Troppo sale in tavola fa male al cuore


Non è certo una novità. O almeno non dovrebbe. Da anni ormai i medici, in particolare i cardiologi, non perdono occasione per ricordarci che il sale da cucina non fa bene alla salute. Ma…
Ormai, il fatto che l’assunzione giornaliera di una quantità eccessiva di sale sia correlata, a lungo andare, con un netto aumento del rischio di infarto e ictus dovrebbero saperlo anche i muri. Ma non è così.
Eppure le ricerche, in questo settore, non mancano. Per esempio, uno studio condotto recentemente ha dimostrato che bastano cinque grammi di sale in più al giorno rispetto al consumo quotidiano massimo raccomandato (5 grammi) per aumentare del 23 per cento il pericolo di ictus e del 17 per cento quello di malattia cardiovascolare.
In condizioni normali il nostro organismo elimina giornalmente da 0,1 a 0,6 g di sodio, quota che può arrivare, in condizioni particolari (sudorazione prolungata), fino a 3,5 grammi.
E, in linea di massima, il sodio contenuto naturalmente negli alimenti sarebbe già sufficiente a reintegrare tali quantità.
Pertanto il sale che aggiungiamo alle nostre pietanze (un cucchiaino di sale, che equivale a circa 5 grammi, contiene più o meno 0,4 grammi di sodio) risulta spesso superfluo.
E pure dannoso. Può infatti svolgere un’azione pro-infiammatoria, indurre stress ossidativo e un aumento della rigidità delle pareti arteriose, oltre che aumentare il volume del sangue.
Tutto ciò significa un innalzamento della pressione arteriosa e, di conseguenza, in un aumento della probabilità di incorrere in eventi vascolari a carico di cuore e cervello.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il fabbisogno giornaliero di sale del nostro organismo è di 2-3 grammi (circa un terzo di cucchiaino) mentre, in media, un adulto italiano ne ingerisce circa 10 grammi al giorno.
Un’abitudine davvero poco salutare se pensiamo che, come rivelano i dati del progetto MINISAL‐GIRCSI, se si riuscisse a ridurre di un cucchiaino il nostro apporto giornaliero di sale potremmo risparmiare ogni anno 67.000 infarti e 40.000 ictus.
Ma basterebbe anche diminuire di un solo grammo al giorno per garantire una drastica riduzione di tali eventi sfavorevoli.
Secondo alcune indagini, il sodio aggiunto come sale da cucina rappresenta soltanto il 36 per cento del totale giornaliero introdotto dagli italiani.
Della restante parte, il 10 per cento deriva dal contenuto naturale degli alimenti mentre la quota maggiore (54%) viene assunta con gli alimenti consumati fuori casa e con quelli trasformati, artigianali e industriali. E non sempre è segnalata nelle etichette nutrizionali.
Tra i prodotti trasformati della nostra alimentazione abituale la principale fonte di sodio è rappresentata da alimenti che comunemente non consideriamo “a rischio”: pane e prodotti da forno, crackers, grissini, ma anche biscotti, merendine, brioches e cereali da prima colazione.
Contengono più sale di quanto pensiamo e ne consumiamo tutti i giorni, in quantità più elevate rispetto a cibi che sono notoriamente salati e ai quali è più facile prestare attenzione, come insaccati, formaggi, conserve di pesce o patatine fritte.
Ecco la lista delle fonti alimentari in cui si nasconde il sodio.
Le abitudini, soprattutto quelle alimentari, non sono facili da modificare. Per ridurre la quantità di sale ingerita ogni giorno, però, si possono adottare alcuni semplici accorgimenti.