Nei sulla pelle? Sono belli, ma da tenere d’occhio

Macchioline scure che possono diventare anche un segno distintivo e affascinante, i nei non sono, nella maggior parte dei casi, pericolosi. Ma vanno controllati. Ecco perché.

Nel Settecento le nobildonne francesi si truccavano aggiungendoli sul mento o sulle guance. Erano considerati essenziali per un look perfetto, ma non soltanto: a seconda della loro collocazione avevano un diverso significato. D’amore, naturalmente. Nell'Ottocento le cortigiane usavano applicarne alcuni finti sul viso o sul décolleté.

Piccole imperfezioni della pelle che, anche più di recente, molti hanno desiderato di possedere sulla guancia, proprio come Marilyn Monroe, una delle dive più desiderate di Hollywood.

Sono i nei, più propriamente chiamati nevi, macchioline scure che compaiono sulla pelle e che tanta fama hanno guadagnato, non soltanto grazie alla Monroe. Un altro esempio? Quello sul labbro superiore di Cindy Crawford: la macchiolina è diventata un’icona quasi paragonabile alla stessa top model.

Naturalmente la posizione e la dimensione discreta possono fare la differenza. Ma queste macchie di bellezza (beauty spot, come le chiamano gli americani) anche se nella maggior parte dei casi non sono pericolose ogni tanto devono essere controllate.

Quei melanociti un po’ vivaci

I nei sono proliferazioni benigne di un particolare tipo di cellule, i melanociti, che hanno il compito di produrre melanina, il pigmento naturale che ci protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari.

Possono essere localizzati in qualsiasi parte del corpo, e raramente sono presenti dalla nascita; di solito compaiono entro i primi anni di vita. E in età adulta la loro comparsa è ritenuta normale fino a circa trent’anni di età.

In rari casi, però, la crescita di questi melanociti diviene incontrollata e può dare origine al temuto melanoma, un tumore della pelle che, se non identificato in tempo, può portare gran brutte sorprese.

Per questo, un controllo ogni tanto, male non fa. Anzi, è caldamente raccomandato. Prendiamo quindi la palla al balzo d’estate, quando ci si scopre ed è più facile fermare l'attenzione su qualche neo che non ci convince.

Ma quali sono i criteri per capire se un neo può essere pericoloso? Ovviamente la diagnosi spetta al dermatologo, ma esiste un criterio relativamente semplice che tutti possiamo adottare. Ed è facile da ricordare. Bastano le prime lettere dell’alfabeto.

L’ABC..DE della prevenzione

Il metodo ABCDE si basa sull’osservazione di cinque parametri chiave, che iniziano appunto con queste lettere. Una variazione di uno o più di essi ci deve spingere a consultare il dermatologo.

A=Asimmetria Quando un neo è asimmetrico o lo diventa
B=Bordi: Quando i bordi sono irregolari, frastagliati e mal delimitati
C=Colore  si nota una variazione del colore originario con la comparsa di
sfumature nerastre, grigie, blu o rossastre (colore variegato), oppure
quando il colore tende a sbiadire in una sola zona del nevo
D=Dimensioni  le dimensioni superano i 6 millimetri di diametro
E=Evoluzione Quando, nell’arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella
forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo oppure diviene rilevato
(Elevazione), oppure quando sanguina spontaneamente (Emorragia).

Ma anche la comparsa improvvisa di nuovi nei in età adulta deve essere attentamente valutata. Si ritiene infatti che la maggior parte dei melanomi si sviluppi su aree di cute normale.

Alcuni miti da sfatare

Non è vero che traumi e ferite trasformano il neo in tumore: anche se sottoposti a lesioni accidentali e/o ripetute (tagli da rasoio, sfregamenti dovuti alle spalline del reggiseno o alla cintura e così via) i nei non diventano melanomi.

Non è vero che i nei non vanno toccati in alcun modo: un intervento chirurgico di asportazione non rappresenta un pericolo. Anzi, permette una valutazione più approfondita del tipo di lesione.

Non è vero che il sole fa comunque male: tutto dipende da come lo si prende. Poco sole preso tutti i giorni sembra addirittura proteggere dal melanoma.

Almeno stando a quanto ha evidenziato uno studio dell’università del New Mexico, presentato a maggio all’85esimo congresso nazionale della Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (SIDeMaST).

In effetti era già stato appurato che non è tanto l’esposizione al sole di per sé che fa male, quanto quella occasionale, eccessiva e senza precauzioni. Sono proprio le scottature solari ripetute, soprattutto dai 5 ai 18 anni, ad aumentare del 70% la probabilità di sviluppare melanomi nell’età adulta.

