempo tra la scrittura, il lavoro di nutrizionista e i concerti.

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