Gomito del tennista

Il cosiddetto “gomito del tennista” corrisponde a un’infiammazione che può colpire chiunque esegua movimenti ripetitivi con avambraccio, polso e mano.

Un dolore acuto, localizzato alla parte esterna del gomito, in un punto ben circoscritto, che insorge all’improvviso oppure in modo più graduale e che può estendersi all’avambraccio e alla mano. In genere diventa più intenso con i movimenti del braccio, di solito quelli eseguiti più di frequente sul lavoro, durante l’attività fisica o nella vita domestica. Nessun trauma evidente alla sua origine, né un’alterazione degenerativa dell’articolazione come, per esempio, un’artrosi.

È questa la modalità di presentazione tipica del “gomito del tennista”: si tratta di un disturbo osteoarticolare acuto, così chiamato nel linguaggio comune in relazione alla categoria di persone che colpisce in via preferenziale e in modo pressoché inevitabile almeno una volta nella vita, ma che può, in realtà, interessare chiunque usi il braccio, il polso e la mano in modo ripetitivo nel contesto delle mansioni più diverse, risultando, nella maggior parte dei casi, invalidante per alcuni giorni.

Non trascurare i sintomi d’esordio e trattare questa condizione dolorosa in modo appropriato è fondamentale non soltanto per attenuare il dolore e la limitazione dei movimenti nel più breve tempo possibile, ma soprattutto per evitare che il problema diventi cronico, con conseguenti fastidi a lungo termine, e per prevenire possibili complicanze che possono richiedere il ricorso alla chirurgia per essere risolte.

Che cos’è

Con il termine “gomito del tennista” si identifica un'infiammazione dei tendini che legano l’omero (l’osso principale della parte “alta” del braccio) al gomito, chiamati più precisamente tendini estensori dell’avambraccio. Non di rado, oltre all’infiammazione acuta, sono presenti anche microlesioni a carico delle fibre di uno o più di questi tendini, determinate dalla loro sollecitazione ripetuta, eccessiva o inadeguata.

Dal momento che i tendini contengono numerose terminazioni nervose, ogni infiammazione o danno strutturale (anche molto modesto) a loro carico si traduce in un dolore acuto, di norma abbastanza o molto intenso, al punto da impedire di muovere ulteriormente l’articolazione sulla quale quei tendini si inseriscono (nello specifico, il gomito).

Il termine medico per indicare il gomito del tennista è “epicondilite omerale” o “epicondilite laterale”. Talvolta, il termine “epicondilite” (usato per identificare il fenomeno infiammatorio) può essere sostituito da “epicondalgia”, dando più rilievo al sintomo (dolore) che all’infiammazione che lo determina.

Cause del gomito del tennista

Come accennato, all’origine del gomito del tennista ci sono un’eccessiva sollecitazione dell'articolazione, le ripetute microlesioni dei tendini che possono conseguirne (tendinopatia) e il fenomeno infiammatorio associato.

Dal punto di vista fisiopatologico, la tipologia di movimento a maggior rischio è quella che comporta la supinazione (ovvero la rotazione dell’avambraccio con il palmo della mano rivolto in avanti) e la pronazione (movimento opposto alla supinazione, che consente di volgere il palmo della mano verso il basso) ripetitiva ed energica dell’avambraccio, come accade durante i movimenti di rotazione verso l’esterno e verso l’alto dell’avambraccio e della mano tipici del colpo di “rovescio” del tennis, che rappresenta, in assoluto, il movimento più “critico” per l’epicondilo omerale, la protuberanza ossea dell’omero a livello del gomito. Tuttavia, tutte le attività che comportano una dinamica e/o uno sforzo analoghi possono portare all’insorgenza del dolore articolare.

Lo sviluppo di infiammazione e dolore è più probabile se il movimento, oltre che ripetuto, è anche associato a un sovraccarico (supinazione e pronazione dell’avambraccio mentre si ha in mano un oggetto pesante o si deve fare forza per spostare o girare qualcosa, come una pressa, un tubo d’acciaio o una chiave inglese) o a una sollecitazione rapida/violenta, come quella inevitabilmente connessa alle ribattute del tennis o, per esempio, al lancio del peso in atletica.