Quindi? È necessario proteggere sempre la pelle dal sole, soprattutto quella di bambini e ragazzi, specie durante le prime esposizioni. E poi usare come sempre il buonsenso.

Un decalogo per l’abbronzatura sicura

  1. Applicare protezioni solari prima di uscire, scegliendo i prodotti con filtri solari più adatti al proprio tipo di pelle
  2. Ricordare che per poter contare su un’efficace protezione è necessario rinnovare continuamente la loro applicazione. Infatti, la sudorazione, i bagni, la sabbia favoriscono la scomparsa del filtro, anche nei prodotti “waterproof”
  3. Indossare cappello e occhiali da sole
  4. Se non si è ancora abbronzati non esporsi comunque al sole per più di 45 minuti al giorno
  5. Evitare le ora più calde: tra le 11.00 e le 16.00
  6. In tali ore non esporre i bambini di età inferiore ai 3 anni, nemmeno se protetti da creme solari
  7. Non dimenticare che i colpi di sole non si prendono soltanto sulla spiaggia
  8. Attenzione alle circostanze che riducono la percezione del sole (altitudine, vento fresco, nubi) e ricordarsi che la neve riflette più dell’80% dei raggi UV, ma anche la sabbia ne riflette più del 25%. Quindi, anche sotto l’ombrellone non siamo del tutto al riparo
  9. Attenzione ai farmaci che si assumono, spesso aumentano la suscettibilità al sole
  10. Attenzione anche all’esposizione a raggi UV artificiali (lettini e docce solari): si è calcolato che se si superano le 10 sedute l’anno il rischio di melanoma in persone con più di 30 anni aumenta di 2 volte.

I biondi e i rossi rischiano di più

I fattori di rischio per lo sviluppo del melanoma sono noti soltanto in parte. Oltre a una predisposizione familiare, gioca senza dubbio il fototipo.

Chi ha capelli rossi o biondi, lentiggini, pelle molto chiara e che si abbronza con difficoltà, mentre si scotta facilmente, è più esposto.

Si è comunque visto che tra quanti hanno sviluppato melanomi, molti avevano avuto ustioni solari in età giovanile oppure avevano mostrato un aumento del numero dei nevi a seguito dell'esposizione ai raggi ultravioletti.

L’attenzione è la migliore alleata

La protezione più efficace rimane quindi un’attenta osservazione della propria pelle. Dopo la doccia o il bagno, prendiamo l’abitudine di guardarci allo specchio non soltanto per vedere se quel chiletto di troppo se n’è andato o se è comparsa qualche ruga in più.

Osserviamo invece attentamente anche le nostre piccole “macchie di bellezza”. Controlliamo che non cambino di aspetto e soprattutto che non ne compaiano di nuove: otto volte su dieci, un melanoma si sviluppa senza la preesistenza di alcun neo.

E quali parti del corpo esaminare con più attenzione? Le sedi più comuni in cui si sviluppano i melanomi sono la testa, il collo e il tronco per gli uomini, gli arti per le donne.

Ma le lesioni più insidiose sono quelle che normalmente sfuggono alla nostra attenzione, come per esempio il cuoio capelluto o le pieghe tra le dita dei piedi.

Susanna Trave
Susanna Trave
Nasce a Milano, dove vive da allora. Dopo aver pensato di fare la giornalista prima e l'architetto poi, alla fine segue le orme della famiglia (che nel codice genetico ha la chimica) e si iscrive a Chimica e Tecnologia Farmaceutiche. Si laurea alla Statale di Milano e, appassionatasi alla materia, mentre lavora come borsista all'Università frequenta, nel medesimo Ateneo, il triennio di Specializzazione in Endocrinologia Sperimentale, specializzandosi nel 1987. Nel 1988 consegue l’Abilitazione all’esercizio della professione di Farmacista.Ma la sua curiosità e la passione - mai sopita - per il giornalismo la portano ad accettare con entusiasmo un posto in una casa editrice scientifica. Da quel momento inizia la carriera giornalistica che la porterà a diventare pubblicista prima e giornalista professionista poi, dopo il superamento dell'Esame di stato nel 1999.Lavora da allora sia per testate rivolte al medico sia in riviste dedicate al grande pubblico, prima come dipendente e, più avanti, come freelance.Oltre che di salute e benessere è appassionata di sport e di animali. Sposata, ha due figli, ormai grandi, quattro gatti, due cani, un cavallo e una vita sempre in movimento.

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