Come togliere un tatuaggio: le tecniche disponibili

Dire addio a un tattoo è possibile: oggi il metodo più utilizzato è il laser.

Dal simbolo tribale alla frase in caratteri cinesi, fino al disegno che rappresenta un evento importante della nostra vita. Le possibilità di scelta per chi vuole tatuarsi sono veramente infinite, ma non sono pochi coloro che, subito dopo averlo fatto o a distanza di tempo, se ne pentono. Sembra che in Italia, su sette milioni di persone con uno o più tatuaggi, uno su tre vorrebbe cancellarlo.

Ritornare sui propri passi oggi è possibile, a patto di essere disposti ad avere un po’ di pazienza. È importante però ricordare che il risultato è soggettivo e dipende da variabili come il tipo di pelle, la dimensione del tattoo, la sua collocazione sul corpo e la presenza o meno di colore.

Le tecniche di rimozione sono molte e la scelta varia da caso a caso. Il consiglio è quello di consultare sempre un esperto (dermatologo o medico esperto di medicina estetica) che possa valutare il tipo di pelle, la pigmentazione e il suo stato di salute e le caratteristiche del tatuaggio, in modo da consigliare l’intervento più adatto ed efficace.

Il laser

È di gran lunga la tecnica più utilizzata e prevede di “bombardare” il tatuaggio con radiazioni luminose a lunghezza d’onda diversa in base al colore da rimuovere. Le radiazioni sono infatti assorbite dal pigmento, che si frammenta e può essere attaccato con più facilità dai macrofagi, “cellule-spazzino” che rimuovono le particelle di inchiostro.

I colori più semplici da rimuovere sono il nero e il blu, mentre tra i più complessi troviamo il rosso, il verde e il giallo, che invece di scomparire potrebbero virare in altre tonalità.

Oggi esistono due modalità:

  • il laser Q-switched, che è in grado di rimuovere anche le macchie cutanee e di favorire il ringiovanimento cutaneo
  • il picolaser, più veloce e potente.

Il primo permette di “sbiancare” a poco a poco tatuaggi e imperfezioni della pelle e concentra i suoi fasci di luce nell’arco dei nanosecondi. Il picolaser, come suggerisce il nome, utilizza invece impulsi mille volte più brevi di un nanosecondo (i picosecondi appunto), riuscendo a liberare una maggiore quantità di energia. Per questo i trattamenti con picolaser hanno una durata più breve rispetto a quelli con laser Q-switched.

Il numero di sedute per la rimozione di un tattoo varia normalmente dalle 3 alle 12 in base alle caratteristiche del tatuaggio stesso e alla tecnologia utilizzata. Inoltre, è bene sapere che nel caso dei fumatori le sedute diventano più numerose; il tabacco ha infatti un effetto immunodepressivo sulle cellule del corpo coinvolte nel processo di rimozione, che può essere quindi più lento.

Per quanto riguarda il tipo di tatuaggio, sono più facili da rimuovere quelli più “vecchi” e quelli eseguiti con una decorazione amatoriale rispetto a una professionale (in cui il pigmento è situato più in profondità e il colore è più denso). Anche la posizione è importante: un tattoo sul tronco è più facile da trattare rispetto a quelli sugli arti, in quanto sono zone più soggette a problemi circolatori e che dunque vanno trattate con maggior cura.

Normalmente la seduta non è dolorosa, anche perché prima del trattamento viene applicata una crema anestetica sull’area interessata.

La laserterapia di solito non lascia cicatrici, anche se, come ogni procedura chirurgica, anche la rimozione di un tatuaggio porta con sé il rischio di alcuni effetti collaterali. Le persone predisposte alla formazione di cicatrici ipertrofiche o cheloidi, per esempio, hanno una percentuale più elevata di non ottenere una pelle perfettamente pulita. Per questo motivo prima di decidere di sottoporsi a un intervento di questo tipo è meglio programmare una visita con un esperto per valutare il proprio caso.

Finché non è terminata la rimozione del tattoo è sconsigliato esporsi al sole. E anche una volta rimosso è necessario usare una crema con un’alta protezione solare per proteggere la pelle dai raggi Uv durante le prime uscite all’aria aperta. Tra una seduta e l’altra devono passare alcuni giorni o settimane perché la pelle tende ad arrossarsi e possono comparire delle croste.

Per facilitare questo processo, al termine di ogni seduta la parte di pelle interessata dal tatuaggio da rimuovere è coperta da una garza con una crema antibatterica.

Le tecniche alternative

Tra le tecniche utilizzate per rimuovere i tatuaggi prima dell’avvento del laser era diffusa la dermoabrasione, che consiste nel raschiare lo strato più superficiale della pelle, grattando via il colore con uno strumento a spazzola.

Si tratta di una pratica ormai in gran parte superata per via del dolore durante e dopo la procedura e della conseguente ferita, che può richiedere cure fino a dieci giorni dopo l’intervento. Il rischio cicatrici, inoltre, è molto alto.

