Allergie ai farmaci: come riconoscerle e come aggirarle

Poco frequenti, ma rischiose, le allergie ai farmaci sono reazioni individuali imprevedibili che non devono essere sottovalutate.
 
Fortunatamente sono rare. Ma sfortunatamente, nei pochi casi in cui si manifestano, le allergie e le reazioni da ipersensibilità ai farmaci possono rappresentare un problema di una certa importanza: non soltanto per i possibili inconvenienti immediati più o meno severi conseguenti alla reazione immunitaria anomala, ma anche perché precludono la possibilità di assumere nuovamente il principio attivo che ha causato l'allergia e tutti i composti con una struttura molecolare o un meccanismo d'azione simili.

Ciò significa che una persona allergica a un farmaco vede ridursi il ventaglio di opzioni terapeutiche utilizzabili per trattare disturbi comuni o malattie specifiche, potendo trovarsi anche in estrema difficoltà a individuare alternative valide e sicure se i principi attivi che hanno determinato la sensibilizzazione sono più di uno o se non esistono molecole ben tollerate con caratteristiche diverse in grado di determinare l'effetto terapeutico necessario.

Perché un farmaco può dare allergia?

Come ogni altra sostanza presente nell'ambiente, anche i principi attivi dei farmaci o, più raramente, i loro eccipienti possono comportarsi da agenti sensibilizzanti o da veri e propri allergeni dopo essere stati inalati, ingeriti, instillati, iniettati in vena, intramuscolo o sottocute oppure applicati sulla pelle o sulle mucose.

Questa eventualità è sempre presente, seppur con un diverso grado di probabilità per i diversi preparati, nonostante tutti i medicinali siano sviluppati nell'ottica di renderli il più possibile tollerabili e siano testati su migliaia di persone prima dell'autorizzazione all'introduzione in commercio per verificarne la sicurezza su tutti i fronti, compreso quello immunologico (uno dei principali ai quali si fa attenzione).

Ciò accade perché la reazione allergica che può manifestarsi in una minoranza di persone non dipende dal farmaco in sé, ma dalla risposta immunitaria individuale, sostanzialmente imprevedibile prima che il farmaco sia assunto per la prima volta.

Una reazione allergica a un farmaco, peraltro, può anche instaurarsi dopo anni di uso sereno dello stesso medicinale o di medicinali simili, anche in questo caso in seguito a un'attivazione anomala e imprevedibile del sistema immunitario.

In aggiunta a avere e proprie allergie, i farmaci possono dar luogo a reazioni di ipersensibilità, legate non alle loro caratteristiche molecolari e alla produzione delle immunoglobuline tipiche dell'allergia (IgE) o all'attivazione di altri meccanismi immunitari (allergia non-IgE mediata), ma al meccanismo d'azione del farmaco stesso. Questo fenomeno è abbastanza comune tra gli utilizzatori di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), soprattutto in caso di terapie ad alto dosaggio o prolungate.

Nello specifico dei FANS l'ipersensibilità, che si manifesta principalmente con esantema cutaneo pruriginoso od orticaria più o meno estesa e a localizzazione variabile, è secondaria all'inibizione delle ciclossigenasi 1 e 2 (COX 1 e 2), gli enzimi che trasformano l'acido arachidonico in prostaglandine e trombossani, le principali sostanze che innescano e sostengono l'infiammazione.

Mentre spengono l'infiammazione e il dolore grazie al blocco delle COX 1 e 2, i FANS fanno aumentare indirettamente la quantità di acido arachidonico e la produzione dei leucotrieni, composti coinvolti sia nell'infiammazione sia nella risposta allergica mediata dall'istamina. Nei soggetti sensibili, ciò può mimare una risposta allergica.

Oltre ad antibiotici e FANS, tra i farmaci che possono dare più spesso reazioni allergiche o da ipersensibilità ci sono:

  • antipsicotici
  • antidepressivi
  • oppioidi
  • insuline
  • antitumorali e immunomodulatori (in particolare, anticorpi monoclonali)
  • antipertensivi (ACE-inibitori)
  • eparine e altri anticoagulanti
  • i mezzi di contrasto usati in radiologia.

Quando sospettare un'allergia da farmaci

Nella maggioranza dei casi, i medicinali d'uso comune sono ben tollerati e non creano problemi di alcuni tipo, se usati correttamente e solo quando servono davvero. Tuttavia, come ben evidenziano i foglietti illustrativi, qualunque farmaco da prescrizione o da banco può talvolta determinare effetti collaterali legati al suo metabolismo o ad azioni secondarie indesiderate esercitate in aggiunta all'effetto terapeutico.

Distinguere un effetto collaterale di tipo non immunologico da un'allergia a un farmaco può non essere semplice, ma esistono alcuni criteri che possono orientare nell'interpretazione. Innanzitutto, è molto probabile che si sia di fronte a un'allergia IgE-mediata se nell'arco di 30-60 minuti dall'assunzione del farmaco per bocca compaiono:

  • macchie cutanee arrossate e pruriginose
  • ponfi orticarioidi
  • prurito e gonfiore alle labbra e al volto
  • manifestazioni respiratorie di tipo asmatico.