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Chi può soffrirne

Trattandosi di un disturbo infiammatorio acuto determinato da movimenti ripetitivi, in linea di principio chiunque esegua tali movimenti con un’intensità e per un tempo superiore alla capacità delle strutture articolari di sopportare le sollecitazioni meccaniche associate può essere interessato dal gomito del tennista. A prescindere dal sesso, dall’età e dalla specifica attività svolta.

Tuttavia, le persone che più spesso lamentano i sintomi della tendinopatia del gomito sono soprattutto adulti, indifferentemente uomini e donne, d’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Questo picco di incidenza non è casuale, dal momento che proprio in questa fase della vita i tessuti articolari iniziano a invecchiare e i tendini a diventare meno elastici (quindi, più sensibili alle sollecitazioni e più propensi ad andare incontro a micro-lacerazioni), mentre il livello medio di attività in ambito professionale, sportivo o domestico è molto elevato.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nella categoria degli sportivi non sono gli atleti professionisti o semi-professionisti a sviluppare più spesso il gomito del tennista, poiché la loro elevata preparazione tecnica, l’allenamento costante e ben condotto e, probabilmente, anche caratteristiche costituzionali favorevoli e uno stile di vita complessivamente sano (anche sul piano dell’alimentazione), li tutelano da infiammazioni acute e microlesioni a questo livello.

Come frequentemente accade nello sport, a patire maggiormente di danni e dolori muscoloscheletrici da movimento, come quelli associati all’epicondilite omerale, sono soprattutto i dilettanti, che compiono gesti imperfetti e poco ergonomici, sforzando i tendini più del necessario e spesso ben al di là delle loro potenzialità, considerate anche la pratica occasionale della specifica disciplina e la minore forza e massa dei muscoli che devono muovere e tenere in asse l’articolazione.

Relativamente alle attività sportive a rischio di indurre epicondilite omerale, oltre al tennis deve essere ricordato anche il golf: in questo caso il disturbo va ad aggiungersi al cosiddetto “gomito del golfista” o epitrocleite, un’ altra infiammazione del gomito molto comune in chi pratica questo sport. Inoltre, sono considerate attività a rischio anche la scherma, molteplici specialità di atletica leggera che prevedono il lancio di oggetti (peso, disco, giavellotto ecc.) e, più in generale, tutte quelle discipline che impongono movimenti di flesso-estensione e rotazione del gomito e del polso, ripetuti e di una certa intensità (compresi alcuni esercizi per le braccia che prevedono l’uso di pesi).

La tipologia di movimenti a rischio di indurre epicondilite omerale è eseguita molto comunemente anche da chi svolge attività professionali di tipo manuale come idraulici, carpentieri, meccanici, imbianchini, elettricisti, operai di precisione e orologiai, nonché per chi si occupa dei servizi di pulizia, macellai, casalinghe ecc. D’altro canto, non è immune dalla patologia neppure chi svolge lavori d’ufficio che impongono di digitare a lungo al computer, specie se viene mantenuta una postura che non permette di scaricare la tensione da spalle, avambracci e mani.

Fattori che favoriscono il gomito del tennista

In chi gioca a tennis in modo amatoriale o semi-professionale, alcune caratteristiche individuali, abitudini di gioco o errori banali nell’esecuzione dei movimenti o nella scelta dell’attrezzatura possono aumentare il rischio di sviluppare il gomito del tennista.

I principali comprendono:

- la presenza di una muscolatura debole a livello della spalla e del polso;

- una presa troppo stretta della racchetta e/o un manico piccolo rispetto alle dimensioni della mano;

- il fatto di colpire palle pesanti (per esempio, bagnate) e di farlo in modo impreciso (per esempio, con zone periferiche della racchetta), imponendo uno sforzo maggiore al gomito nella ribattuta;

- la mancanza di una fase di riscaldamento e stretching preliminare alla partita o all’allenamento in campo;

- il fatto di giocare a lungo o troppo intensamente dopo un periodo di pausa protratta, senza aver previsto una minima preparazione atletica.

Sintomi comuni e diagnosi

Come accennato, il sintomo principale dell’epicondilite omerale è il dolore sul lato esterno del gomito, che all'inizio si manifesta quando si preme sulla zona oppure quando si afferra un oggetto poiché è scatenato soprattutto dall’uso combinato dei muscoli della mano, del polso e del gomito. Dall’epicondilo, il dolore può estendersi alla parte centrale dell’avambraccio.

