Lussazione della spalla: le terapie

La spalla è un’articolazione estremamente mobile, ma anche per questo più a rischio di instabilità. Vediamo insieme cause, sintomi e cure in caso di lussazione alla spalla.

La lussazione alla spalla è un infortunio non infrequente, soprattutto nei soggetti giovani adulti e in particolare in chi svolge attività sportive e/o lavorative che impegnano molto questa articolazione. Un primo episodio può, peraltro, minare pesantemente la stabilità articolare e determinare una lesione delle strutture vicine, tanto da dare il via a una sequela di recidive.

Scopriamo insieme, quindi, perché la spalla è a rischio lussazione, come si verifica questo problema, i sintomi e le possibili conseguenze associate, come intervenire per porre rimedio e, per quanto possibile, quali precauzioni adottare per prevenire patologie di questo tipo.

L’anatomia della spalla

La spalla è, insieme al ginocchio, l’articolazione più stressata nella vita quotidiana, lavorativa e sportiva. Essa ha una struttura complessa, costituita da più articolazioni, in particolare la scapolo-omerale, tra scapola e omero, e la acromion-claveare, tra scapola e clavicola.

È inoltre dotata di una mobilità superiore rispetto alle altre strutture articolari del corpo: esegue, infatti, movimenti di flessione (ossia l’elevazione anteriore), di estensione, di elevazione laterale, di rotazione verso l’interno e verso l’esterno.

L’elevata capacità di movimento della spalla è dovuta al fatto che la testa dell’omero appoggia su una parte verticale della scapola, detta cavità glenoidea  (o fossa glenoidea), solo leggermente concava, che, quindi, non la contiene perfettamente. La stabilità e il mantenimento nella posizione naturale del capo articolare è in gran parte garantito dalle strutture molli circostanti, tra cui un complesso di muscoli, tendini e legamenti, chiamato cuffia dei rotatori.

Lussazione della spalla: perché e come si verifica

Si definisce lussazione la fuoriuscita permanente di un capo articolare dalla sua sede naturale. Si distingue poi tra lussazione completa e lussazione incompleta (o sublussazione): la prima è quella in cui le due superfici articolari si distaccano completamente tra loro, mentre nel secondo caso i capi articolari restano in contatto almeno parziale.

Nel caso specifico della spalla, la lussazione interessa la fuoriuscita della testa dell’omero dalla cavità glenoidea. Nella maggior parte dei casi, proprio per la particolare conformazione descritta in precedenza, si verifica una lussazione antero-inferiore, cioè la testa omerale fuoriesce in avanti, verso il basso. Molto meno frequente (ma anche più difficile da affrontare) è invece la lussazione posteriore.

A determinare una lussazione della spalla è, nella maggior parte dei casi, un trauma, eventualità piuttosto frequente negli sport di contatto e che riguarda più spesso i giovani adulti, soprattutto uomini di 20-30 anni, pur non escludendo anche le altre fasce d’età e le donne.

L’articolazione può lussarsi in seguito a un violento scontro della spalla contro qualcuno o qualcosa, ma anche in seguito a una caduta (se essa per esempio avviene sul braccio in appoggio ruotato verso l’esterno, o sul lato esterno della spalla) o, ancora, in caso di un movimento estremamente brusco del braccio verso l’alto, l’esterno o all’indietro

Questo tipo di infortunio può inoltre verificarsi in chi ha una naturale predisposizione a un’instabilità dell’articolazione.

Lussazioni recidivanti possono poi verificarsi in seguito a un primo episodio, laddove si instaura una instabilità della spalla: in questi casi spesso l’infortunio può registrarsi anche dopo l’esecuzione di semplici movimenti quotidiani.

Sintomi e conseguenze della lussazione alla spalla

Una lussazione rende impossibile muovere l’articolazione interessata. Oltre all’impedimento dei movimenti si avverte un violento dolore, la spalla perde la sua forma caratteristica e il braccio resta “penzolante” vicino al corpo, ma ruotato verso l’esterno.

La fuoriuscita della testa dell’omero dalla sede naturale comporta generalmente anche la lesione delle strutture adiacenti ai capi ossei articolari (in particolare legamenti e capsula articolare). In molti casi, per esempio, si verifica la cosiddetta lesione di Bankart, che consiste nel distacco del cercine (o labbro) glenoideo (un tessuto fibrocartilagineo inserito intorno al margine della cavità glenoidea, che funziona come una sorta di guarnizione dell’articolazione).

