Cirrosi

La cirrosi epatica è una malattia degenerativa del fegato che determina alterazioni della sua struttura e della sua funzionalità. è una delle cause più importanti di morte e comporta elevati costi sociali diretti (terapia, eventuali ricovero, trapianto ecc.) e indiretti (perdite di giornate di lavoro, prepensionamento ecc.). la mortalità per cirrosi ha avuto un forte aumento tra il 1960 e la seconda metà degli anni '70. Negli ultimi 30 anni la situazione è migliorata e la mortalità è praticamente dimezzata, complice la riduzione del numero di persone infettate dal virus dell'epatite B (Hbv) e C (Hcv), le cause più comuni della malattia. 

Che cos’è

Si tratta di una malattia caratterizzata da un'infiammazione cronica del fegato, di varia origine, che provoca delle lesioni con la conseguente formazione di tessuti fibrosi (cicatrici) e di “noduli” di rigenerazione del tessuto epatico che, poco a poco, sovvertono la normale architettura del fegato.

Il tessuto cicatriziale altera il flusso di sangue attraverso il fegato, mentre i  noduli di rigenerazione inducono infatti la formazione di un sistema disordinato di nuovi vasi sanguigni che da un lato porta a un aumento della pressione nelle vene che interessano l'organo (sistema della vena porta, con conseguente ipertensione detta ipertensione portale) e dall'altro alla compressione dei vasi che irrorano altre aree del fegato, con possibili ulteriori danni.

In caso di cirrosi l'organismo risulta inoltre più debole nei confronti delle infezioni, può andare incontro a malnutrizione a causa dell'incapacità di processare adeguatamente i nutrienti e sono presenti difficoltà nello smaltire le tossine.

La patologia è cronica e in genere irreversibile.

Scopri quali sono le misure da adottare per prevenire la comparsa di cirrosi in questo articolo.

Cause

La principale causa di cirrosi è rappresentata dalle infezioni da virus dell’epatite C, B e, in misura minore, D. Frequente è lo sviluppo di cirrosi anche nei forti bevitori in quanto nel metabolizzare l'alcol il fegato produce composti tossici che danneggiano le cellule epatiche (in questo caso si parla di cirrosi alcolica). In particolare si è visto che l'assunzione continua di dosi eccessive di alcol per almeno dieci anni può condurre alla cirrosi. 

Se nel Nord Europa la causa più comune di cirrosi è rappresentata dall'abuso cronico di alcol, in Italia le principali imputate sono le epatiti virali. Nelle persone con epatite cronica possono comunque essere necessari anche 20 anni prima che si sviluppi la cirrosi, processo che può essere accelerato dal concomitante abuso di alcol. 

Anche l'esposizione a sostanze tossiche, di origine sia naturale (funghi velenosi) sia industriale, può provocare danni al fegato che evolvono in cirrosi.

C’è anche un discreto numero di farmaci potenzialmente epatotossici, dannosi soprattutto se assunti a dosaggi elevati.

La cirrosi può a volte rappresentare la complicanza di:

  • una steatosi epatica non alcolica (condizione detta anche “fegato grasso”)
  • patologie biliari come l'ostruzione prolungata delle vie biliari, la cirrosi biliare primitiva (caratterizzata dalla progressiva distruzione dei dotti biliari), la colangite sclerosante primitiva 
  • un'ostruzione cronica del deflusso venoso dal fegato e di alcune malattie ereditarie, come emocromatosi, malattia di Wilson, deficit di alfa-1-antitripsina, galattosemia (in questi casi si parla di cirrosi metabolica).

Per quanto riguarda la steatosi epatica non alcolica, negli ultimi dieci anni c’è stata un’impennata di casi. Questa condizione è strettamente correlata al diabete e all’obesità. Di per sé la steatosi epatica non alcolica è una condizione benigna non grave; tuttavia, in una minoranza di casi, circa il 5% del totale, può evolvere in una forma progressiva, la steatoepatite non alcolica o Nash (non-alcoholic steatohepatitis), che compromette seriamente la salute con infiammazione e formazione di tessuto fibroso nel fegato, nonché aumentato rischio di sviluppare cirrosi e tumore epatico. In alcuni Paesi, a partire dagli Stati Uniti, la steatoepatite è oggi tra le cause più comuni di malattia epatica terminale, la cui unica soluzione è il trapianto di fegato. Ma anche in Europa e in Italia rappresenta una minaccia emergente.  

Sintomi più comuni

La cirrosi può restare asintomatica per molti anni. Quando inizia a rendersi manifesta si osserva perdita dell'appetito, stanchezza (astenia), nausea, perdita di peso; a volte si nota la formazione di piccole placche di grasso alle palpebre e di eritema ai palmi delle mani.

Si può anche riscontrare una certa facilità a manifestare ematomi anche per leggere contusioni.

Successivamente possono intervenire ittero (colorito giallastro della pelle e delle sclere degli occhi), prurito e, negli stadi più avanzati, ascite (raccolta di liquidi nel peritoneo con rigonfiamento dell’addome) e stati di confusione mentale.

Complicazioni

Quando la cirrosi si trova in una fase avanzata (cirrosi epatica scompensata), i segni e i sintomi iniziano a farsi importanti e possono comparire una serie di complicanze. Tra queste, oltre all'ingrossamento della milza (splenomegalia), c’è la formazione di varici nei vasi sanguigni che irrorano l'esofago e lo stomaco, che rischiano di rompersi dando origine a sanguinamenti ed emorragie, a volte anche imponenti.

