Omocisteina: cosa indicano i suoi valori nel sangue?

Elevati livelli di questo aminoacido possono avere effetti dannosi sul sistema cardio-cerebrovascolare e probabilmente anche su quello scheletrico.

L’omocisteina è un aminoacido, ovvero uno dei “mattoncini” che costituiscono le proteine. Deriva da un suo simile, la metionina, un aminoacido essenziale che l’organismo ricava solo attraverso l’alimentazione.

Il metabolismo dell’omocisteina viene regolato grazie all’attività di enzimi e sostanze come i folati, la vitamina B6 e la vitamina B12. Una carenza di queste molecole può far sì che l’omocisteina si accumuli danneggiando le pareti dei vasi sanguigni.

Un suo aumento nel sangue è quindi considerato un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie a carico di cuore e vasi sanguigni e di patologie neurodegenerative (è stata associata per esempio a un maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer). Alcuni studi suggeriscono, inoltre, che livelli elevati di questo aminoacido possano favorire anche le fratture dovute all’osteoporosi.

Iperomocisteinemia

Quando i livelli plasmatici dell’omocisteina arrivano a concentrazioni troppo elevate, ovvero superano il valore di 12 µmoli/L, si parla di iperomocisteinemia.

In genere, i valori di questo aminoacido sono maggiori nell’uomo rispetto alla donna fino al periodo della menopausa, quando diventano simili.

I diversi gradi di iperomocisteinemia vengono definiti in base alla concentrazione di omocisteina:

Grado di iperomocisteinemia Concentrazione di omocisteina
Normalità 5-9 μmoli/L
Borderline 10-12 μmoli/L
Moderata 13-30 μmoli/L
Intermedia 30-100 μmoli/L
Severa >100 μmoli/L

L'iperomocisteinemia severa è rara, mentre la forma moderata è presente nel 5-7 per cento della popolazione generale. L’iperomocistinemia è particolarmente frequente nei pazienti con malattie delle coronarie (circa 30 per cento) e in quelli con patologie cerebrovascolari (42 per cento).

I fattori che influenzano i livelli di omocisteina

I livelli di omocisteina nel plasma dipendono da diversi fattori e sono il risultato di una stretta relazione tra abitudini dietetiche, stile di vita ed elementi genetici predisponenti.

La maggior parte delle persone ha però elevati livelli di omocisteina nel sangue a causa di una dieta non sufficientemente ricca di folati e delle altre vitamine del gruppo B nonché per colpa di abitudini di vita scorrette, a partire dal fumo.

Un regime alimentare ricco di folati e una regolare attività fisica contribuiscono a mantenere valori adeguati o a ridurli, mentre il fumo e una dieta povera di folati tendono ad aumentarli.

Con il termine folati ci si riferisce sia all’acido folico di origine sintetica presente in integratori e alimenti fortificati sia alle sue forme naturalmente presenti nel cibo.

Acido folico e folati sono vitamine del gruppo B, note anche con il nome di vitamina B9. I folati sono contenuti in abbondanza nelle verdure a foglia verde (carciofi, broccoli, asparagi, spinaci, lattuga), nei legumi (fagioli, ceci) e in alcuni frutti (arance, fragole e frutta secca).

Oltre che da una scorretta alimentazione e da uno stile di vita non appropriato, livelli elevati di omocisteina possono dipendere, seppur in minor misura, da alterazioni genetiche che causano deficit degli enzimi coinvolti nel ciclo di smaltimento di questo aminoacido. È il caso per esempio del deficit dell’enzima cistationina-beta-sintetasi (omocistinuria), dovuto a una mutazione genetica molto rara, oppure del polimorfismo genetico T833C relativo sempre a questo enzima, che provoca anch’esso un aumento dei livelli di omocisteina. Alcuni studi hanno dimostrato un’associazione significativa tra questo polimorfismo e il rischio di ictus.

Infine, livelli elevati di omocisteina possono dipendere anche da mutazioni nel gene responsabile della produzione dell’enzima metilenetetraidrofolato-reduttasi.

