Calazio, di cosa si tratta e come si cura

Se sentite la palpebra un po’ pesante e avvertite la presenza di una sorta di “pallino”, potreste essere alle prese con un calazio, da non confondere con l’altrettanto comune orzaiolo.

Che cos’è

Il calazio è una cisti (lipogranuloma) della palpebra che si forma a causa di un processo infiammatorio a carico delle ghiandole di Meibomio che producono la componente lipidica delle lacrime.

Le ghiandole di Meibomio sono densamente innervate e la loro funzione è regolata da ormoni (androgeni, estrogeni, progestinici), acido retinoico, fattori di crescita e probabilmente da neurotrasmettitori. A differenza di altre ghiandole sebacee, non hanno un contatto diretto con i follicoli piliferi. Il loro numero e volume è maggiore nella palpebra superiore rispetto a quella inferiore.

Il calazio si forma quando il dotto escretore di una o più ghiandole di Meibomio si occlude con il risultato che il prodotto della ghiandola, anziché essere escreto nel film lacrimale, si accumula all’interno, causando infiammazione.

Il calazio, che può riguardare sia la palpebra superiore sia quella inferiore, è un problema molto comune. Può colpire entrambi i sessi, di solito è più frequente nella fascia di età compresa fra i 30 e i 50 anni, ma può manifestarsi anche nei bambini.

Le cause del calazio

Sono diversi i fattori che possono favorire lo sviluppo del calazio. Tra i principali ricordiamo:

  • predisposizione costituzionale
  • consumo elevato di cibi contenenti grassi saturi (formaggi, salumi, dolci ecc.)
  • disturbi gastrointestinali, in particolare la colite spastica
  • periodi di stress e sovraccarico fisico e mentale.

Le persone che soffrono spesso di blefarite (un’infiammazione del bordo ciliare della palpebra) o di malattie dermatologiche, come l’acne rosacea e le dermatiti, sembrerebbero anch’esse più inclini a sviluppare il calazio. Lo stesso vale per chi soffre di diabete o ha un’alimentazione scorretta: entrambe queste condizioni favoriscono un aumento della produzione di sebo che può ostruire il canale della ghiandola, fino a formare una ciste ben visibile sulla palpebra. 

I sintomi

Gonfiore delle palpebre, arrossamento, dolore, secrezione e infiammazione della congiuntiva sono i sintomi caratteristici del calazio. L’entità di queste manifestazioni dipende dal grado di infiammazione e dal numero di ghiandole coinvolte. Anche le dimensioni del calazio sono variabili: si va da “granulini” di pochi millimetri fino a palline di dimensioni tali da determinare la chiusura della palpebra, a volte in grado di indurre persino astigmatismo. Talvolta la presenza del calazio può determinare anche iperlacrimazione e visione offuscata.

Come distinguerlo dall’orzaiolo

Sebbene appaiano simili, orzaiolo e calazio sono disturbi dell’apparato oculare che hanno origine diversa. L’orzaiolo è il risultato dell’infiammazione di piccole ghiandole sebacee presenti alla base delle ciglia, in corrispondenza del follicolo pilifero, note anche come ghiandole di Zeiss. Nella maggior parte dei casi l’infiammazione è conseguenza di un’infezione batterica da Staphylococcus aureus, che porta alla formazione di una sorta di foruncolo, dall’aspetto bianco giallastro al bordo ciliare, localizzato alla radice di un ciglio. Diversamente dal calazio, in genere l’orzaiolo non causa dolore e nell’arco di alcuni giorni tende a guarire in modo spontaneo, nel momento in cui la piccola formazione cistica si apre all’esterno e fuoriesce il materiale contenuto. Per accelerare la guarigione e contrastare l’infezione, può essere utile il ricorso a salviette disinfettanti, pomate o colliri antibiotici. Solo nei rari casi in cui l’orzaiolo si cronicizza, si può considerare un piccolo intervento chirurgico per asportarlo.

La diagnosi

Per la diagnosi sia del calazio sia dell’orzaiolo non servono esami particolari: è sufficiente l’analisi diretta da parte dell’oculista. Qualora si abbia a che fare con calazi persistenti, che tendono a recidivare, si deve tenere in considerazione che, in circa l’8 per cento dei casi, il calazio può in realtà essere un linfoma o, per fortuna molto di rado, un carcinoma sebaceo. Entrambe le condizioni vanno escluse, soprattutto in presenza di sintomi sospetti, come una colorazione rosa salmone della congiuntiva o ulcerazione.

Il calazio nei bambini

Il calazio può insorgere a tutte le età e presentarsi anche nei bambini. Il piccolo rigonfiamento sulle palpebre che le mamme denunciano al pediatra è in effetti spesso segno della presenza di un calazio. Nei bambini, come negli adulti, il calazio può essere il risultato di fattori predisponenti, ma può giocare un ruolo importante anche la scarsa igiene oculare, legata al fatto che i piccoli si toccano spesso gli occhi anche con le mani sporche. Si è visto inoltre che in età pediatrica il calazio può essere legato a difetti visivi non corretti: la contrazione involontaria dei muscoli oculari, che servono per mettere a fuoco le immagini, può causare la chiusura del dotto escretore delle ghiandole di Meibomio. Il risultato è che il secreto ghiandolare fa fatica a fuoriuscire e la ghiandola si gonfia e si infiamma. Come negli adulti, anche nei bambini il calazio può essere associato a blefariti.

