Vaginosi batterica, a volte c’è ma non si vede

La metà delle donne non avverte alcun sintomo, ma il mancato trattamento può causare gravi complicanze, soprattutto in gravidanza.

La vagina è popolata da moltissimi ceppi batterici, che formano il cosiddetto microbiota.

In condizioni fisiologiche a predominare sono i lattobacilli, batteri “amici” della donna in grado di mantenere il pH vaginale intorno a valori di 4. L’acidità consente di proteggere la mucosa da batteri patogeni che convivono insieme ai lattobacilli, ma a concentrazioni così basse da risultare del tutto inoffensivi.

Alcuni fattori, come l’eccessivo uso di lavande vaginali e la stitichezza, possono però determinare un’alterazione della flora vaginale e favorire l’eccessiva proliferazione di batteri patogeni, causando uno dei disturbi ginecologici più frequenti nell’età fertile, la vaginosi batterica.

I sintomi

La vaginosi batterica è caratterizzata da un odore sgradevole e intenso, molto simile a quello del pesce avariato, a cui si associano secrezioni bianco-grigiastre lattiginose, più o meno abbondanti.

Molte donne però non conoscono questo disturbo e lo scambiano per un problema di scarsa igiene intima, iniziando così a effettuare lavaggi sempre più frequenti, che non fanno che peggiorare la situazione.

In un caso su due, i sintomi sono invece talmente sfumati da non essere percepiti, o da essere scambiati per disturbi passeggeri e di poca importanza.

Quali sono i rischi

La disinformazione e l’assenza di sintomi sono i principali responsabili del mancato trattamento della vaginosi batterica. Spesso infatti non viene neanche consultato il medico, sottovalutando un disturbo che può avere complicanze anche gravi.

È infatti dimostrato che lo squilibrio della microflora vaginale che causa la vaginosi rende le donne più suscettibili a patogeni trasmissibili per via sessuale; ecco perché la vaginosi, indipendentemente dalla presenza o meno di sintomi evidenti, aumenta il rischio di contrarre infezioni anche molto gravi, come quella da Thricomonas vaginalis, Neisseria gonorrhoeae, Chlamydia trachomatis (responsabili rispettivamente della tricomoniasi, della gonorrea e della clamidia), Herpes simplex virus di tipo 2, oltre a quella ancora più temibile da HIV.

I pericoli in gravidanza

La soglia di attenzione nei confronti della vaginosi deve essere ancora più alta nelle donne che stanno pianificando una gravidanza o che sono già in dolce attesa. Se trascurata, può infatti predisporre a condizioni sfavorevoli per l’ambiente uterino e lo sviluppo del feto.

Oltre al maggior rischio di contrarre un’infezione sessualmente trasmissibile, che può diventare molto pericolosa anche per il feto, la vaginosi batterica può aumentare la probabilità di un parto pretermine che, soprattutto prima della 32a settimana di gestazione, può compromettere seriamente la salute del neonato.

A questa eventualità si aggiunge anche il rischio di rottura prematura delle membrane, aborto in fase avanzata di gestazione e basso peso del bambino alla nascita.

La gravità delle complicanze è indipendente dall’intensità dei sintomi: è quindi estremamente importante, soprattutto in gravidanza, consultare il proprio ginecologo in caso di comparsa di disturbi, anche lievi, che possano far sospettare una vaginosi.

Lisa Trisciuoglio
Lisa Trisciuoglio
Milanese di nascita, cresce alle porte della metropoli, dove ritorna per frequentare la Facoltà di Scienze biologiche all’Università statale di Milano. Fin dalla tesi di laurea decide di dedicarsi alla ricerca scientifica, prima all’Istituto europeo di oncologia, poi in un laboratorio del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano, dove consegue un PhD in biologia cellulare e molecolare. In quegli anni, accanto alla passione per la ricerca, matura anche l’interesse per la divulgazione scientifica. Al termine del PhD, decide infatti lasciare il camice e le provette per entrare nel mondo dell’editoria medico-scientifica. Durante lo svolgimento del Master in “Comunicazione e salute: dall’informazione alla formazione”, presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Milano, fa la sua prima esperienza in un’agenzia di comunicazione scientifica, e da quel momento intraprende diverse collaborazioni nell’ambito della medicina e della salute, sia verso il grande pubblico sia nei confronti del medico e del farmacista. Nel frattempo, inizia anche la sua avventura di mamma, prima di Anna e dopo qualche anno del piccolo Giacomo. Da quel momento in poi la sua vita si divide fra la famiglia e il lavoro, che continua a svolgere come freelance per diverse agenzie di comunicazione ed editoria scientifica.

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