Ossiuriasi, cos’è e come si cura

Secondo il Center for Disease Control and Prevention, l’Ente americano per il controllo e la cura delle malattie, tra l’11 e il 20% dei bambini tra i 5 e i 10 anni ha problemi di ossiuri, più comunemente chiamati “vermi”. Si tratta di un’infezione parassitaria intestinale scatenata dalll’Enterobius vermicularis, il parassita responsabile dei fastidiosi sintomi di questa infezione. 

«I parassiti intestinali colpiscono soprattutto i bambini che, a volte a casa o più spesso all’asilo o a scuola, trascurano le regole basilari dell’igiene, come lavarsi le mani prima di mangiare e dopo essere andati in bagno», interviene Susanna Esposito, Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Parma e Presidente WAidid, Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici. «Ma oltre alla carenza di igiene, gli altri fattori di rischio da non sottovalutare sono i cibi poco cotti o crudi, in particolar modo le carni, oppure quelli non lavati in modo adeguato come spesso accade con frutta e verdura. L’elevata contagiosità degli ossiuri, poi, compromette anche la salute dei genitori. Per questo, seguire alcuni precisi accorgimenti si rivela fondamentale per la prevenzione di questa infezione e per evitare il contagio una volta che un soggetto all’interno della famiglia, o comunque di un gruppo, sia stato infestato». Quando le uova vengono ingerite oppure inalate, raggiungono l’intestino, si schiudono e danno vita a ossiuri che a loro volta depositano uova a livello perianale. 

Il percorso degli ossiuri

L’inizio dei sintomi non è così rapido come si potrebbe pensare. Al contrario, possono trascorrere circa 1-2 mesi. Dopo l’ingestione, infatti, le uova scendono attraverso il tratto digerente fino all’intestino tenue, dove trovano il “nido” ideale per arrivare a maturazione e schiudersi. Le larve degli ossiuri appena nate rimangono nella zona fino allo sviluppo, per poi trasferirsi nell’intestino crasso. Qui, diventano adulte e iniziano a riprodursi attraverso la fecondazione da parte dei maschi delle uova depositate dalle femmine. Al termine di questo “compito”, i maschi che hanno un ciclo vitale di circa sette settimane, muoiono e vengono eliminati attraverso le feci. Le femmine invece, che vivono nel colon per circa 5-13 settimane, si sistemano ben adese alla mucosa intestinale e usano i residui di cibo che arrivano nell’intestino crasso per favorire lo sviluppo delle uova. Una volta pronte, le femmine si muovono verso la zona anale e depositano le uova nelle pliche cutanee: ogni femmina ne deposita tra le 11 e le 18 mila. Raggiunto il loro scopo, le femmine muoiono e le uova iniziano a diventare infestanti. Ed ecco l’inizio dei sintomi. 

Attenti ai disturbi

Il sintomo principale è il prurito intenso causato dalle uova, che è presente soprattutto durante le ore notturne. Si innesca così una spirale estremamente nociva: il bambino si sfrega e le uova si trasferiscono agli indumenti, alle lenzuola e alle mani, dando il via al contagio della famiglia. 

Il bambino può soffrire inoltre di altri disturbi come dolore addominale, diarrea e irrequietezza, mentre lo stato di infiammazione nelle zone intime può estendersi anche alle vie urinarie e provocare enuresi notturna. Nei casi più acuti, inoltre, possono comparire anemie e deficit di vitamina B12. Nelle bambine, infine, le larve di ossiuri possono raggiungere le parti intime provocando vaginiti.

Che cosa fare

Vietato perdere tempo. In caso di prurito intenso, dunque, è bene ispezionare la zona anale e perianale del bambino, la mattina al risveglio. Questo perché nelle prime ore del mattino è possibile rilevare la presenza di piccoli filamenti bianchi in movimento: sono le femmine degli ossiuri che durante la notte, quando l’organismo è a riposo, depongono le uova. Sono proprio i movimenti compiuti dalle femmine degli ossiuri a causare il prurito. Serve anche ispezionare le feci e la biancheria intima. «La presenza dell’infezione viene confermata con lo scotch test», aggiunge Susanna Esposito. «È un’indagine che si esegue applicando nastro adesivo sulla zona anale, perché in questo modo è possibile raccogliere le uova». In pratica, va applicato per qualche secondo un pezzetto di nastro adesivo, della lunghezza di circa due centimetri, nella zona anale del bambino. Togliendolo, le uova rimangono attaccate all’adesivo. Lo scotch va quindi appoggiato su un vetrino e chiuso ermeticamente in un sacchettino, seguendo le istruzioni del pediatra oppure del laboratorio di analisi. Per essere certi della presenza dell’infezione, il prelievo va eseguito per tre volte, in tre giorni separati, sempre la mattina al risveglio. La procedura va eseguita indossando mascherina chirurgica e guanti ed entrambi vanno gettati al termine. Il vetrino viene quindi analizzato al microscopio in laboratorio per la diagnosi definitiva.

