Disturbi di masticazione: le diverse tipologie

Masticare, in alcuni casi, può comportare fastidi e dolori. E non sempre il problema è limitato al cavo orale.

La masticazione è il primo step della digestione: comincia in bocca, e chiama in causa diverse strutture. Il cibo viene mantenuto (dai muscoli delle guance e dalla lingua) tra i denti, dove viene spezzettato e triturato grazie ai movimenti di apertura e chiusura dell’articolazione temporo-mandibolare, azionata dai muscoli masticatori. La saliva, grazie agli enzimi in essa contenuti, ne comincia la degradazione e la lingua crea una sorta di “impasto” che poi, attraverso la deglutizione, viene inviato allo stomaco dove continua il processo digestivo.

Proprio in considerazione della complessità e delle numerose strutture coinvolte nell’atto masticatorio, è facile comprendere come molteplici fattori possano ostacolarlo, determinando specifici disturbi.

«Con il termine “disturbo di masticazione” si indica una difficoltà nella triturazione del cibo; spesso però vengono considerati tali anche tutti quei disturbi legati a una malocclusione, cioè un’occlusione dentale non corretta» spiega Tullio Toti, Responsabile clinico Gnatologia della Smart Dental Clinic del Gruppo ospedaliero San Donato e Direttore Medico dell’Unità di odontoiatria della Clinica San Carlo di Paderno Dugnano (Milano).

«Quando entra in gioco l’occlusione, cioè il modo in cui i denti vengono in contatto, sarebbe più corretto parlare di disturbi di deglutizione, perché quando si mastica i denti in realtà non si toccano, per via della frapposizione del cibo; il contatto fra i denti avviene invece quando si deglutisce, anche solo la saliva, movimento che per altro compiamo in media una volta al minuto, in maniera automatica anche durante il sonno» sottolinea lo specialista.

Fatta questa precisazione, vediamo, quindi, le principali tipologie di disturbi masticatori in relazione, in particolare, alle cause che li determinano.

Disturbi di masticazione: quali possono essere le cause?

«I disturbi possono essere dovuti a cause intraorali, cioè inerenti la bocca, oppure possono dipendere da fattori esterni ad essa (extraorali)» anticipa Toti.

Tra i fattori intraorali rientra innanzitutto un disordine nella distribuzione dei denti, causato da:

  • la mancanza di uno o più elementi dentari, magari in seguito a un’estrazione senza un successivo intervento di implantologia, oppure in conseguenza di una malattia come la parodontite, non adeguatamente trattata
  • una protesi sbagliata, ad esempio troppo alta da un lato
  • un allineamento non ideale dei denti definitivi, non corretto da interventi di ortodonzia.

Ovviamente, anche se i denti sono distribuiti correttamente e ci sono tutti, la presenza di problemi dentali (carie, pulpiti, ipersensibilità ecc.) e/o alle gengive (parodontite), può comunque interferire causando dolore durante la masticazione.

Anche uno scorretto posizionamento della lingua all’interno del cavo orale, per esempio perché troppo grande rispetto alla bocca o, al contrario, troppo piccola o per movimenti disfunzionali frutto di cattive abitudini, può determinare una malocclusione, ostacolando deglutizione e masticazione.

Ci può inoltre essere uno squilibrio, per forma e/o dimensione, tra la mandibola e la mascella, le due ossa del cranio che ospitano le arcate dentarie (la mandibola quella inferiore, mentre la mascella quella superiore): di conseguenza, per esempio, un’arcata può trovarsi in posizione avanzata rispetto all’altra e quindi impedire ai denti di toccarsi correttamente. Oppure, una base ossea può essere troppo piccola e di conseguenza si verifica un “sovraffollamento” degli elementi dentari che, non trovando sufficiente spazio, crescono in modo storto e disordinato.

«Uno squilibrio tra le basi ossee può avere anche cause extraorali ed essere connesso, in particolare, ad alterazioni dello sviluppo posturale» sottolinea Toti.

L’assunzione di posture corrette, da fermi o in movimento, dipende dal sistema neuromuscolare: il cervello, una volta ricevuti specifici segnali dall’esterno, li elabora e li trasforma in comandi che invia, attraverso il sistema nervoso, ai muscoli in modo da assumere una determinata postura. Tali segnali arrivano, per esempio, dai piedi, dall’orecchio, dagli occhi, ma anche dalla mandibola; esiste infatti una stretta connessione tra il sistema cranio-mandibolare (detto anche stomatognatico) e il resto dello scheletro e gli altri apparati muscolari.

«Problemi di appoggio dei piedi, come un piede piatto o un piede cavo, possono quindi determinare atteggiamenti della postura che, soprattutto nella fase di crescita, possono indurre il sistema masticatorio a una malocclusione» esemplifica lo specialista. «Allo stesso modo, anche un’errata sinergia dei muscoli che controllano il movimento degli occhi (come nel caso della eteroforia, detta anche strabismo latente) può finire per influire negativamente sulla masticazione».

