Alluce valgo: colpa dei tacchi?

Può insorgere per una predisposizione individuale e per una scorretta biomeccanica del piede, spesso legata all’utilizzo di calzature non adatte.

Quasi quattro italiani su dieci, in prevalenza donne, soffrono di alluce valgo, una deformità della parte anteriore del piede, dovuta a una deviazione del primo dito verso le altre dita del piede.

Tale spostamento causa un antiestetico e doloroso rigonfiamento laterale, la ben nota “cipolla”.

Questa patologia, tipicamente femminile, viene spesso attribuita all’uso di scarpe con il tacco alto, un accessorio che valorizza la figura, ma che in effetti può avere qualche effetto collaterale.

Tacchi e alluce valgo

L’alluce valgo è una deformità legata da una parte a una predisposizione familiare e dall’altra a una scorretta biomeccanica del piede che genera forze deformanti su tutto l’avampiede. Ed è qui che entrano in gioco le scarpe con il tacco alto: bastano sei centimetri di tacco per aumentare il carico sull’avampiede di circa il 60 per cento, mentre nove centimetri fanno scaricare più del 75 per cento del peso corporeo sulla punta del piede.

Con un tacco di due centimetri, invece, il carico si equilibra al 50 per cento tra tallone e dita. Ma non conta solo il tacco, se la scarpa è anche a punta le cose si complicano: l’alluce e il quinto dito vengono spinti verso il centro del piede, favorendo ulteriormente la deviazione verso l’interno dell’osso metatarsale dell’alluce.

Dolore e deformità

Molti vedono nell’alluce valgo solo un problema estetico, ma in realtà la progressiva modificazione dell’angolazione del primo dito può provocare disturbi ben più seri, a partire dal dolore, che all’inizio è legato soprattutto allo sfregamento della “cipolla” (testa del primo metatarso) con le scarpe.

Nelle forme più avanzate possono essere coinvolte anche le altre dita del piede con metatarsalgie che, oltre alla tipica sensazione di avere un sasso sotto al piede, causano un dolore, più o meno intenso, nella parte anteriore del piede.

Se non si interviene in alcun modo, c’è, inoltre, il rischio che le dita possono deformarsi a martello e rendere ancora più difficile calzare qualunque tipo di scarpa.

Che cosa si può fare

Se si è ormai instaurata una deformità dell’alluce, non è più possibile tornare indietro, ma qualche accorgimento può aiutare a evitare peggioramenti o, quantomeno, a tamponare provvisoriamente.

Per esempio si può cercare di limitare i danni utilizzando plantari, che scarichino il peso dalle teste metatarsali, e calzature adatte, che non abbiano la pianta e la punta troppo strette e un tacco vertiginoso. Questo non significa rinunciare alle scarpe con i tacchi, ma utilizzarle con buon senso.

Se si devono indossare ogni giorno, fin dal mattino, meglio optare per un’altezza non eccessiva, che non superi i tre, quattro centimetri. Per le occasioni speciali, invece, si possono fare eccezioni.
Quando però l’alluce valgo è tale da provocare forti dolori e fastidi nel camminare, l’unica soluzione è l’intervento chirurgico. In questi casi è fondamentale agire alla radice del problema ed evitare interventi solo “cosmetici”, purtroppo ancora diffusi.

Antonella Sparvoli
Antonella Sparvoli
Nata e cresciuta a Milano, dopo il Liceo scientifico, decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze biologiche all’Università Statale di Milano. Le materie di studio la appassionano molto e si laurea a pieni voti nel 1995, dopo un periodo di studio come studente Erasmus al Trinity College di Dublino e l’internato per la tesi di laurea nel Laboratorio di immunologia molecolare del Dibit, all’Ospedale San Raffaele di Milano. Si dedica per un breve periodo alla ricerca, ma poi capisce che il suo posto non è tra le provette di un laboratorio, ma tra le pagine di un giornale. Frequenta il Corso post-Laurea in Comunicazione scientifica, organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, e inizia a scrivere per riviste specializzate e divulgative. Dal 1998 collabora in modo continuativo con il Corriere Salute, nel 2010 inizia a collaborare con Io Donna, il femminile del Corriere della sera, e nel 2016 inizia a scrivere per Sapere Salute. Ha scritto alcuni testi di Biologia per le scuole superiori, il volume “Mi spieghi dottore”, ma il suo sogno è scrivere un romanzo. Scherzosamente si definisce «giornalinga», un po’ giornalista… un po’ casalinga. Tra un articolo e l’altro, si dedica al marito Davide e ai figli Andrea e Sofia. Nel tempo libero ama fare sport, andare in bicicletta e, quando possibile, viaggiare. 

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