Le cure per il calazio

In genere il calazio drena spontaneamente sulla superficie interna della palpebra svuotandosi oppure regredisce nell’arco di alcuni giorni, senza bisogno di ricorrere ad alcun trattamento. Esistono tuttavia degli accorgimenti che possono agevolarne la guarigione. Innanzitutto è utile migliorare la dieta, evitando i cibi grassi. Alcuni suggeriscono di praticare anche un delicato massaggio della palpebra gonfia per cercare di rimuovere meccanicamente l’ostruzione del dotto escretore della ghiandola.

Per favorire la risoluzione del calazio ed evitare sovrainfezioni batteriche, il medico oculista può raccomandare anche l’applicazione di pomate antibiotiche o unguenti a base di antibiotici e cortisonici, il cui obiettivo è ridurre il gonfiore delle pareti del dotto escretore della ghiandola occlusa e favorirne il drenaggio. Con questi accorgimenti in genere il calazio regredisce, ma sono frequenti le ricadute

Nei bambini è sempre utile verificare che non siano presenti difetti visivi non corretti perché, come accennato, l’affaticamento visivo può favorire il calazio e le recidive.

Se è vero che la tumefazione può regredire da sola in 7-10 giorni, è anche vero che a volte alcuni calazi tendono a diventare cronici e che quindi non regrediscono in modo spontaneo. Se dopo due o tre settimane il gonfiore è ancora presente, potrebbe essersi formata una “capsula” che congloba la ghiandola interessata. In questo caso occorre procedere, dietro indicazione dell’oculista, a un piccolo intervento chirurgico ambulatoriale per l’asportazione di una o più ghiandole. 

Il trattamento chirurgico consiste in un'incisione seguita da un raschiamento (courettage). In genere per evitare cicatrici si interviene dall'interno della palpebra. Meno spesso si procede dall'esterno mettendo, poi, dei punti. L'intervento viene eseguito in anestesia locale e in regime ambulatoriale, ad eccezione dei bambini, che devono essere sedati. Questo tipo di intervento, oltre a essere indicato nei casi in cui il calazio non ha la tendenza a risolversi da solo o comunque tende a recidivare, può trovare indicazione in presenza di calazi di grosse dimensioni, che oltretutto possono ostacolare la normale visione.

I consigli e la prevenzione

Il primo accorgimento da prendere quando si ha a che fare con un calazio è evitare assolutamente di “torturare” questo piccolo “pallino”: se lo si schiaccia o buca, si rischiano problematiche più gravi.

Per quanto riguarda invece la prevenzione, bisogna innanzitutto avere maggiore cura dell'alimentazione, evitando insaccati, dolci e altri cibi ricchi di sostanze grasse, soprattutto se di origine animale. In chi è predisposto può inoltre essere d’aiuto un'accurata pulizia del bordo delle palpebre per mantenere puliti i dotti delle ghiandole. Utile inoltre rispettare le principali regole di igiene oculare:

  • mantenere puliti gli oggetti che entrano in contatto con palpebra e occhio, come per esempio le lenti a contatto;
  • lavare sempre le mani prima di toccare gli occhi e in particolare le palpebre;
  • se si è predisposti all'insorgenza del calazio pulire accuratamente ciglia e palpebre mattina e sera, usando delle salviette specifiche per l’igiene degli occhi;
  • evitare di truccarsi troppo e, nel caso, struccarsi con attenzione usando dischetti di cotone imbevuti di struccante bifasico, ossia di un prodotto liquido formato da una parte acquosa e da una oleosa (in genere una blu e una trasparente o bianca) che si mescolano insieme dando vita a un’unica soluzione.

Antonella Sparvoli
Antonella Sparvoli
Nata e cresciuta a Milano, dopo il Liceo scientifico, decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze biologiche all’Università Statale di Milano. Le materie di studio la appassionano molto e si laurea a pieni voti nel 1995, dopo un periodo di studio come studente Erasmus al Trinity College di Dublino e l’internato per la tesi di laurea nel Laboratorio di immunologia molecolare del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano. Si dedica per un breve periodo alla ricerca, ma poi capisce che il suo posto non è tra le provette di un laboratorio, ma tra le pagine di un giornale. Frequenta il Corso post-Laurea in Comunicazione scientifica, organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, e inizia a scrivere per riviste specializzate e divulgative. Dal 1998 collabora in modo continuativo con il Corriere Salute, nel 2010 inizia a collaborare con Io Donna, il femminile del Corriere della sera, e nel 2016 inizia a scrivere per Sapere Salute. Ha scritto alcuni testi di Biologia per le scuole superiori, il volume “Mi spieghi dottore”, ma il suo sogno è scrivere un romanzo. Scherzosamente si definisce «giornalinga», un po’ giornalista… un po’ casalinga. Tra un articolo e l’altro, si dedica al marito Davide e ai figli Andrea e Sofia. Nel tempo libero ama fare sport, andare in bicicletta e, quando possibile, viaggiare. 

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