Tra i fattori che possono incidere negativamente sulla masticazione, ma non propriamente interni alla bocca, va anche ricordato il bruxismo, una condizione, generalmente imputata a fattori psicologici, che porta a digrignare e/o serrare con forza i denti durante il sonno; la prima e più diretta conseguenza della pressione e del digrignamento sono il deterioramento e l’usura degli elementi dentali, cui si associano anche una tensione dei muscoli masticatori e uno stress a carico dell’articolazione temporo-mandibolare.

Del resto, il dolore durante la masticazione può dipendere sostanzialmente da qualsiasi disturbo a carico dell’articolazione temporo-mandibolare, comprese forme di artrosi. Non solo: poiché i muscoli masticatori sono innervati dal trigemino (il quinto nervo cranico, che innerva il viso), anche un’infiammazione dello stesso può determinare la comparsa di forte dolore mentre si mastica, così come la presenza di malattie a carico delle ghiandole salivari (come calcoli o forme tumorali).

Ricordiamo, infine, tra le patologie extraorali che possono provocare sintomi anche masticatori, l’arterite a cellule giganti di Horton, una vasculite che colpisce in particolare le grandi arterie della testa e del collo, soprattutto quelle temporali, che irrorano di sangue i muscoli della mandibola: chi ne è colpito, oltre ad avvertire un forte mal di testa, può sviluppare la cosiddetta claudicatio masticatoria, con dolore e stanchezza alla mandibola quando mastica.

Conseguenze di una cattiva masticazione

Dolori e difficoltà a masticare portano, innanzitutto, a una cattiva digestione, associata ad altri sintomi gastrointestinali, dall’aerofagia al meteorismo, per esempio. Il cibo, infatti, non viene sminuzzato accuratamente e, quindi, aumenta la quantità d’aria ingerita con esso.

Non solo. I muscoli masticatori sollecitati in modo anomalo si infiammano, determinando una sensazione dolorosa mentre si mangia a livello di guance, tempie, fronte e intorno all’orecchio (si possono avvertire anche vertigini e acufeni). Il dolore, attraverso una sorta di reazione a catena chiamata “sindrome discendente”, si irradia anche ai muscoli del collo e delle spalle, provocando cefalee muscolo-tensive e cervicalgie, raggiungendo, a volte, anche la parte lombare della schiena.

Se disturbi all’articolazione temporo-mandibolare possono ripercuotersi sulla masticazione, vale anche il contrario: con problemi di occlusione l’articolazione si destabilizza, si infiamma, si possono avvertire rumori e “click” quando si mastica e, se i legamenti articolari sono particolarmente cedevoli, si rischia anche una possibile lussazione e il blocco della mandibola.

Come abbiamo già avuto modo di dire, inoltre, il sistema stomatognatico è connesso al sistema posturale e, se è vero che atteggiamenti posturali sbagliati possono influire negativamente sull’occlusione e sulla masticazione, viceversa, anche disturbi masticatori/deglutitori dovuti a cause intraorali, a lungo andare, se non corretti possono ripercuotersi negativamente sulla postura.

Disturbi di masticazione nei bambini

La masticazione è una competenza che si acquisisce gradualmente nei primissimi anni di vita del bambino, in genere a partire dai 6 mesi (periodo in cui mediamente cominciano a fare la loro comparsa i primi denti da latte) fino ai sei anni, ed è fondamentale anche per la definizione della struttura della bocca, poiché favorisce lo sviluppo dei muscoli del viso e permette la crescita armonica delle ossa del cranio.

Il tipo di alimentazione e anche la presenza di alcuni atteggiamenti (succhiarsi il pollice, usare a lungo biberon e ciuccio) possono, però, interferire con il corretto apprendimento masticatorio e tradursi, nel tempo, in veri e propri disturbi occlusali.

«Oggi nei bambini si assiste in generale a una diminuita attività masticatoria, perché rispetto al passato si tende a dare loro cibi dalla consistenza più morbida, che non richiedono una prolungata masticazione, tanto che spesso i denti da latte risultano “nuovi” o comunque poco usurati quando vengono sostituiti dai definitivi. Ma se si mastica poco, il sistema stomatognatico non viene stimolato e quindi non si sviluppa completamente: il palato, per esempio, non si allarga a sufficienza e questo può determinare nel tempo una discrepanza tra le basi ossee e quindi una malocclusione» spiega lo specialista.

Anche l’abitudine a spingere la lingua contro i denti è deleteria. Se, infatti, è normale che i lattanti deglutiscano spingendo in avanti la lingua, quando il bimbo cresce, questa dovrebbe essere posizionata in un punto appena dietro il palato (spot palatino). Se ciò non avviene (si parla di deglutizione atipica), la lingua, premendo contro i denti, interferisce con la loro crescita e il loro corretto allineamento, ostacolando la masticazione, ma favorendo anche disturbi del linguaggio a causa di una non corretta fonazione, ovvero l’articolazione dei suoni, che dipende proprio dai diversi atteggiamenti assunti dalla lingua, oltre che dalle labbra e dal palato molle.

