Apparecchio per i denti: a ciascuno il suo

Tutti in riga. A quattro, a sei, a dodici o a trent’anni. Non importa, ormai, l’età né che i denti siano da latte o definitivi. Ciò che conta è che siano perfettamente allineati.

E non soltanto per ragioni estetiche, ma perché il corretto posizionamento reciproco all’interno della bocca evita danni secondari allo smalto dovuti a sovrapposizioni imperfette e disturbi da malocclusione, facilitando inoltre una corretta masticazione e una migliore pulizia dopo i pasti.

I dispositivi utilizzabili, fissi o mobili, per arrivare a una situazione ortodontica ideale sono ormai innumerevoli, adatti a tutti i gusti e a, quasi, tutte le tasche.

Ma la scelta è libera soltanto nei casi più semplici, quando il difetto di allineamento da correggere è tutto sommato lieve e i denti sani. Quando i problemi sono più complessi o lo smalto è già un po’ usurato meglio affidarsi ai consigli di uno specialista qualificato.

L’apparecchio mobile è molto comodo, magari da portare soltanto di notte e per alcune ore al giorno, e può essere meglio accettato dai bambini, ma il grado di correzione che si riesce a ottenere con questo intervento a intermittenza è complessivamente modesto.

Spesso lo si usa per trattare soltanto disturbi specifici di una parte dei denti o per stabilizzare il risultato ottenuto con una cura ortodontica più impegnativa. Questi apparecchi sono generalmente indicati soltanto nell’infanzia.

Per ottenere correzioni più sostanziali e durature, di solito, si utilizzano dispositivi ortodontici fissi, parziali o totali.

I modelli classici, con placchette (attacchi) e fili (archi) in metallo, posti sulla superficie anteriore dei denti, sono quelli relativamente più economici e più efficienti nel riposizionare i denti in poco tempo, ma sono anche i meno amati, soprattutto per ragioni di ordine estetico. In genere, prevedono anche l’uso di elastici, periodicamente sostituiti dall’ortodontista in funzione dei progressi della terapia.

Adulti e adolescenti

Tendenzialmente, oggi, soprattutto nell’adolescenza e in età adulta, si preferiscono gli apparecchi con attacchi in ceramica o in composito di colore simile a quello dei denti e filo ortodontico in metallo o in resina sintetica trasparente, più discreti e pressoché invisibili dall’esterno a un occhio poco attento.

Principale inconveniente di queste varianti è il costo, sensibilmente più elevato di quello delle versioni in metallo, cui si accompagna anche un’azione leggermente più erosiva sullo smalto: un “effetto collaterale” comunque accettabile in caso di dentature giovani e sane, ma non in presenza di un’usura parziale, otturazioni delicate o danni superficiali preesistenti.

Un’opzione esteticamente ottimale, ma ancora una volta onerosa (e, almeno all’inizio, più fastidiosa), è quella che vede il dispositivo ortodontico in metallo applicato sul lato interno dell’arcata dentale, del tutto nascosto alla vista.

In questo caso, oltre a denti e bocca perfettamente sani, per avvalersi in totale sicurezza di questo tipo di apparecchio correttivo è essenziale essere dotati di un’ottima manualità nelle operazioni di igiene orale quotidiana, particolarmente disagevole data la posizione delle placchette e del filo.

Bite in resina

Se il difetto da correggere è minimo, invece, ci si può limitare a indossare un bite in resina trasparente, modellato sulla base della dentatura individuale e dell’obiettivo che si desidera ottenere.

Questo dispositivo, analogo alle protezioni utilizzate per contrastare il bruxismo, è pressoché invisibile e può essere indossato sia di giorno sia di notte, secondo le indicazioni e per i tempi prescritti dell’ortodontista, togliendolo per mangiare e per effettuare la pulizia dei denti.

Tipo di apparecchio Fascia d'età
Apparecchio mobile Bambini
Apparecchio fisso con placchette e fili in metallo Bambini
Apparecchio fisso con placchette in ceramica Adulti/adolescenti
Bite in resina Adulti

Rosanna Feroldi
Rosanna Feroldi
Da adolescente le avevano detto di fare il liceo classico e ha scelto lo scientifico. Alla maturità, le hanno detto di iscriversi Lettere e Filosofia e ha puntato su Biologia. Dopo laurea e tirocinio, al dottorato in elettrofisiologia ha preferito un corso di comunicazione e giornalismo scientifico della Facoltà di Farmacia - Università Statale di Milano. Insomma, non è il tipo che si lascia convincere facilmente. Da lì, è iniziato, più per gioco che per scelta, un percorso professionale che continua con soddisfazione da quasi vent'anni, passando da attività di consulente per la comunicazione su salute e stili di vita sani per il Progetto Città sane - Comune di Milano alla proficua collaborazione con la Fondazione San Raffaele di Milano, dove per 13 anni si è occupata di realizzare il magazine dell'Ospedale San Raffaele destinato ai pazienti e materiale divulgativo distribuito nell'ambito di campagne di sensibilizzazione, nonché di supportare l'attività di ufficio stampa. Contemporaneamente, entusiasta, mai stanca ed esagerando anche un po', ha interagito con numerose realtà editoriali come giornalista scientifica e medical writer, realizzando contenuti per riviste dirette al pubblico, ai medici e ai farmacisti. Il sopravvento del web ha cambiato molte cose, ma non l'ha indotta a desistere. Così, eccola ora alle prese prevalentemente con progetti editoriali online e attività di comunicazione/reportistica medico-scientifica nelle aree cliniche più disparate. A volte, si chiede come abbia fatto, altre come continuerà. The show must go on.

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