La cura

Gli ossiuri si possono debellare bene, ma ci vuole pazienza. La cura prevede la somministrazione di farmaci specifici che sono in grado di eliminare i parassiti nella loro forma vitale. Non hanno invece efficacia sulle uova. Per questo, la terapia prevede due cicli: il primo alla diagnosi e il secondo a distanza di due settimane. È necessario poi che il bambino indossi biancheria intima di cotone per non incrementare ulteriormente lo stato di irritazione e di infiammazione e applicare una pomata ad hoc nella zona anale e perianale che lo aiuti ad alleviare il prurito. È fondamentale poi tenere sotto controllo la situazione con verifiche regolari, perché l’infezione da ossiuri può ripresentarsi. Succede per esempio quando la seconda dose del farmaco viene assunta in ritardo, oppure se l’infezione è stata contratta da più persone nello stesso nucleo familiare. Assolutamente da evitare invece i cosiddetti “rimedi della nonna”. Il rischio infatti è di perdere tempo, di peggiorare lo stato del bambino e aumentare il pericolo che l’infezione si estenda anche ad altre persone. 

Attenzione all’igiene

L’infezione da ossiuri è altamente contagiosa. Per tenere lontano il rischio che si propaghi anche al resto della famiglia, dunque, è opportuno che tutto, compresa la biancheria intima e gli indumenti del bambino, vengano lavati separatamente e ad almeno 60°C, aggiungendo al normale detersivo anche un prodotto igienizzante. Sì anche a igienizzare regolarmente sanitari, banchi e tavoli da cucina con detersivi appositi e lavare spesso le mani con acqua calda e sapone di Marsiglia. Massimo controllo anche sul bambino, per evitare che avvicini i giocattoli alla propria bocca. Per una questione di prudenza, comunque, è sempre meglio lavare con un igienizzante anche tutti i suoi giocattoli. 

In caso di ossiuri, è fondamentale infine avvisare la scuola, affinché le stesse regole vengano adottate in classe e nell’ambito delle famiglie. 

La prevenzione

Di certo, bisognerebbe insegnare al bambino che non deve portarsi le manine alla bocca, soprattutto quando gioca oppure è all’asilo o a scuola, ma non è un consiglio semplice da mettere in pratica. Per questo, è importante “alzare la guardia” per quanto riguarda i comportamenti quotidiani e seguire le regole di WAidid. Innanzitutto, è necessario lavare accuratamente le mani prima di maneggiare gli alimenti e durante la loro preparazione, soprattutto se si tratta di cibi diversi. Prima del loro consumo, inoltre, vanno lavati bene frutta e verdura ed è opportuno evitare di consumare carni poco cotte o pesce crudo. Attenzione anche alla conservazione: i cibi non vanno lasciati fuori dal frigo per più di due ore. Sì anche a educare i figli a lavarsi spesso le mani e sempre prima di mettersi a tavola e dopo essere stati in bagno. 

Anche l’igiene è importante. Ai bambini deve essere insegnata una corretta igiene intima da eseguire tutte le mattine, a fare una volta al giorno la doccia e non il bagno e a cambiare ogni giorno la biancheria intima. La famiglia deve anche prendere l’abitudine di avere asciugamani personali e di evitare l’uso promiscuo di oggetti personali, come lo spazzolino dei denti, ma anche la limetta delle unghie, dal momento che le uova possono annidarsi sotto le unghie

Massima igiene anche per quanto riguarda ciò che utilizzano tutti in casa, come il lavandino e il water, per esempio, che vanno disinfettati quotidianamente

Le regole di igiene devono poi diventare ferree a scuola e all’asilo, dove il rischio di contagio diventa elevato. I bambini devono prendere l’abitudine di non sedersi mai sul water e di lavarsi con cura le mani dopo essere stati in bagno. I più piccoli non devono portare il peluche preferito, perché potrebbe trasformarsi in uno strumento di contagio. Al rientro a casa, inoltre, il bambino va cambiato e gli indumenti vanno lavati. 

Cinzia Testa
Cinzia Testa
Nata e cresciuta a Milano, decide da bambina di voler fare la giornalista e caparbiamente non modifica questo suo desiderio nonostante le difficoltà iniziali.  Dopo un periodo quale collaboratrice per le pagine milanesi de L’Unità nella seconda metà degli anni ’80, viene coinvolta nel primo progetto di editoria “naturale”: comincia a scrivere di alimentazione, le viene affidata una rubrica di ricette e tiene dei corsi pratici di cucina vegetariana e teorici nell’ambito dell’alimentazione. Da lì a scrivere di salute il passo è breve e nell’arco di un paio di anni avviene il “salto” e il passaggio definitivo al lavoro come freelance e la collaborazione a diverse testate come il quotidiano La Voce, il mensile del Gruppo San Paolo Club 3, per poi approdare a Donna Moderna, testata che rimane a tutt’oggi la sua principale attività. A metà degli anni ’90 viene anche coinvolta insieme a una collega nella redazione giornalistica di Attualità in Senologia, l’unica in Italia dedicata alla senologia oncologica e scatta la passione per l’oncologia. Considera il giornalismo come un momento anche di contatto e di confronto con il pubblico e ha l’opportunità di partecipare in prima persona a campagne di prevenzione sul territorio nell’ambito dell’oftalmologia (glaucoma) e dell’oncologia (tumori femminili) e di condurre con le colleghe di Donna Moderna dirette facebook su tematiche di salute ad ampio respiro. Curiosa per natura, ama viaggiare e quando può, restaura mobili e li riporta a nuova vita. Ha una passione infinita per la cucina, inventa continuamente nuove ricette e le scrive sui fogli più disparati che immancabilmente perde. Per ovviare a questa incurabile forma di distrazione, ora posta le foto dei piatti con l’elenco degli ingredienti direttamente su Instagram. Adora la solitudine come momento di ricarica, ma non potrebbe mai vivere senza le persone che ama. 

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