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Epatite A: i sintomi

22 Giugno 2020
L’aumentato consumo di cibi crudi e l’abitudine di viaggiare in zone endemiche fanno sì che l’epatite A si continui a diffondere ancora oggi, anche in Italia.
Tempo di lettura: 6 minuti

L’aumentato consumo di cibi crudi e l’abitudine di viaggiare in zone endemiche fanno sì che l’epatite A si continui a diffondere ancora oggi, anche in Italia.

L'epatite A è un'infezione epatica acuta, la cui eziopatogenesi è da ricondursi al virus HAV, un virus a RNA della famiglia dei Picornaviridae, capace di compromettere le funzioni del fegato aggredendo le sue cellule.

Come si contrae

L’epatite A si contrae per via oro-fecale, ingerendo acqua o cibo contaminati da feci infette dal virus, oppure venendo a contatto con persone contagiate.

Nei Paesi in cui le condizioni igienico-sanitarie sono ancora oggi scarse, l’epatite A si trasmette purtroppo molto rapidamente soprattutto tra i bambini, nei quali tra l’altro la malattia è spesso asintomatica. Una volta venuti a contatto con la malattia, si sviluppa immunità per tutta la vita.

Nei Paesi sviluppati, invece, è diventato molto meno frequente il contagio sia tra i bambini sia tra gli adulti, grazie alle migliori condizioni igienico-sanitarie.

I fattori di rischio più comuni restano comunque il consumo di cibi crudi, bere acqua contaminata, effettuare viaggi in zone a rischio, lavorare in scuole materne o in unità di terapia intensiva neonatale.

I sintomi

I sintomi dell’epatite sono molto simili a quelli influenzali, e si manifestano, in maniera improvvisa, da 2 a 6 settimane dal contagio.

I sintomi differiscono prima e dopo comparsa dell’ittero (vedi tabella). Nei bambini il sintomo più comune è la diarrea.

Fase pre-itterica
Fase itterica
Malessere fisico generale
Urine scure
Stanchezza
Feci chiare
Inappetenza
Prurito
Nausea

Vomito

Febbre

La diagnosi

Già dopo 1-2 settimane dal contagio, la presenza nel sangue di anticorpi IgM contro il virus HAV rappresenta il primo segno che può condurre alla diagnosi di epatite A , seguito poi dalla presenza delle particelle virali nelle feci, rilevabili verso la fine del periodo di incubazione.

La presenza di anticorpi IgG, invece, indica un’infezione pregressa e garantisce immunità.

Un altro componente ematico da monitorare è l’ALT (alanina transaminasi), enzima rilasciato da un fegato ormai danneggiato dal virus, i cui valori aumentano in fase di infezione acuta.

La cura

Ai pazienti generalmente si raccomandano riposo e consumo di acqua e di cibi sani, mentre si vieta l’assunzione di alcool.

In assenza di altre malattie, i pazienti guariscono tutti senza complicanze cliniche. L’età però incide molto sul decorso della malattia, che in alcuni casi può portare a morte per insufficienza epatica.

Prevenzione

Le principali misure di prevenzione da seguire per ridurre il rischio di contrarre l’epatite A sono il lavaggio delle mani e il lavaggio e la cottura accurata del cibo contaminato.

Per essere certi di eliminare il virus è necessario:

  • bollire tutto a una temperatura superiore ai 60°, affinché i virioni vengano inattivati
  • lavare gli alimenti utilizzando il cloro, al quale questo virus è sensibile.

La misura preventiva d’eccellenza resta comunque l’immunizzazione passiva o la vaccinazione. L’immunizzazione passiva con immunoglobuline, considerata una “terapia d’urto”, è raccomandata in caso di viaggi in Paesi tropicali o in caso di esposizione a persone contagiate. La copertura data dall’immunizzazione passiva è limitata, e dura dai 3 ai 6 mesi.

La vaccinazione, invece, prevede l’iniezione del virus attenuato o modificato, così che sia l’organismo stesso a produrre gli anticorpi in grado di combattere il virus. Il tempo necessario affinché gli anticorpi siano prodotti è di circa 4 settimane: solo da quel momento un individuo inizia a essere immune.

La copertura assicurata dal vaccino è di almeno 8 anni, ma, secondo diversi studi, può durare anche per tutta la vita. Per questo motivo il vaccino è consigliato a personale militare, sanitario e impiegato in asili nido e scuole materne, come anche a pazienti bisognosi di trasfusioni o con patologie epatiche croniche.

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