Glaucoma: le dieci cose da sapere

Una malattia subdola, che si manifesta solo quando il danno al nervo ottico è ormai avanzato. Diagnosi precoce e trattamenti adeguati possono però ridurre i pericoli per la vista.

Che cos’è il glaucoma?

Quando si parla di glaucoma ci si riferisce a un gruppo eterogeneo di malattie oculari in cui la pressione all’interno dell’occhio è sufficientemente elevata per danneggiare il nervo ottico e quindi il campo visivo. La forma più diffusa è il glaucoma ad angolo aperto, che riguarda circa l’80 per cento dei casi.

A che cosa è dovuto il glaucoma ad angolo aperto?

In condizioni normali all’interno dell’occhio è presente un liquido (umore acqueo) che viene continuamente prodotto e fatto defluire attraverso una struttura filtrante (trabecolato). Se il sistema di scarico è ostruito aumenta la tensione oculare, la quale col tempo danneggia il nervo ottico.

Quali sono i suoi sintomi?

In fase iniziale non dà sintomi apprezzabili. Non ci si accorge di nulla finché il danno al nervo ottico è a uno stadio avanzato e irreversibile. Questa malattia comporta una perdita graduale del campo visivo fino alla visione tubulare, come guardare attraverso un foglio di carta arrotolato. Poi anche la visione centrale sparisce.

Chi rischia di più?

Le possibilità di sviluppare il glaucoma ad angolo aperto aumentano in presenza di una predisposizione familiare, con l’invecchiamento, se si hanno difetti visivi elevati (miopia, astigmatismo e ipermetropia) e qualora si abbiano disturbi vascolari (per esempio legati al diabete).

Come si può scoprire?

L’unico modo è effettuare controlli oculistici periodici che prevedano la misurazione della pressione all’interno dell’occhio e l’osservazione del fondo dell’occhio. Se uno di questi parametri è alterato si eseguono altri esami più specifici come il campo visivo e indagini morfologiche per analizzare la papilla ottica o le fibre nervose.

Quando andrebbero fatti i controlli?

Prima dei 45 anni si consiglia di sottoporsi a una visita oculistica ogni 4-5 anni. Passata questa età i controlli dovrebbero essere più ravvicinati, almeno ogni 2 o 3 anni.
In caso di familiarità per il glaucoma si raccomanda di effettuare visite regolari anche in età più precoci, da concordare di volta in volta con lo specialista.

Come si può curare?

Le terapie attuali mirano a frenare il decorso della malattia, riducendo la pressione oculare.
Di solito in prima battuta si ricorre a colliri specifici che danno buoni risultati se la cura è seguita
con costanza. Se questo approccio non è sufficiente si può ricorrere a un trattamento laser per allargare i canali da cui defluisce l’umore acqueo, ristabilendo così la pressione all’interno dell’occhio.

Quando ci vuole il bisturi?

La chirurgia del glaucoma ad angolo aperto si basa sugli interventi filtranti, tra cui il più comune
è la trabeculectomia. L’obiettivo è creare, praticando un “foro” nell’occhio, una via alternativa di deflusso all’umore acqueo, che lo porti nello spazio sottocongiuntivale. In genere si tende a riservare questo approccio ai casi più avanzati che non rispondono più alla terapia medica.

Sono allo studio nuove terapie?

Negli ultimi anni si stanno sperimentando nuovi approcci chirurgici meno invasivi, in cui la zona dell’intervento viene raggiunta attraverso una incisione della cornea, simile a quella eseguita
per la cataratta, e non attraverso la congiuntiva e la sclera come avviene nella trabeculectomia.
I risultati sembrano incoraggianti.

Il glaucoma può portare a cecità?

Sì, è una delle principali cause di cecità nel mondo. Si stima che siano circa 6 milioni i non vedenti
per colpa di un glaucoma non riconosciuto e non curato. La cecità e l’ipovisione provocate da questa malattia si possono però prevenire. Lo strumento migliore è la diagnosi precoce
che permette di individuare i segnali iniziali e avviare una terapia mirata per evitare peggioramenti.

Antonella Sparvoli
Antonella Sparvoli
Nata e cresciuta a Milano, dopo il Liceo scientifico, decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze biologiche all’Università Statale di Milano. Le materie di studio la appassionano molto e si laurea a pieni voti nel 1995, dopo un periodo di studio come studente Erasmus al Trinity College di Dublino e l’internato per la tesi di laurea nel Laboratorio di immunologia molecolare del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano. Si dedica per un breve periodo alla ricerca, ma poi capisce che il suo posto non è tra le provette di un laboratorio, ma tra le pagine di un giornale. Frequenta il Corso post-Laurea in Comunicazione scientifica, organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, e inizia a scrivere per riviste specializzate e divulgative. Dal 1998 collabora in modo continuativo con il Corriere Salute, nel 2010 inizia a collaborare con Io Donna, il femminile del Corriere della sera, e nel 2016 inizia a scrivere per Sapere Salute. Ha scritto alcuni testi di Biologia per le scuole superiori, il volume “Mi spieghi dottore”, ma il suo sogno è scrivere un romanzo. Scherzosamente si definisce «giornalinga», un po’ giornalista… un po’ casalinga. Tra un articolo e l’altro, si dedica al marito Davide e ai figli Andrea e Sofia. Nel tempo libero ama fare sport, andare in bicicletta e, quando possibile, viaggiare. 

Articoli correlati

Pubblicità

Gli articoli più letti

I servizi per te
Farmaci a domicilio
Prenota una visita