Conseguenze dell'iperomocisteinemia

«Livelli elevati di omocisteina sembrano predisporre a patologie cardiovascolari, in particolare all’arterosclerosi e alla trombosi. L’omocisteina, però, andrebbe considerata più come un marcatore di rischio cardiovascolare che non come un vero e proprio fattore di rischio» spiega Arrigo Cicero, farmacologo clinico presso il Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna.

«Se infatti la riduzione di altri fattori di rischio, per esempio il colesterolo o il fumo, contribuisce a ridurre le possibilità di avere problematiche cardiovascolari, per l’omocisteina non è così: se anche i suoi valori diminuiscono, il rischio cardiovascolare rimane invariato. Quello che però è interessante, è che l’assunzione di vitamine del gruppo B e di acido folico, magari in persone ignare di avere l’omocisteina alta, contribuisce a ridurre il rischio di ictus e a migliorare la salute cardiovascolare, a prescindere che l’omocisteina sia diminuita o meno. Quindi l’acido folico fa bene indipendentemente dalla possibile riduzione dell’omocisteina».

Vediamo più da vicino le malattie vascolari per le quali è stata evidenziata una relazione con l’iperomocisteinemia.

Aterosclerosi e infarto

L’iperomocisteinemia è ritenuta da molti un fattore di rischio per l’aterosclerosi coronarica e l’infarto miocardico. Possibile anche una relazione con il diabete.

Patologie cerebrovascolari

L’iperomocisteinemia è responsabile di un danno a carico delle piccole arterie cerebrali. Secondo alcuni dati i soggetti con valori sopra la norma presentano un rischio quattro volte superiore di andare incontro a episodi di trombosi dei seni venosi cerebrali.

Ictus cerebrale

Numerosi studi hanno dimostrato una relazione significativa tra la concentrazione nel sangue di questo aminoacido ed eventi ischemici cerebrali. Uno studio del 2013, pubblicato su Neural Regeneration Research, ha evidenziato che elevati livelli di omocisteina, associati a valori sopra la norma di lipidi nel sangue, possono avere un effetto sinergico e aumentare il rischio di ictus. In particolare, chi presenta iperomocisteinemia e iperlipidemia (ovvero colesterolo e trigliceridi alti) nel sangue, a parità di altri fattori di rischio, avrebbe un 40 per cento in più di probabilità di andare incontro a ictus rispetto al gruppo di controllo con valori normali.

Patologie vascolari periferiche

Ci sono evidenze che mostrano una correlazione tra l’iperomocisteinemia e le trombosi arteriose e venose, in particolare la trombosi venosa profonda.

Malattia cerebrale dei piccoli vasi

Uno studio pubblicato nel 2014 sulla rivista Neurology suggerisce un possibile ruolo dell’omocisteina nella malattia generalizzata dei piccoli vasi, coinvolgendo sia il cervello sia il rene.

Aneurisma dell’aorta addominale

Una rassegna della letteratura scientifica, pubblicata nel 2015 sulla rivista International Angiology, segnala una relazione tra aneurisma dell’aorta addominale e iperomocisteinemia.

Ipertensione

Alcuni studi suggeriscono che l’omocisteina possa giocare un ruolo nello sviluppo dell’ipertensione; ciò potrebbe spiegare il collegamento tra iperomocisteinemia e malattie vascolari.

Danni in gravidanza

Aborti inspiegati, malformazioni fetali (per esempio la spina bifida), ipertensione in gravidanza, rallentata crescita del feto o distacco della placenta sono tutte condizioni che hanno in comune un significativo aumento del livello di omocisteina nel sangue e un danno a livello vascolare.

I danni vascolari

Anche se i meccanismi non sono ancora del tutto chiari, è ormai evidente che l’omocisteina in eccesso provoca un danno vascolare coinvolgendo sia la struttura dei vasi sanguigni sia il sistema di coagulazione del sangue.