Una visita dal dentista specialista in gnatologia (la branca dell’odontoiatria che si occupa dello studio e della cura del sistema stomatognatico e delle funzioni da esso svolte), in età prescolare, può quindi essere utile anche in un’ottica di prevenzione. Non solo perché un problema masticatorio, in virtù del collegamento tra sistema stomatognatico e resto dello scheletro, potrebbe avere ricadute anche posturali (l’incontro tra i denti nell’occlusione fa da stop alla mandibola e ne permette il posizionamento in rapporto al cranio) ma anche perché, proprio in età infantile, si cominciano a manifestare alterazioni dello sviluppo posturale (piedi piatti o cavi o eteroforie) che, come visto, sono possibili cause extraorali di disturbi di masticazione.

Come si fa la diagnosi

Il medico di riferimento per i disturbi di masticazione è l’odontoiatra specialista in gnatologia che spesso lavora in équipe con altri specialisti (per esempio il fisiatra, l’ortottista, il logopedista ecc.).

«La visita non può prescindere da un colloquio approfondito con il paziente, la raccolta dell’anamnesi e valutazione dei sintomi, che possono essere molto diversi da caso a caso» spiega Toti. «Quindi, prima di osservare l’interno della bocca è sempre opportuno procedere con test posturali, per rilevare i dati antropometrici della postura e rivalutarli dopo aver “escluso” dal sistema le arcate dentarie (test di Meersseman): il confronto dei risultati di questi rilievi permette di capire se c’è un problema posturale e se è connesso o meno all’occlusione dentale. Per poter rilevare eventuali squilibri si ricorre anche alla pedana stabilometrica, uno strumento elettronico che permette di eseguire varie misurazioni in grado di indicare se vi sia o meno presenza di problematiche di natura neuromuscolare, con conseguente adattamento posturale di compenso».

Si esamina poi la bocca, controllando come e quanto si apre e lo stato dei denti ed eseguendo, in genere, anche radiografie dell’articolazione temporo-mandibolare. «Si può ricorrere anche a TAC o a una risonanza magnetica, a bocca chiusa e in massima apertura, la prima per controllare le strutture ossee, la seconda per valutare le parti molli. Spesso, inoltre, si esegue un’elettromiografia, per valutare la funzionalità dei muscoli masticatori e il grado di tensione» aggiunge l’esperto.

Le possibili soluzioni

La terapia dei disturbi di masticazione è ovviamente legata alle cause scatenanti. Se c’è un fattore extraorale, per esempio un problema di appoggio plantare, toccherà al fisiatra o all’ortopedico mettere a punto un trattamento specifico, per esempio ricorrendo a fisioterapia ed esercizi specifici/o all’uso di plantari appositi.

«A livello della bocca, gli interventi possono essere molto diversi a seconda delle cause del disturbo di masticazione» spiega lo specialista. «Per riequilibrare i rapporti tra le arcate e/o in presenza di disordini all’articolazione, per esempio, si interviene in genere con un bite realizzato su misura, vale a dire una sorta di placca in resina da portare, in genere su una sola arcata, per alcuni mesi (in alcuni casi 24 ore su 24, in altri solo di notte)».

Se occorre raddrizzare gli elementi dentali, possono essere indossati specifici apparecchi di ortodonzia, fissi o mobili (funzionali). Può anche essere necessario ricorrere a interventi di chirurgia orale (se per esempio bisogna rimuovere un dente del giudizio che non riesce a spuntare correttamente e così facendo innesca reazioni muscolari di difesa) e all’implantologia per ovviare a elementi mancanti o a protesi errate.

Problemi dentali e/o alle gengive, infine, possono richiedere interventi di endodonzia (trattamento delle affezioni che colpiscono la radice e la polpa interna del dente) o di parodontologia (il trattamento dei problemi a carico del parodonto, l’insieme dei tessuti che circondano i denti).

Valeria Ghitti
Valeria Ghitti
Nata sulle sponde bresciane del lago d’Iseo con la passione per il giornalismo nelle vene, comincia, nell’estate del 2000, freschissima di diploma al liceo classico, a muovere i primi passi nella redazione di un service giornalistico milanese, e a collaborare così con testate nazionali femminili e di salute. Nello stesso periodo inizia il percorso universitario in Scienze della comunicazione a Trieste, che prosegue parallelamente al lavoro. Diventata giornalista pubblicista nel 2003, porta avanti collaborazioni con numerose testate della carta stampata, per lo più settimanali e mensili a tiratura nazionali, ma anche testate online e radiofoniche, occupandosi di salute (dall’alimentazione alla sessualità, dalla medicina al benessere, alla psicologia), divulgazione scientifica, bellezza, ambiente, stili di vita e gossip. Negli anni affianca all’attività giornalistica quelle di ufficio stampa (soprattutto nell’ambito turistico, della cultura e dello spettacolo), di correttrice di bozze, di ghostwriter e di web content editor e, più recentemente, quella di mamma. Freelance praticamente da sempre e ormai a un passo dalla laurea, dal 2016 può annoverare tra le sue collaborazioni anche quella con SapereSalute.it

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