Hiv, nuove speranze nella lotta contro l’Aids

Da male del secolo, come venne battezzato ai suoi esordi negli anni Ottanta, l’infezione da *Hiv** e l’Aids sono passati in secondo piano negli ultimi anni. Non sono più sotto i riflettori dei media, se si esclude la giornata mondiale dell’Aids che si celebra ogni anno il primo dicembre.*

Non fa più notizia e non sappiamo le ragioni esatte, ma di fatto è così. Con il rischio che a furia di non parlarne più, sono in molti ad abbassare la guardia. E a non fare più prevenzione.

Eppure, come un fiume carsico che scorre sotto la superfice e non si vede, la ricerca biomedica sta andando avanti. Anche in Italia. Con l’obiettivo di scoprire farmaci innovativi e sempre più efficaci.

È il caso dello studio realizzato da Massimo Pizzato e dal suo gruppo di ricerca del Centro per la biologia integrata (Cibio) dell’università di Trento, grazie al quale è stato individuato, all’interno delle cellule, un potentissimo inibitore naturale dell’infezione virale, finora sconosciuto. Un vero e proprio tallone d’Achille dell’Hiv.

Si chiama Serinc5 e sembra che la probabilità che il virus ha di riuscire a infettare le nostre cellule dipenda dalla sua abilità nell’aggirare questa difesa naturale. Questa scoperta potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi e più efficaci farmaci. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature.

Non esistono ancora vaccini né cure risolutive

È stato identificato per la prima volta 35 anni fa. E da allora, secondo alcune stime, il virus responsabile dell’Aids ha causato oltre 39 milioni di decessi in tutto il mondo. Questo perché al momento non esiste ancora una cura risolutiva né un vaccino efficace.

Secondo la fotografia sull’Aids scattata dal Centro operativo Aids (CoA) dell’Istituto superiore di sanità, che ogni anno pubblica un fascicolo sull’argomento, nel 2014 in Italia sono state 3.695 le persone che hanno scoperto di essere HIV positive, un’incidenza pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila residenti.

Questo dato non mostra particolari variazioni rispetto ai tre anni precedenti. E colloca il nostro Paese al 12° posto nell’Unione Europea.

Da quanto emerge, il virus dell’Hiv sembra colpire prevalentemente gli uomini: il 79,6 per cento dei nuovi casi è maschio. Di contro, continua a diminuire l’incidenza delle diagnosi nelle donne.

L’età media in cui viene diagnosticato è 39 anni per gli uomini, 36 anni per le donne. La fascia di età maggiormente colpita 25-29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti).

Ancora elevati i contagi per via sessuale

In questi decenni, per fortuna, è diminuito l’impatto della trasmissione del virus attraverso il cosiddetto scambio di siringhe, anche perché sono diminuite le percentuali di tossicodipendenza da eroina.

Purtroppo però la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo, che costituiscono l’84,1 per cento di tutte le segnalazioni (omosessuali maschi: 40,9 per cento; eterosessuali maschi: 26,3 per cento; eterosessuali femmine 16,9 per cento).

Questa, secondo gli esperti, è una conseguenza del calo di attenzione sulla patologia. Non spaventa più come una volta, e quindi molti non ci pensano più. E abbassano il livello di guardia.

I numeri dell’Aids conclamato

È sempre l’Istituto superiore di sanità a fornire i dati sui casi di Aids conclamato. Dall’inizio dell’epidemia (1982) a oggi sono stati segnalati oltre 67.000 casi, di cui circa 43.000 sono deceduti.

Nel corso del 2014 sono stati diagnosticati 858 nuovi casi di Aids pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti. Anche in questo caso, l’incidenza risulta stabile negli ultimi tre anni.

Di questi, sempre l’anno scorso, poco meno di un quarto ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids.

Una percentuale bassa dovuta, probabilmente, al fatto che una quota crescente di persone Hiv positive è rimasta per anni inconsapevole della propria sieropositività: tra il 2006 e il 2014 è infatti aumentata la percentuale di persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività (è passata 20,5 per cento al 71,5 per cento).

Non tutti possono beneficiare dei farmaci

C’è poi lo spinoso capitolo dell’accesso ai farmaci. Dei circa 40 milioni di individui con Hiv nel mondo, soltanto 15 milioni hanno accesso alle terapie antiretrovirali. E se si analizzano i dati sull’adesione corretta alle terapie si scopre che soltanto il 25 per cento del totale aderisce correttamente alle cure.

In Italia e nei paesi occidentali il tasso di accesso e corretta assunzione dei farmaci si aggira intorno al 50 per cento. Perché succede? In buona parte perché molte persone non sanno di avere l’Hiv, non si presenta ai centri di cura. Poi ci sono quelli che smettono di assumere le terapie.

Da queste considerazioni ha preso il via un progetto dell’Istituto Spallanzani di Roma che coinvolge 10 centri specializzati nella cura dell’Hiv in tutta Italia e le associazioni impegnate a livello nazionale nella lotta all’Aids e nel supporto alle persone con Hiv.

Anche perché, nonostante tutto, negli ultimi anni sono state scoperte terapie antiretrovirali sempre più efficaci.

La capacità di individuare le persone inconsapevoli di aver contratto l’Hiv e far sì che, una volta diagnosticate, rimangano agganciate al percorso di cura, è un tassello fondamentale per bloccare la diffusione dell’infezione.

«Nel 2012 in Italia» evidenzia Enrico Girardi, direttore di Epidemiologia clinica dell’Inmi Spallanzani «erano inconsapevoli del proprio stato di infezione da Hiv tra le 10.000 e le 12.000 persone in Italia, pari a circa l’11-13 per cento delle persone che hanno contratto l’infezione. Esistono poi persone che non accedono ai centri di cura o non ricevono un trattamento efficace o non lo assumono correttamente. Bisogna far si che le persone non abbandonino le terapie rischiando per sé stessi e per gli altri».

Articoli correlati

Pubblicità

Gli articoli più letti

I servizi per te
Farmaci a domicilio
Prenota una visita