Degenerazione maculare legata all’età, dalle cause alle terapie

Intervista a Leonardo Mastropasqua, Università degli Studi G. D'Annunzio, Chieti Pescara.

Sulle cause della degenerazione maculare legata all’età non ci sono ancora molte certezze. Sappiamo però che qualcosa si può fare in termini di prevenzione.

Ne parliamo con Leonardo Mastropasqua, oftalmologo dell’Università degli Studi G. D'Annunzio, Chieti Pescara.

Degenerazione maculare legata all’età: che cos’è e quali forme esistono?

È una patologia che coinvolge la zona centrale della retina (macula), causando un’irreversibile riduzione della visione distinta. È la prima causa di cecità nei Paesi industrializzati dopo i 50 anni di età e rappresenta la causa di circa il 5% della cecità mondiale. La DMLE viene classificata in una forma “secca” (non-essudativa) e una forma “umida” (essudativa o neovascolare). La forma secca o atrofica (80% dei casi) è caratterizzata da un assottigliamento progressivo della retina centrale, con la morte delle cellule nervose sensibili alla luce (fotorecettori) e la formazione di una cicatrice maculare. Nella forma essudativa (20% dei casi) si formano nuovi capillari anomali a livello della macula con parete molto fragile che, rompendosi, causano il passaggio di plasma (la parte liquida del sangue) nella retina o stravaso di sangue. Il persistere dei neovasi e i sanguinamenti ripetuti a livello della macula possono provocare una cicatrice retinica con danno irreversibile della retina. Entrambe le forme sono precedute da una forma precoce di DMLE caratterizzata dalla presenza di depositi tondeggianti di materiale di scarto sotto la retina (drusen).

Quali sono le cause?

Le cause della DMLE non sono state ancora dimostrate, ma sono stati individuati diversi fattori di rischio: età superiore ai 50-55 anni, sesso femminile, fumo di sigaretta, abuso di alcol, diabete mellito, vita sedentaria, dieta povera di vitamine e acidi grassi insaturi (omega-3), ipertensione arteriosa, disturbi della coagulazione, esposizione prolungata e ripetuta a sorgenti di luce molto intense. Dal punto di vista genetico sono stati trovati numerosi geni associati al rischio di contrarla.

Quali sono i primi campanelli d’allarme?

La riduzione dell’acuità visiva è il sintomo principale delle due forme di DMLE, con una perdita della parte centrale del campo visivo (porzione di spazio percepito da un occhio immobile). La visione di linee storte (metamorfopsie) solitamente non è presente nelle fasi precoci. In genere si manifesta nelle forme più avanzate essudative per la presenza di sollevamenti della retina.

Quali sono le terapie per la DMLE?

Per la forma secca esistono misure terapeutiche preventive che ne rallentano la progressione. È consigliabile una dieta ricca di sostanze antiossidanti (frutta e verdura oppure integratori alimentari) che possono aiutare a combattere la formazione dei radicali liberi. In fase di studio per la forma atrofica vi sono alcuni farmaci per uso intravitreale (lampalizumab) in grado di bloccare l’infiammazione che sembra essere alla base della malattia. Per la forma umida esistono la terapia fotodinamica e le iniezioni intravitreali con farmaci che contrastano la crescita dei vasi anomali (anti-VEGF). La terapia fotodinamica si basa su un tipo particolare di laser che attiva una sostanza iniettata per endovena (verteporfirina) consentendo l'occlusione dei soli vasi anomali senza danno alla retina circostante. I farmaci anti-VEGF più usati nella terapia iniettiva sono aflibercept, ranibizumab, bevacizumab e pegaptanib sodico: hanno dimostrato ottimi risultati soprattutto con iniezioni ripetute. Nella maggior parte dei casi rallentano l'evoluzione della malattia e migliorano la visione.

Quali sono i vantaggi dell’ultimo farmaco anti-VEGF approvato in Italia?

Aflibercept, l’ultimo farmaco approvato per il trattamento intravitreale della DMLE, ha dimostrato pari efficacia rispetto agli altri anti-VEGF nel controllo della malattia con un minor numero di iniezioni. La minor necessità di iniezioni è legata alla maggior durata d’azione del farmaco e alla capacità di bloccare più sostanze (VEGFA, VEGFB, PlGF) legate alla crescita dei vasi anomali. Il ridotto numero di iniezioni migliora la compliance del paziente al trattamento e rende più efficace la terapia.

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