Colesterolo: perché va tenuto sotto controllo

Se ne parla spesso quando si nominano infarto e ictus. Ecco perché bisogna evitare che ce ne sia troppo.

Il colesterolo è un lipide steroideo molto importante per l'organismo. È, infatti, un componente delle membrane cellulari, di cui regola la fluidità e la permeabilità.

È contenuto nell'emoglobina e nei sali biliari ed è il precursore della vitamina D e degli ormoni steroidei maschili e femminili, come il testosterone e il progesterone.

È particolarmente abbondante nel cervello, nella bile e nel sangue. Ma alcune delle forme presenti proprio nel sangue possono essere un grande nemico della salute: l'ipercolesterolemia, cioè livelli di colesterolo “cattivo” troppo alti, è un potente fattore di rischio cardiovascolare, nel senso che aumenta la probabilità di andare incontro a un infarto.

Quello buono e quello cattivo

Soltanto il 10-20% del colesterolo presente nel nostro sangue proviene dall'alimentazione. Per lo più, infatti, è prodotto dall'organismo, soprattutto nel fegato.

Essendo una molecola lipidica non è solubile nell'acqua e il suo trasporto nel sangue, che è una soluzione acquosa, può avvenire soltanto grazie al legame con le cosiddette apolipoproteine.

Da questa associazione derivano tre tipi diversi di lipoproteine: le HDL (high density lipoprotein), le LDL (low density lipoprotein) e le VLDL (very low density lipoprotein).

La funzione di queste ultime non è ancora ben nota, mentre è noto che le HDL trasportano il colesterolo dai tessuti verso il fegato, dove viene demolito, e le LDL permettono il percorso dal fegato verso i tessuti.

Durante il tragitto le LDL, che hanno un'alta affinità per la parete delle arterie, possono favorire il deposito del colesterolo. Ciò dà luogo alla formazione di ispessimenti, le placche aterosclerotiche o ateromi, che riducono il diametro delle arterie, ostacolando il flusso del sangue.

Viceversa le HDL rimuovono il colesterolo in eccesso. Per questo motivo si parla di colesterolo buono (HDL) e di colesterolo cattivo (LDL). Ciò che è veramente importante non è, quindi, avere bassi livelli di colesterolo totale, ma un buon livello di colesterolo HDL, in modo da diminuire la probabilità di formazione delle placche.

Se vuoi sapere quanto esattamente conta la dieta nel controllo del colesterolo ascolta l'intervista al cardiologo di Saperesalute Claudio Panciroli.

Quanto conta nell’infarto

Quando un’arteria, a causa dell’aterorosclerosi, non riesce più a trasportare il sangue come dovrebbe le zone del corpo a valle di quel vaso rimangano senza ossigeno e sostanze nutritive.

Se l’arteria che si restringe è una di quelle che portano il sangue al cuore il rischio di andare incontro a un infarto o all’angina pectoris si impenna.

Il livello di gravità della situazione è misurato dal cosiddetto indice di rischio cardiovascolare (IRC), cioè il rapporto tra colesterolo totale e HDL. Negli uomini tale valore deve essere minore di 5, mentre nelle donne il limite massimo è 4,5. Tutti i fattori che aumentano il colesterolo HDL sono, perciò, positivi, anche se si accompagnano a un aumento del colesterolo totale.

Tuttavia, i livelli di HDL e LDL non devono essere ritenuti la causa primaria dell’occlusione di un’arteria. Questi eventi, infatti, prevedono lo sviluppo di un'infiammazione della parete delle arterie che richiama i linfociti, che, a loro volta, promuovono il deposito del colesterolo e delle altre sostanze che formano le placche.

Né, tantomeno, si deve cadere nell'errore di ritenere che il colesterolo sia l'unico responsabile delle malattie cardiovascolari: fumo, ipertensione, sovrappeso, sedentarietà e diabete sono altri importanti fattori di rischio.

È, però, chiaro che mantenere sotto controllo l'IRC contribuisce ad abbassare di parecchio il rischio di una malattia cardiocircolatoria.

Una predisposizione genetica, l'avanzare dell'età o una dieta troppo ricca in alimenti ad alto contenuto di colesterolo possono far aumentare in modo preoccupante i valori di IRC. In queste situazioni soltanto un'alimentazione equilibrata, la diminuzione del sovrappeso, una regolare attività fisica aerobica ed, eventualmente, l'uso di farmaci possono aiutare a riportare l'IRC al di sotto dei valori di allerta.

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Silvia Soligon
Silvia Soligon
Romana di adozione, è nata a Milano, dove ha conseguito la laurea in Scienze biologiche e il dottorato di ricerca in Scienze genetiche e biomolecolari. Ha poi continuato a lavorare nell’ambito della ricerca scientifica prima all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara, poi all’Università “La Sapienza” di Roma.   Nella capitale ha proseguito il suo percorso formativo con un master in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata. Sempre a Roma si è specializzata nell’ambito del giornalismo e della comunicazione scientifica, conseguendo il master “Le scienze della vita nel giornalismo e nelle politiche istituzionali” dell'Università "La Sapienza".    Iscritta all'Ordine nazionale dei Biologi e all'Ordine dei giornalisti è socia di Unamsi (l’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione). Dal 2008 collabora con diverse testate giornalistiche e siti web per la produzione di contenuti riguardanti tematiche medico-scientifiche. Musica e cibo sono le sue grandi passioni. Oggi divide il suo tempo tra la scrittura, il lavoro di nutrizionista e i concerti.

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