Cervicalgia

La cervicalgia, ovvero il dolore localizzato nella parte posteriore del collo, a livello delle vertebre cervicali (tecnicamente indicate come C2-C7 e corrispondenti alla colonna cervicale, ovvero la parte “alta” della colonna vertebrale), è uno dei disturbi osteoarticolari più frequenti in età adulta nel mondo occidentale e può iniziare a causare problemi già a partire dai 30 anni.

I dati epidemiologici indicano che circa il 50% della popolazione mondiale sperimenta un attacco di cervicalgia almeno una volta nella vita. Il picco di insorgenza si colloca nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni e il disturbo sembra prediligere le donne rispetto agli uomini e chi vive in città rispetto a chi risiede in zone rurali.

Secondo il Global Burden of Disease 2010 Study, la cervicalgia si colloca al quarto posto nella classifica delle cause di anni persi per invalidità, subito dopo la lombalgia, la depressione e i dolori articolari.

Che cos’è

Nel linguaggio comune, spesso, ci si riferisce alla cervicalgia con il termine generico “cervicale” (usato in espressioni come “è colpa della cervicale”, “soffro di cervicale” ecc.), riassumendo così in modo improprio il tipico dolore al collo, di carattere muscolo-scheletrico, più o meno intenso e disabilitante, che può irradiarsi anche a una spalla (più raramente entrambe) e alle braccia, rendendo difficoltosi i movimenti a causa del calo di forza muscolare e dei fastidi sensitivi associati (formicolio localizzato, intorpidimento, alterazioni della sensibilità, sensazione di punture di spillo o di alterazioni della temperatura del braccio interessato). Inoltre, la cervicalgia può anche indurre ad assumere una postura che non consente di espandere adeguatamente la cassa toracica, compromettendo così una corretta respirazione. 

La cervicalgia compare, molto spesso, come conseguenza dell’alterazione delle superfici ossee intervertebrali determinata dall’artrosi e dall’infiammazione che ne consegue, che può coinvolgere in modo variabile la muscolatura e i legamenti di collo e spalle e i nervi cervicali (che si diramano dal midollo spinale contenuto nel canale vertebrale per andare a innervare numerose strutture sensitive e muscolari del collo, delle spalle e delle braccia).

D’altro canto, un generico dolore al collo può comparire anche a causa di una semplice contrattura muscolare estemporanea, causa di un malessere altrettanto significativo, ma legata a un fenomeno non degenerativo e completamente reversibile al termine dell’attacco di cervicalgia acuto (diversamente dall’artrosi cervicale, che resta sempre presente anche nei periodi di benessere tra attacchi acuti successivi).

Sintomi della cervicalgia

In relazione all’origine e alla distribuzione del dolore e ai sintomi secondari di contorno si riconoscono tre varianti della cervicalgia, ossia la cervicalgia vera e propria, la sindrome cervico-brachiale e la sindrome cervico-cefalica. Vediamo quali sono le differenze.

Forma di cervicalgia Sede del dolore Manifestazioni
Cervicalgia vera e propria Il dolore interessa prevalentemente il collo, soprattutto nella
regione della nuca, e la parte alta della schiena, tra le scapole
Il dolore è in genere legato alla presenza di una contrattura e/o di infiammazione
muscolare (in particolare, a carico del muscolo splenio della testa e
del collo, del trapezio e del muscolo elevatore della spalla), in
proporzione variabile da caso a caso. Il fastidio che ne deriva può
essere notevole e può impedire del tutto o solo in parte di muovere il
collo per uno o più giorni.

