Sordità infantile: screening neonatale e non solo

Un bambino su mille nasce con problemi di sordità gravi, al punto da compromettere lo sviluppo del linguaggio. Fondamentale la diagnosi precoce, alla nascita, e i controlli nei mesi successivi.

È il primo dei cinque sensi a svilupparsi. Ancora nel pancione, i bambini sentono quello che succede all’esterno. E, dopo la nascita, è fondamentale per lo sviluppo cognitivo: senza udito è quasi impossibile interagire con gli adulti e gli altri bambini.

Secondo alcune indagini, circa un bambino su 1000 nasce con un problema di sordità talmente grave da compromettere l’acquisizione del linguaggio.

Ne hanno parlato alcuni tra i maggiori esperti italiani al recente congresso Hearing for everyone, supportato da Audium.

Un esame semplice e non invasivo

Non c’è in tutti gli ospedali italiani, ma si sta diffondendo. L’auspicio è che presto venga eseguito in tutte le Regioni. Sono tante, in questo senso, le iniziative di sensibilizzazione e le campagne di informazione. Come, per esempio, quella dell'OBM, Ospedale dei Bambini di Milano Buzzi onlus.

Stiamo parlando dello screening generale per i disturbi uditivi che, se fatto sui neonati, consente di intervenire subito e garantire un recupero totale.

Consiste nella misurazione delle otoemissioni acustiche: in pratica serve a verificare se la coclea, una parte dell’orecchio interno a forma di chiocciola, emette onde sonore quando viene stimolata da impulsi esterni.

L’esame è assolutamente non invasivo: dura un minuto, viene eseguito dopo 2 o 3 giorni di vita e il bambino non si accorge di nulla.

Se il risultato non è convincente, il test viene ripetuto dopo tre settimane. E se anche in questo caso l’esito è negativo, si passa a un altro esame: la misura dei potenziali evocati uditivi.

Consiste nel far ascoltare al bambino dei “click” e nel frattempo si misura, grazie a tre elettrodi applicati sulla cute della testa, l’onda cerebrale generata da questi suoni.

Dura mezz’ora e anche questo esame non è invasivo. Se l’esito è negativo, si approfondisce meglio il deficit con esami audiologici più complessi. Ed eventualmente si decide il trattamento.

Nel 2011 vi sono stati sottoposti soltanto il 78 per cento dei neonati italiani. Ma la situazione potrebbe cambiare presto, visto che lo screening neonatale dell’udito è stato inserito nel Piano sanitario nazionale 2011-2013 come priorità del percorso nascita.

Segnali d’allarme durante la crescita

Alcuni disturbi uditivi insorgono dopo la nascita. Per questo è importante che i genitori seguano con attenzione i comportamenti che i loro figli adottano nei confronti dei suoni e dei rumori.

In genere basta cogliere gli stati d’animo, osservare l’espressione del viso e gli atteggiamenti quando per esempio si è in presenza di un rumore forte, come una porta che sbatte.

E man mano che cresce ci si accorge facilmente se, chiamandolo per nome, non si volta. Oppure se non risponde alle vostre domande.

In tutti i casi in cui si sospetta un problema uditivo è bene rivolgersi al proprio pediatra di famiglia il quale, se lo ritiene opportuno, provvederà a sottoporre il bambino agli esami e ai test più opportuni.

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