Se la malattia è legata al lavoro, il dolore è solitamente maggiore alla sera, mentre se è connesso all’attività sportiva di norma compare durante o dopo una partita o un allenamento, persistendo per un tempo variabile in relazione all’entità dell’infiammazione e dei microtraumi tendinei presenti.

Per avere la conferma diagnostica che si tratti di epicondilite omerale, è sufficiente una valutazione medica semplice e rapida, ma poco piacevole, che consiste nel sollecitare l’area tendinea infiammata con il cosiddetto “test di provocazione”. In sostanza, per eseguire il test il medico chiede al paziente di estendere il dito medio della mano mentre il braccio è disteso: se si prova dolore lungo il decorso del tendine dell’estensore comune significa che si soffre proprio di gomito del tennista.

Una manovra alternativa utilizzata dal medico per confermare la diagnosi consiste nel far sedere il paziente e nel fargli appoggiare gomito (flesso), avambraccio e mano (con palmo rivolto verso il basso) sul piano del tavolo, per poi posare la propria mano su quella del paziente e chiedere a quest’ultimo di sollevare la mano dal tavolo, piegando il polso ed esercitando una forza in opposizione. Se questo sforzo determina l’insorgenza di dolore tendineo, si tratta di gomito del tennista.

La cura del gomito del tennista

Per attenuare l’infiammazione e il dolore è in primo luogo necessario limitare o, preferibilmente, sospendere l’attività che può aver causato la tendinopatia, fintanto che i sintomi non sono completamente regrediti e non si prova più alcun fastidio a muovere il braccio.

Non si deve infatti avere fretta: per evitare di sperimentare nuovi episodi acuti a breve termine, è necessario lasciare tempo al tendine di auto-riparare le microlesioni causate dai movimenti ripetuti e di “rinforzarsi”, arrivando a una completa guarigione.

Sì quindi al riposo, ma non all’immobilità. È sempre bene aspettare qualche giorno e poi riprendere il movimento, facendosi seguire da un fisioterapista abilitato che suggerirà il giusto percorso riabilitativo e di allenamento.

Soprattutto nei casi di infiammazione e lesioni tendinee più significative, per proteggere il gomito da movimenti impropri che si possono involontariamente compiere nella vita quotidiana, è consigliabile avvalersi di un tutore: l’ortopedico o il fisiatra potranno indicare il modello e la taglia più appropriati caso per caso.

Un altro rimedio immediato molto utile e innocuo per ridurre i sintomi consiste nell’applicare ghiaccio o sacchetti refrigerati sul gomito, per periodi di 30-40 minuti, più volte al giorno e durante la notte, quando dolore e infiammazione appaiono più intensi. A riguardo, va ricordato di non applicare mai il ghiaccio direttamente sulla cute, ma di avvolgere sempre il sacchetto refrigerato in un panno morbido, per evitare ustioni da freddo.

Oltre a questi rimedi pratici, è poi possibile fare ricorso a comuni farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come l’ibuprofene, il ketoprofene, il diclofenac o il naprossene che possiedono un’azione sia analgesica sia antinfiammatoria, in modo da combattere l’infiammazione e il dolore che ne consegue. Ecco perché rappresentano i farmaci di riferimento per tutte le sindromi dolorose dell’apparato osteoarticolare, di natura traumatica o degenerativa.

Considerata la precisa localizzazione del dolore, i FANS da preferire in caso di gomito del tennista sono quelli per uso esterno. Si possono trovare sotto forma di crema o gel: in questo modo il principio attivo viene somministrato in loco e assorbito direttamente dove serve.

Ciò permette un’azione mirata del farmaco a livello del sito infiammato e dolorante, riducendo anche gli effetti collaterali dal momento che soltanto una minima quota di principio attivo antinfiammatorio raggiunge la circolazione generale.

L’unica importante avvertenza è quella di evitare l’esposizione al sole della parte trattata nei giorni di applicazione del FANS topico e nei 2 giorni successivi poiché questi farmaci sensibilizzano nei confronti dei raggi UV, facilitando lo sviluppo di eritemi (per evitare problemi, basta indossare una maglietta o una camicia a maniche lunghe).

Quando analgesici, antinfiammatori e la ginnastica riabilitativa non bastano, si può provare con il trattamento con onde d’urto oppure si possono effettuare infiltrazioni di cortisonici o acido ialuronico nella sede del dolore. Tuttavia, queste sono ovviamente soluzioni “estreme” che vengono prese in considerazione solo in seguito a visite accurate con uno specialista.