Sindrome cervico-brachiale

Dolore al collo e alle spalle Al dolore al collo e alle spalle si aggiungono sintomi sensitivi
e calo di forza, che dal rachide cervicale si irradiano alle spalle e
alle braccia, arrivando talvolta fino alle mani. Le
manifestazioni, in genere, riguardano un solo braccio, in corrispondenza
del lato maggiormente interessato dall’infiammazione, che in questo
caso coinvolge in modo marcato anche i nervi cervicali.
Sindrome cervico-cefalica Dolore al collo e alle spalle Sono presenti sintomi sensitivi neurologici distintivi come mal di testa,
vertigini e nausea, disturbi della vista e dell’udito, cui si aggiungono, a volte, anche disturbi della deglutizione. Queste manifestazioni possono essere così intense e invalidanti da far passare del tutto in secondo piano il dolore al collo.

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Cause del dolore al collo

La cervicalgia può insorgere per ragioni innumerevoli e molto diverse tra loro. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la comparsa di dolore a collo e spalle è legata a errori di stile di vita che impongono stress abnormi a questa regione della colonna vertebrale, oppure alla presenza di artrosi cervicale (una patologia degenerativa a carico della cartilagine, a sua volta favorita da fattori sfavorevoli di tipo posturale, oltre che dalla predisposizione genetica).

I principali fattori di rischio modificabili di cervicalgia comprendono:

- le tensioni psicoemotive

- la sedentarietà o la mancanza di esercizio fisico strutturato

- l’attività fisica estrema e gli sforzi eccessivi, soprattutto se eseguiti in ambienti freddi/umidi

- i movimenti ripetuti delle braccia e delle spalle (in contesti di tipo ludico o professionale)

- il mantenimento di una postura scorretta, sia durante il giorno sia durante il sonno.

Correggere opportunamente questi comportamenti è la migliore strategia per ridurre la probabilità non soltanto di soffrire di cervicalgia, ma anche di sviluppare l’artrosi cervicale che può promuovere ulteriormente questi disturbi.

Anche una malocclusione dentale o un evento traumatico acuto occasionale (come il colpo di frusta o un’incidente sportivo) o continui micro-insulti lesivi (come quelli che interessano chi pratica sport di contatto quali boxe, rugby, football americano o lavori usuranti come il muratore o il facchino) possono essere all’origine o, comunque, facilitare l’insorgenza della cervicalgia. Inoltre, in caso i muscoli siano già sottoposti a una contrattura, anche i cosiddetti “colpi di freddo” possono scatenare un episodio di cervicalgia.

In tutti i casi, poi, la presenza di fattori predisponenti individuali, come alterazioni delle curvature fisiologiche della colonna (per esempio, la scoliosi, la cifosi dorsale o l’iperlordosi lombare), può aumentare la probabilità di sviluppare cervicalgia, sia a causa della meccanica e dinamica improprie inevitabilmente imposte da queste condizioni sia come conseguenza dei comportamenti a rischio già citati, che in questi casi diventano ancora più dannosi.

A prescindere dall’età, dalla professione e dalle caratteristiche individuali, se non si vuole aumentare la probabilità di soffrire di cervicalgia è, inoltre, consigliabile evitare il fumo, sia attivo sia passivo, risultato associato a una maggior frequenza di disturbi a livello del collo, per ragioni non ben precisate, ma probabilmente legate all’aumento del grado di infiammazione generale dell’organismo.

Ulteriori fattori di rischio, almeno in parte modificabili, che possono favorire l’insorgenza di indolenzimenti e contratture muscolari al collo riguardano la sfera psicologica: l’esperienza clinica dimostra che rimuovere le tensioni e alleviare situazioni di depressione, ansia e stress può avere un impatto favorevole sulla cervicalgia e sui sintomi di contorno, mentre la loro persistenza può impedirne la risoluzione, nonostante terapie appropriate.

Terapia della cervicalgia acuta e cronica

Di norma, in assenza di gravi alterazioni strutturali della colonna vertebrale o patologie specifiche sottostanti, il dolore al collo e l’insieme degli altri segni e sintomi della cervicalgia tendono a migliorare spontaneamente nell’arco di alcuni giorni, soprattutto se viene intrapresa una terapia con farmaci analgesici o antinfiammatori appropriati o un trattamento termico dall’effetto sovrapponibile.