Possono verificarsi, inoltre, danni alla cartilagine, ai nervi, al tessuto muscolare, alla pelle (in questo caso si parla di lussazione esposta), senza dimenticare che l’infortunio può associarsi a fratture ossee. In particolare, può fratturarsi proprio la testa omerale (frattura di Hill Sachs) se finisce compressa contro il bordo della cavità glenoidea.

Lussazione della spalla: gli esami necessari

Di per sé una lussazione alla spalla è facilmente riconoscibile e la visita medica potrebbe essere sufficiente per la diagnosi. Prima però di procedere a qualunque intervento, diventa fondamentale effettuare un esame radiografico per avere conferma diagnostica e ottenere il quadro preciso della situazione, esame che va poi ripetuto, per verificarne la corretta esecuzione, subito dopo la manovra di riduzione, vale a dire il riposizionamento dei capi articolari nella loro sede naturale.

Per escludere o meno la presenza di lesioni ai tessuti molli e alle strutture vicine, però, le radiografie non sono sufficienti. In questo caso possono essere prescritte al paziente una tomografia assiale computerizzata (utile soprattutto per individuare eventuali fratture ossee)  e/o una risonanza magnetica funzionale (che permette di inquadrare al meglio eventuali danni ai tessuti molli e ai muscoli). Questi accertamenti possono essere eseguiti anche con l’iniezione di un mezzo di contrasto nell’articolazione, che permette di avere un quadro più definito delle eventuali lesioni presenti. Questi esami sono preziosi per valutare una terapia eventualmente anche chirurgica.

Qual è il trattamento della lussazione della spalla?

Il primo intervento in caso di lussazione alla spalla, da eseguire tempestivamente ma non in maniera avventata, è la manovra di riduzione, ossia il riposizionamento dei capi articolari nella loro sede naturale.

Non va effettuato autonomamente: in genere è opportuno rivolgersi al Pronto soccorso dove il medico, dopo aver eseguito una radiografia, potrà intervenire manualmente. Molto spesso la manovra di riduzione viene eseguita in anestesia, perché altrimenti il riposizionamento può essere ostacolato da contratture muscolari che si verificano come risposta al dolore.

Non deve trascorrere troppo tempo tra l’infortunio e la riduzione, altrimenti diventa più complesso ripristinare la corretta condizione articolare, senza dimenticare che prima si interviene, prima si riduce il sintomo doloroso.

Effettuata la riduzione e verificato che tutto sia corretto con una radiografia, generalmente si applica un tutore che serve per mantenere la spalla a riposo. Dopo un periodo di immobilizzazione di alcune settimane, si può poi cominciare la riabilitazione dell’articolazione, sotto la guida di un fisioterapista, eseguendo esercizi finalizzati al recupero della mobilità (della spalla, ma anche della mano, del polso e del gomito) e della stabilità articolare, favorendo anche il rinforzo della muscolatura.

Quando serve l’operazione

Il trattamento conservativo sin qui descritto non permette però di risolvere completamente qualsiasi lussazione alla spalla. Difficilmente, per esempio, lesioni ai legamenti e/o alla capsula articolare possono ripararsi correttamente con la sola immobilizzazione e la successiva fisioterapia, per cui può permanere una condizione di maggiore instabilità che può aprire la strada, soprattutto nei soggetti più giovani, a lussazioni recidivanti conseguenti anche a normali movimenti quotidiani e che possono, a loro volta, danneggiare ulteriormente i tessuti vicini.

Per questo, in presenza di lesioni ai tessuti molli e di instabilità persistente dell’articolazione e in caso di ripetute lussazioni, il medico può valutare il ricorso all’intervento chirurgico per riparare le lesioni e stabilizzare la capsula articolare (si parla di capsuloplastica).

Esistono diverse tecniche di intervento. Molto frequente, soprattutto per riparare una lesione di Bankart, è la capsuloplastica in artroscopia, procedura che consente di operare all’interno dell’articolazione sfruttando microincisioni attraverso cui vengono inseriti i piccoli strumenti chirurgici e un artroscopio, cioè una telecamera che consente di visualizzare la parte da operare). Questo intervento consente di riposizionare il cercine glenoideo distaccato e di ricreare la normale tensione della capsula articolare ricorrendo a una sorta di ancoraggi (costituti da piccole viti e fili specifici) che fissano i tessuti all’osso.