Inoltre, va segnalato che gli antinfiammatori steroidei devono essere usati soltanto in casi selezionati e con cautela perché possono indebolire i tendini e facilitarne la rottura. Soltanto per le manifestazioni più gravi e/o in caso di episodi ricorrenti va preso in considerazione l’intervento chirurgico.

Come prevenire le recidive

Dopo un primo episodio di epicondilite omerale, se non si interrompe pressoché definitivamente l’attività che l’ha indotto, è abbastanza probabile che il disturbo si ripresenti dopo un certo tempo.

Per prevenire recidive, è consigliabile sottoporsi a uno o più cicli di fisioterapia ed eseguire regolarmente a domicilio gli esercizi di mobilizzazione e rinforzo suggeriti dal fisioterapista, nonché ricordare di riscaldare i muscoli del braccio prima di ogni impegno sportivo.

Un semplice esercizio di mobilizzazione dei gomiti da fare a casa consiste nello stare in piedi, con le braccia all’altezza del torace e i gomiti leggermente flessi, tenendo tra le mani uno straccio o un piccolo asciugamano. Il canovaccio va strizzato prima in una direzione poi in un’altra, torcendo polsi e gomiti. L’esercizio va ripetuto 5-10 volte di seguito.

Per rinforzare i muscoli estensori e flessori del gomito, invece, lo stesso straccio/asciugamano va arrotolato su stesso (per trasformarlo in una specie di ampia corda) e, tenendone un’estremità in una mano e l’altra nell’altra, con le braccia all’altezza del torace si devono applicare forze contrapposte. Ossia: con una mano si deve tirare lo strofinaccio verso il busto piegando il gomito, mentre con l’altra mano bisogna spingere l’altra estremità dello strofinaccio e stendere il gomito, allontanando il braccio dal busto. Anche in questo caso l’esercizio va ripetuto 5-10 volte di seguito.

Una dieta equilibrata ha un ruolo certo nel tutelare la salute di tutto l’organismo e prevenire un numero consistente di patologie di varia natura, ma non può essere sfruttata in modo mirato per evitare di sviluppare il gomito del tennista. Nella seguente tabella sono elencati gli unici consigli che possono essere considerati validi:


Accorgimento Scopo
Assumere liquidi in abbondanza Garantire una perfetta idratazione dell’organismo e dei tessuti articolari
Garantire un adeguato apporto di vitamine e sali minerali Massimizzare l’efficienza del lavoro muscolare
Assumere composti antiossidanti Contrastare l’invecchiamento dei tessuti (compresi tendini e cartilagini)

Quando consultare il medico

La salute del gomito non va mai trascurata perché si tratta di un’articolazione delicata e indispensabile per eseguire moltissime attività quotidiane: l’impossibilità a utilizzarla agevolmente può comportare una seria riduzione dell’autonomia e della qualità di vita. Ciò vale anche per un disturbo apparentemente banale come il gomito del tennista, una patologia spesso legata all’usura dell’articolazione, conseguente ad anni di attività, che purtroppo può essere accompagnata da dolore e da una cronicizzazione del danno.

È quindi sempre opportuno farsi visitare da un medico per evitare inutili complicanze e intraprendere la strada più giusta per un recupero totale.

Se viene sottovalutato e persistono le cause che lo hanno provocato, infatti, il dolore tende a diventare progressivamente più intenso, fino a causare una notevole compromissione funzionale a carico dell’intero braccio e della mano. Inoltre, con il tempo, possono subentrare complicanze come emorragie articolari (molto dannose per l’intera articolazione), calcificazioni, formazione di escrescenze ossee (osteofiti) sull’epicondilo e, cosa più rilevante, degenerazione dei tendini.

Per risolvere efficacemente l’episodio acuto ed evitare queste sequele articolari irreversibili è raccomandabile rivolgersi al medico fin dal primo episodio di dolore acuto al gomito: ciò permetterà di ottenere una diagnosi precisa (escludendo altre possibili patologie all’origine del dolore) e consigli competenti su come gestire la situazione con rimedi “domestici” (ghiaccio, riposo ecc.) e, soprattutto, con i farmaci antinfiammatori e analgesici del caso.

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