In genere, il primo approccio terapeutico può basarsi su farmaci e/o presidi medici (per esempio, fasce termiche) da banco, liberamente acquistabili in farmacia senza ricetta medica. Tuttavia, se si tratta di un dolore che non regredisce (o, addirittura, peggiora) nell’arco di 2-3 giorni, è necessario rivolgersi al medico per una valutazione competente e l’eventuale prescrizione di indagini strumentali appropriate (radiografie, TAC, risonanza magnetica ecc.).

Lo specifico trattamento da intraprendere deve essere scelto in relazione al fatto che la cervicalgia sia in fase acuta (ossia caratterizzata da un dolore intenso di insorgenza recente e improvvisa), post-acuta (corrispondente alla naturale evoluzione della fase precedente) oppure cronica (situazione nella quale dolori cervicali di intensità variabile sono costantemente presenti per lunghi periodi, generalmente a causa di una patologia sottostante come l’artrosi cervicale).

Durante la fase acuta, la terapia ha lo scopo di ridurre l’intensità del dolore nel più breve tempo possibile e restituire l’abituale capacità di movimento di collo, braccia, spalle e schiena, senza fastidi ulteriori. Per ottenere questi risultati, si possono utilizzare farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), da applicare localmente sotto forma di creme, gel, cerotti a rilascio graduale o da assumere per bocca, oppure analgesici per via orale. Nei casi di dolore particolarmente severo o non alleviato da questi rimedi, il medico può proporre l’infiltrazione di anestetici locali o corticosteroidi.

Se la cervicalgia acuta è indotta da errori posturali o movimenti ripetitivi e associata a una contrattura muscolare significativa, anche i farmaci miorilassanti possono avere un ruolo nel calmare il dolore, grazie alla riduzione della tensione muscolare abnorme presente. Questi farmaci dovrebbero essere assunti con una certa cautela dagli anziani e dalle persone sensibili ai loro effetti poiché possono determinare una transitoria debolezza muscolare e facilitare cadute e traumi.

In alternativa, quando la contrattura muscolare è la causa primaria del mal di collo, per rilassare i muscoli e alleviare il dolore si possono applicare fasce adesive auto-riscaldanti, da lasciare in sede per 8 ore. Gli studi e l’esperienza clinica indicano che questo rimedio è efficace quanto quello farmacologico sul piano antalgico (cioè di riduzione del dolore), ma non va usato quando la cervicalgia presenta una prevalente componente infiammatoria. Quindi, se il dolore dipende, per esempio, dalla riacutizzazione di un’artrosi cervicale, prima di applicare il calore si dovranno attendere 2-3 giorni (fase post-acuta).

Quando il dolore del tratto cervicale è dovuto a un trauma come il colpo di frusta, può essere prescritto l’uso del collare. Questo presidio medico, tuttavia, è spesso mal visto dagli ortopedici e dovrebbe essere indossato per un periodo di tempo limitato per evitare di “far rilassare” troppo e indebolire la muscolatura del collo, che vanno invece mantenuti attivi per facilitare una guarigione dal trauma rapida ed efficiente.

Superato l’attacco acuto di cervicalgia acuta, per eliminare i sintomi residui, favorire un pieno recupero funzionale del paziente e prevenire nuovi episodi dolorosi può essere intrapreso un percorso riabilitativo con fisioterapia, manipolazioni, elettro-analgesia, massoterapia e termoterapia. Tutti questi interventi devono essere pianificati dal medico, in relazione alla natura del mal di collo e alle eventuali patologie sottostanti e devono essere avviati soltanto dopo che la fase acuta è stata superata (viceversa si rischia di aumentare infiammazione e dolore anziché ridurli).