In pochissimi casi di sensibilità estrema al medicinale, si può arrivare all'anafilassi.

A volte, le stesse reazioni possono manifestarsi dopo un certo numero di assunzioni o, addirittura, insorgere alcuni giorni dopo avere sospeso un ciclo di terapia. In questo caso, si può trattare di un'allergia ritardata, di tipo non-IgE mediato, sostenuta da alcuni sottotipi di cellule del sistema immunitario (linfociti T).
 
In tutti questi casi, è indispensabile rivolgersi immediatamente al Pronto soccorso, portando con sé il farmaco assunto e indicare esattamente al personale sanitario il dosaggio utilizzato, l'ora e le modalità/tempistiche dell'insorgenza dei sintomi.

La segnalazione al medico può essere considerata meno urgente soltanto se la reazione è limitata alla cute ed è molto lieve (poche macchioline arrossate o piccoli pomfi e minimo prurito), ma va comunque prevista il prima possibile, anche per sapere come comportarsi nella gestione successiva della malattia che si stava trattando.

Ma era proprio allergia?

Purtroppo, non esistono esami di laboratorio in grado di stabilire con certezza assoluta se una persona è allergica a un farmaco, soprattutto quando l'esito che si ottiene è negativo, poiché potrebbe trattarsi di una falsa negatività. Inoltre, i test attualmente disponibili possono fornire informazioni soltanto per un numero limitato di farmaci.

Di fatto, una persona viene considerata "potenzialmente allergica" o ipersensibile a un determinato farmaco o classe di farmaci soltanto dopo che le tipiche manifestazioni allergiche si sono verificate, tenuto conto delle caratteristiche, dell'età e del sesso del paziente, dell'eventuale presenza di altre allergie o patologie specifiche e delle circostanze in cui è stato assunto il farmaco.

Per alcuni principi attivi, sono disponibili test effettuati sul sangue che permettono in parte di orientare l'interpretazione delle manifestazioni osservate: si tratta dei RAST (analoghi a quelli eseguiti per allergeni ambientali e alimentari) e di test di citotossicità detti "basotest". I secondi, però, sono utilizzati ancora in contesto sperimentale e le informazioni che forniscono sono attendibili soltanto se l'esito è positivo (allergia confermata), mentre se sono negativi non hanno alcun valore.

Altre prove allergologiche utili sono i test cutanei come i Prick e i Patch, che prevedono la somministrazione sottocute con piccoli aghi di quantità diluite dei principi attivi sospetti: i Prick danno l'esito in 10-15 minuti mentre i Patch richiedono verifiche della reazione cutanea da parte dell'allergologo dopo 48 e 72 ore.

In tutti i casi in cui vi sia un sospetto anche marginale di allergia a un farmaco, è necessario evitare l’assunzione di quel farmaco e di quelli con struttura/meccanismo d'azione simili, anche se le prime manifestazioni allergiche erano state lievi, perché l'ulteriore impiego può dar luogo a effetti più severi, fino all'anafilassi.

Per individuare i farmaci alternativi da usare, ci si deve sottoporre a "prove di assunzione" in ambiente ospedaliero protetto, generalmente eseguite in Day hospital.

Rosanna Feroldi
Rosanna Feroldi
Da adolescente le avevano detto di fare il liceo classico e ha scelto lo scientifico. Alla maturità, le hanno detto di iscriversi Lettere e Filosofia e ha puntato su Biologia. Dopo laurea e tirocinio, al dottorato in elettrofisiologia ha preferito un corso di comunicazione e giornalismo scientifico della Facoltà di Farmacia - Università Statale di Milano. Insomma, non è il tipo che si lascia convincere facilmente. Da lì, è iniziato, più per gioco che per scelta, un percorso professionale che continua con soddisfazione da quasi vent'anni, passando da attività di consulente per la comunicazione su salute e stili di vita sani per il Progetto Città sane - Comune di Milano alla proficua collaborazione con la Fondazione San Raffaele di Milano, dove per 13 anni si è occupata di realizzare il magazine dell'Ospedale San Raffaele destinato ai pazienti e materiale divulgativo distribuito nell'ambito di campagne di sensibilizzazione, nonché di supportare l'attività di ufficio stampa. Contemporaneamente, entusiasta, mai stanca ed esagerando anche un po', ha interagito con numerose realtà editoriali come giornalista scientifica e medical writer, realizzando contenuti per riviste dirette al pubblico, ai medici e ai farmacisti. Il sopravvento del web ha cambiato molte cose, ma non l'ha indotta a desistere. Così, eccola ora alle prese prevalentemente con progetti editoriali online e attività di comunicazione/reportistica medico-scientifica nelle aree cliniche più disparate. A volte, si chiede come abbia fatto, altre come continuerà. The show must go on.

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