Altra tecnica in via d’estinzione per la rimozione dei tattoo è la crioterapia, per la quale viene solitamente utilizzato azoto liquido a -200°C.

A queste si aggiunge il peeling chimico: consiste nell’applicazione di agenti chimici sul tatuaggio che causano la formazione di vesciche che provocano il distacco della pelle. Anche in questo caso potrebbero rimanere lesioni sulla cute. Innescando un processo infiammatorio, inoltre, provoca gonfiore e arrossamento.

Nel caso di piccoli tatuaggi è possibile ricorrere alla rimozione chirurgica della parte interessata. Si tratta di un intervento in anestesia locale che prevede l’asportazione del frammento di derma con l’inchiostro. I due lembi di pelle sono poi ricuciti (intervento che porta con sé una cicatrice visibile).

Prima dell’avvento dei laser di ultima generazione, per la rimozione dei tatuaggi si usava la luce pulsata, tecnica attualmente utilizzata per l’epilazione. Per questo motivo anche chi si sottopone a depilazione permanente dovrebbe affidarsi a uno specialista che si assicuri di non sbiadire il tatuaggio durante la seduta.

Un’attenzione particolare va riservata ai tatuaggi sul viso e in particolare a quelli cosmetici, come per esempio le sopracciglia. Lo zinco e l’ossido di titanio contenuti in questo tipo di decorazioni rende pericoloso l’uso del laser Q-switched, che potrebbe annerire l’area. Per questo si consiglia di optare per un’altra tecnica, oppure di valutare la reazione della cute su una piccola zona.

Per modificarlo, senza eliminarlo

Per chi non vuole rimuovere il tatuaggio, ma solo modificarlo, viene in soccorso la tecnica del "cover up". In questo caso la prima cosa da appurare è l’abilità del tatuatore, che deve infatti coprire o fare un restyling del vecchio disegno.

Un’altra alternativa alla rimozione è il filler, un tatuaggio di piccolissime dimensioni che si inserisce tra altri due fungendo da riempitivo. In questo caso non muta ciò che già esiste, ma può essere d’aiuto per completare un disegno o svecchiare un tattoo fatto anni prima e di cui vi siete stufati.

Il decalogo della rimozione

L’Aicpe, l’Associazione italiana di chirurgia plastica estetica, ha diffuso un decalogo contenente le informazioni da conoscere prima di decidere di rimuovere un tattoo.

  1. Rivolgersi solo a professionisti esperti del settore in grado di valutare le tecniche e gli strumenti più idonei
  2. Rimuovere un tatuaggio è un processo lungo che richiede molte sedute e non è economico
  3. Non è possibile sapere in anticipo quante sedute si dovranno fare per cancellare il tatuaggio
  4. La durata di ogni singola seduta dipende dalla superficie del tatuaggio da cancellare (per un tattoo di 4 centimetri occorrono circa dieci minuti)
  5. Il laser non sempre cancella del tutto il tatuaggio (dipende da profondità, densità e pigmento). Si parla in questo caso di “fantasma del tatuaggio”, una specie di ombra che può restare sulla pelle per alcuni anni o anche per sempre
  6. Prima di togliere tatuaggi cosmetici di colore rosa, marrone o arancio su labbra e sopracciglia fare un test su piccole aree
  7. Il paziente può interrompere la rimozione consapevole però che il lavoro non è completo
  8. Il trattamento con il laser Q-S è doloroso. Per questo si usa una crema anestetizzante
  9. La rimozione è più problematica per chi ha la pelle scura, meno per i soggetti chiari. Per questo motivo bisognerebbe evitare di esporsi al sole o utilizzare lampade abbronzanti nel periodo precedente l’inizio del trattamento (oltre che tra una seduta e l’altra)
  10. Dopo il trattamento si formano sulla pelle delle bollicine: l’indicazione è di usare pomate antibiotiche.

Michela Perrone
Michela Perrone
Piemontese di nascita e milanese di adozione, inizia a scrivere durante gli anni del liceo e non smette più. Giornalista pubblicista dal 2010, ha frequentato la facoltà di Scienze della Comunicazione sotto la Mole e un master in Comunicazione della Scienza alla Sissa di Trieste, unendo così la passione per la scrittura a quella per le materie scientifiche. Nel 2015 ha vinto la borsa di studio Monica Andreucci (promossa dalla Fondazione Bracco e dall’Unamsi, l’Unione Nazionale Medico Scientifica d’Informazione) per il giornalismo scientifico. Ha collaborato come freelance per diverse testate nazionali e per alcune agenzie di comunicazione scientifica. Negli ultimi anni si è appassionata al mondo video, lavorando in ambito multimediale con gruppi editoriali che si occupano di scolastica. Lettrice vorace e buona forchetta, è alimentata da un’instancabile curiosità verso il mondo che ha la fortuna di poter soddisfare con il suo lavoro, oltre che nel tempo libero.

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