I vasi arteriosi sono costituiti da due parti principali: le cellule muscolari lisce e l’endotelio, cioè il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni. Secondo gli studi condotti finora tra i possibili meccanismi che favoriscono l’aterosclerosi rientrano:

  • l’alterazione della funzione piastrinica, in quanto l’omocisteina in eccesso aumenta l’adesività e l’aggregazione delle piastrine
  • la disfunzione endoteliale (ovvero l’alterazione dei meccanismi regolati dall’endotelio, come per esempio la produzione di sostanze che evitano l’adesione piastrinica alle pareti dei vasi sanguigni e quindi prevengono la formazioni di trombi) diretta o indotta da un aumento di stress ossidativo
  • la stimolazione della proliferazione delle cellule muscolari lisce, con conseguente aumento dell’adesione a livello dell’endotelio e aumento del deposito di colesterolo Ldl (colesterolo cattivo)
  • un’azione sui fattori che regolano la coagulazione del sangue.

Quando dosare l’omocisteina

A questo punto sorge spontanea la domanda: in quali circostanze può essere utile il dosaggio di questo aminoacido nel sangue per un’eventuale diagnosi di iperomocisteinemia?

«L’esame viene spesso richiesto nell’ambito della valutazione del rischio cardiovascolare, ma a mio parere ha senso dosare l’omocisteina soprattutto in due circostanze: in presenza di familiarità per eventi cardiovascolari, ma non per fattori di rischio noti (ipertensione, colesterolo alto, ecc.) e qualora ci si trovi di fronte un paziente con una condizione di rischio cardiovascolare che non è giustificata da altri fattori di rischio tradizionali. Per esempio una persona che non ha problemi pressori, che non fuma o ha smesso di fumare e che magari aveva il colesterolo alto, che però è tornato normale grazie a una terapia mirata» riferisce Cicero.

La prevenzione

Come già segnalato, l’iperomocisteinemia può dipendere da diversi fattori. Alcuni di questi, come la predisposizione genetica, il sesso e l’età, non sono modificabili; mentre altri, in particolare i fattori legati allo stile di vita, possono essere ridimensionati con alcuni accorgimenti.

L’accumulo di omocisteina può, infatti, essere contrastato da una regolare attività fisica, dalla riduzione del consumo di caffè e di bevande alcoliche, da una dieta varia ricca di frutta e verdura, dall’astensione dal fumo nonché dall’integrazione di vitamine del gruppo B (vitamina B6, B12 e folati).

Le vitamine del gruppo B sono molecole che il nostro organismo non riesce a sintetizzare da solo e che quindi devono essere introdotte con la dieta. Le troviamo nel pesce, nella carne, nei cereali, in frutta e verdura, nelle uova e nei latticini. Visto che con la cottura le vitamine si denaturano, si consiglia di consumare, quanto più è possibile, cibi crudi oppure cotti a basse temperature e/o per breve tempo preferendo, per esempio, la cottura al vapore.

Antonella Sparvoli
Antonella Sparvoli
Nata e cresciuta a Milano, dopo il Liceo scientifico, decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze biologiche all’Università Statale di Milano. Le materie di studio la appassionano molto e si laurea a pieni voti nel 1995, dopo un periodo di studio come studente Erasmus al Trinity College di Dublino e l’internato per la tesi di laurea nel Laboratorio di immunologia molecolare del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano. Si dedica per un breve periodo alla ricerca, ma poi capisce che il suo posto non è tra le provette di un laboratorio, ma tra le pagine di un giornale. Frequenta il Corso post-Laurea in Comunicazione scientifica, organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, e inizia a scrivere per riviste specializzate e divulgative. Dal 1998 collabora in modo continuativo con il Corriere Salute, nel 2010 inizia a collaborare con Io Donna, il femminile del Corriere della sera, e nel 2016 inizia a scrivere per Sapere Salute. Ha scritto alcuni testi di Biologia per le scuole superiori, il volume “Mi spieghi dottore”, ma il suo sogno è scrivere un romanzo. Scherzosamente si definisce «giornalinga», un po’ giornalista… un po’ casalinga. Tra un articolo e l’altro, si dedica al marito Davide e ai figli Andrea e Sofia. Nel tempo libero ama fare sport, andare in bicicletta e, quando possibile, viaggiare. 

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