In altri casi, soprattutto se l’instabilità articolare è elevata e i tessuti sono piuttosto danneggiati (anche dopo altri interventi di stabilizzazione), può essere valutato il ricorso alla capsuloplastica a cielo aperto (cioè eseguita con una incisione di alcuni centimetri sulla parte davanti della spalla): ne esistono diverse tecniche, tra cui una delle più utilizzate è quella di Latarjet, che prevede di stabilizzare l’articolazione creando una sorta di blocco davanti alla cavità glenoidea, trasferendo e fissando, sul bordo anteriore della stessa, la coracoide (una piccola protuberanza ossea della scapola).

Anche nei casi più impegnativi di stabilizzazione possono essere comunque proposte metodiche in artroscopia: in una di queste, chiamata ASA (Arthroscopic Subscapularis Augmentation), si stabilizza l’articolazione ricorrendo all’uso del tendine sottoscapolare.

La scelta del tipo di intervento chirurgico ovviamente viene fatta dallo specialista tenendo conto del singolo caso. In genere tutti questi interventi si effettuano in anestesia loco-regionale spesso abbinata a sedazione, richiedono un breve periodo di ricovero di alcuni giorni (mediamente 1-2), cui segue una fase di immobilizzazione con tutore (mediamente 3-4 settimane) e poi, successivamente, la riabilitazione con la guida di un fisioterapista. Il ritorno alle attività lavorative e sportive può richiedere alcuni mesi ed è ovviamente legato al tipo di lavoro e di sport praticati (oltre che al tipo di intervento): per le mansioni più pesanti, così come per gli sport di contatto, può essere necessario attendere anche 4-6 mesi.

Alcuni esercizi per la stabilità della spalla

Gli esercizi per il recupero della stabilità e della mobilità dopo una lussazione è bene siano scelti ed eseguiti sotto la guida di un fisioterapista. Esercizi di rinforzo della muscolatura dell’articolazione possono comunque essere utili per migliorare la stabilità e la mobilità articolare, anche in ottica preventiva: nella tabella che segue tre esercizi esemplificativi utili allo scopo.

Posizione di partenza Esecuzione Numero di ripetizioni
In piedi con la schiena dritta e le gambe leggermente divaricate. Munirsi di un banda elastica e afferrarne le due estremità con le braccia distese sopra la testa Aprire e chiudere le braccia in modo da tendere la banda elastica verso l’esterno, mantenendo fermi i polsi 3 serie da 10 ripetizioni

Stessa posizione dell’esercizio precedente, ma tenendo la banda elastica all’altezza del petto.

Aprire e chiudere le braccia in modo da tendere la banda elastica verso l’esterno, mantenendo fermi i polsi 3 serie da 10 ripetizioni
Stessa posizione dell’esercizio precedente, ma con le mani lungo i fianchi Aprire e chiudere le braccia in modo da tendere la banda elastica verso l’esterno, mantenendo fermi i polsi 3 serie da 10 ripetizioni

Valeria Ghitti
Valeria Ghitti
Nata sulle sponde bresciane del lago d’Iseo con la passione per il giornalismo nelle vene, comincia, nell’estate del 2000, freschissima di diploma al liceo classico, a muovere i primi passi nella redazione di un service giornalistico milanese, e a collaborare così con testate nazionali femminili e di salute. Nello stesso periodo inizia il percorso universitario in Scienze della comunicazione a Trieste, che prosegue parallelamente al lavoro. Diventata giornalista pubblicista nel 2003, porta avanti collaborazioni con numerose testate della carta stampata, per lo più settimanali e mensili a tiratura nazionali, ma anche testate online e radiofoniche, occupandosi di salute (dall’alimentazione alla sessualità, dalla medicina al benessere, alla psicologia), divulgazione scientifica, bellezza, ambiente, stili di vita e gossip. Negli anni affianca all’attività giornalistica quelle di ufficio stampa (soprattutto nell’ambito turistico, della cultura e dello spettacolo), di correttrice di bozze, di ghostwriter e di web content editor e, più recentemente, quella di mamma. Freelance praticamente da sempre e ormai a un passo dalla laurea, dal 2016 può annoverare tra le sue collaborazioni anche quella con SapereSalute.it

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