In una minoranza di casi, per risolvere la cervicalgia di tipo cronico si potrebbe ricorrere all’intervento chirurgico, effettuato da un neurochirurgo o da un chirurgo ortopedico, ma queste sono condizioni estremamente rare. Questa eventualità si presenta soprattutto in chi soffre di artrosi cervicale che abbia comportato la formazione di “spine ossee” sulle superfici vertebrali che si affacciano sul forame centrale, cioè lo spazio dove è presente il midollo spinale, o sui punti di uscita dei nervi spinali, andando a premere sul midollo spinale o sui nervi stessi, causando infiammazioni e/o determinando una lesione.

Un’altra condizione in cui può essere proposto l’intervento chirurgico in caso di cervicalgia è la formazione di un’ernia del disco per cedimento della membrana fibrosa (annulus) che avvolge il “cuore” (nucleo polposo) dei dischi intervertebrali.
Anche l’ernia del disco, così come le spine ossee dell’artrosi, causa una compressione delle radici nervose, facendole infiammare.

L’intervento chirurgico è comunque un’ultima spiaggia.

L’importanza dello stile di vita

Oltre a tutti gli interventi farmacologici, fisici e chirurgici citati, per evitare nuovi attacchi di cervicalgia acuta e l’instaurarsi di una forma cronica è essenziale modificare le abitudini di vita, imparando a evitare di assumere qualsiasi posizione scorretta sia durante le attività della giornata (sul lavoro, in auto, a tavola, mentre si guarda la televisione o si usano tablet e smartphone) sia durante il riposo notturno. Per abituarsi più facilmente a una postura corretta ci si può avvalere di sedute ergonomiche e cuscini sagomati appositamente studiati per scaricare la tensione dai muscoli del collo, dalle spalle e dalle braccia e per mantenere un orientamento ideale di tutta la colonna vertebrale.

In aggiunta, è importante praticare regolarmente sia attività sportive in generale sia esercizi specifici per collo, spalle e braccia, idealmente facendosi supportare almeno in una prima fase da un fisioterapista abilitato o da un istruttore competente. A riguardo, va ricordato che l’esercizio fisico, lo stretching e il rafforzamento muscolare correttamente eseguiti rappresentano veri e propri trattamenti preventivi per gran parte delle patologie delle articolazioni e per il mal di schiena, nonché un prezioso alleato della salute globale.

Quando consultare il medico

Il medico di famiglia ed eventualmente lo specialista ortopedico o neurochirurgo (preferibilmente con specifica competenza in disturbi della colonna vertebrale) andrebbero sempre consultati alla comparsa di sintomi dolorosi significativi a carico del collo e delle spalle e, nuovamente, se la cura inizialmente prescritta per contrastare la cervicalgia non ha sortito l’effetto desiderato in tempi ragionevoli (7-14 giorni).

Altri segnali d’allarme che devono indurre a evitare o abbandonare le cure fai-da-te e a richiedere un tempestivo approfondimento diagnostico comprendono la comparsa di febbre, forte mal di testa, debolezza, torpore, difficoltà di concentrazione e tremori, nonché l’irradiamento di sintomi neurologici significativi a braccia e/o gambe.

Il medico (pediatra) va poi sempre interpellato quando ad avere mal di collo di qualunque origine è un bambino, soprattutto se la possibile causa del dolore non è immediatamente riconoscibile. A riguardo, va ricordato che l’insorgenza di rigidità muscolare al collo in associazione a febbre può indicare la presenza di meningite, una malattia severa e dagli esiti potenzialmente invalidanti o addirittura letali che richiede l’invio immediato al Pronto soccorso e l’avvio di cure mirate il più rapidamente possibile.

La meningite è una patologia infrequente, ma grave, che in passato riguardava soprattutto l’età pediatrica, ma che oggi tende a presentarsi più spesso anche tra gli adulti ed è per questo che si consiglia sempre più di fare la profilassi vaccinale.

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