Le varici esofagee si formano per l’aumento della pressione venosa nel circolo portale; questa condizione causa un gonfiore della rete venosa del cardias e dell’esofago.

Le varici esofagee non danno sintomi, generalmente il paziente con cirrosi non sa di avere questo problema finché esegue una gastroscopia di controllo o presenta, come appena accennato, la rottura di questi vasi con conseguente sanguinamento digestivo, che può essere molto grave.

Un'altra complicanza è l'abbassamento dei livelli di ossigeno presenti nel sangue (ipossiemia) con progressiva dispnea (respirazione difficoltosa). Si possono anche manifestare broncopneumopatia cronico ostruttiva e altre patologie polmonari in seguito a reazioni autoimmuni alla malattia.

Specie quando all'origine della cirrosi c’è una epatite B o C, aumenta il rischio che si sviluppi un carcinoma del fegato. In questi casi si raccomanda di sottoporsi con regolarità a esami del sangue e ad altre indagini in modo tale da identificare e curare l’epatocarcinoma sin dal suo esordio.

Diagnosi

Qualora si sospetti una cirrosi epatica, la conferma diagnostica può essere ottenuta ricorrendo ad alcune indagini, a partire da alcuni esami del sangue per verificare i livelli di bilirubina, degli enzimi epatici (transaminasi e gamma-GT), degli indici di sintesi epatica come l’albumina, le piastrine e il tempo di protrombina, che fornisce una misura del tempo di coagulazione. Si può inoltre ricorrere anche all’ecografia, alla Tac, alla risonanza magnetica e, talvolta, a una biopsia epatica.

Le cure

Il trattamento più adatto varia a seconda delle cause della cirrosi e mira essenzialmente a fermare o rallentare la progressione della malattia, evitando ulteriori danni epatici e le possibili complicazioni. Sono di particolare importanza le prescrizioni dietetiche e ancor più l'eliminazione assoluta delle bevande alcoliche. Se, invece, la malattia è stata causata da epatiti virali croniche, è opportuno assumere i farmaci in grado di contrastarle e curarle.

Fino a qualche anno fa la terapia di scelta per l’epatite C si basava sull’associazione tra interferone peghilato e l’antivirale ribavirina, un trattamento con efficacia limitata, effetti collaterali importanti e non indicato per tutti i pazienti. L’introduzione dei nuovi antivirali ad azione diretta ha rivoluzionato la terapia, permettendo non solo di debellare l’infezione in quasi tutti i pazienti, ma anche di trattare individui con malattia in fase avanzata con ottimi risultati. Grazie a questi nuovi farmaci, che agiscono sugli enzimi che permettono al virus di replicarsi, sono diminuiti in modo considerevole anche i pazienti che necessitano di trapianto di fegato a causa dell’epatite C.

In caso di steatosi epatica, per ridurre il rischio di progressione verso le forme più aggressive, si raccomanda di perdere peso e praticare una regolare attività fisica. Una dieta corretta e bilanciata è altrettanto importante per ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue e, qualora non sia sufficiente, si può intervenire con farmaci mirati. Ovviamente è meglio evitare l’assunzione di alcolici che possono impattare ulteriormente sul fegato. 

L'eventuale terapia farmacologica ha lo scopo di prevenire le complicazioni o di alleviare i sintomi, come nel caso del ricorso a diuretici per ridurre l’accumulo di liquido nella cavità addominale (ovvero l’ascite) o di farmaci antipertensivi o interventi chirurgici per ridurre la pressione sanguigna nel fegato o per fermare eventuali emorragie.

È bene che il paziente con cirrosi consulti il medico anche per l'assunzione di farmaci da banco e prodotti erboristici.

Nei casi in cui la malattia si aggravi notevolmente e la prognosi non sia buona può essere necessario il trapianto di fegato. 

Quando consultare il medico

È opportuno quando persistano per un certo tempo sintomi leggeri (perdita dell'appetito, stanchezza, calo di peso) e sempre in presenza di sintomi più preoccupanti come l'ittero. Il medico provvederà agli accertamenti diagnostici opportuni.

Prevenzione

La prevenzione della cirrosi epatica si basa su una serie di accorgimenti che aiutano a tenere lontane le malattie che possono causarla e a contrastare i fattori di rischio. La prima raccomandazione è non bere o limitare molto il consumo di alcolici. Non è purtroppo definibile una quantità di consumo alcolico raccomandabile o “sicura” per la salute. Al massimo si può parlare di quantità “a basso rischio”, ovvero una quantità di alcol giornaliera da non superare: 20 grammi per gli uomini (circa due bicchieri) e 10 grammi per le donne e gli ultra65enni. Qualunque quantità è rischiosa invece per i giovani ai quali si raccomanda di non consumare alcolici sino ai 18-21 anni.

Altre buone regole sono:

  • seguire una dieta ricca di frutta e verdura e povera di grassi animali
  • sottoporsi alla vaccinazione contro l’epatite B (per la C non c’è un vaccino)
  • ridurre il rischio di contrarre l'epatite B o C avendo rapporti sessuali protetti
  • non abusare dei farmaci in generale.

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