Alzheimer, ecco i primi sintomi


Uno dei primi sintomi dell'Alzheimer, in alcuni casi, è la difficoltà nel fare i conti della spesa. Ma non c’è soltanto questo.

Piccole dimenticanze, qualche sbadataggine, le parole che rimangono sulla punta della lingua e poi, quella strana nuova mania di contare e ricontare i soldi. Negli anziani spesso sono sintomi banali come questi che devono far sospettare che qualcosa non va.

Capita a tutti prima o poi di attraversare un periodo in cui si è più distratti e sbadati del solito. Stress o stanchezza in genere spiegano bene anche le dimenticanze e i comportamenti più bizzarri come lasciare le chiavi nel frigorifero o il pane in bagno.

Minimizzare e aspettare che passi non è sempre la soluzione migliore, soprattutto se si è un po’ avanti con gli anni.

Dietro questi piccoli incidenti quotidiani, infatti, potrebbero nascondersi altri tipi di problemi, come una depressione, che sono risolvibili ma solo se diagnosticati e trattati con l’opportuna terapia. E c’è anche la possibilità che si tratti di una malattia più grave come l’Alzheimer.

Si tratta di una malattia degenerativa del cervello caratterizzata da un decadimento progressivo delle funzioni cognitive e della memoria in particolare. Questo comporta una difficoltà crescente a svolgere le comuni attività quotidiane, fino alla perdita completa dell’autonomia personale.

Una cura che possa risolvere o bloccare il problema al momento non esiste. Tuttavia una diagnosi precoce e l’inizio tempestivo di trattamenti mirati ai sintomi riescono almeno a rallentarne la progressione.

Secondo la Alzheimer's Association statunitense ci sono dieci sintomi a cui prestare attenzione:

Sintomo Manifestazione
Amnesia anterograda Dimenticanze e disturbi di memoria soprattutto per i fatti più recenti
Aprassia Difficoltà a eseguire compiti noti come allacciarsi le scarpe o abbottonarsi che non dipendono da disabilità fisiche
Agnosia Difficoltà a riconoscere gli oggetti di uso comune e le loro funzioni
Anomia Difficoltà a dare un nome alle cose comuni che vengono però riconosciute
Disorientamento spaziale Confondere luoghi familiari
Disorientamento temporale Sbagliare il mese, la stagione o l'anno
Acalculia Difficoltà
nel compiere operazioni logiche o matematiche relativamente semplici
che possono comportare per esempio il fatto di dover contare e ricontare
i soldi
Smarrire oggetti Tendenza a perdere continuamente le cose dimenticandole nei luoghi più strani (chiavi in frigorifero, biancheria in cucina)
Cambiamenti dell'umore o della personalità Tendenza a diventare confusi, sospettosi, depressi, timorosi, ansiosi, turbati
Apatia Perdita di iniziativa e di interesse per se stessi, gli altri e l’ambiente in generale

Quelle strane spie di malattia

Quello di contare e ricontare i soldi è un sintomo piuttosto particolare. Di solito l’Alzheimer esordisce in modo subdolo con problemi di memoria che diventano sempre più frequenti e gravi. Appuntamenti dimenticati, nomi degli oggetti che non vengono in mente, amnesie riguardo a date o indirizzi.

E in un certo senso anche il contare e ricontare i soldi può dipendere da un problema di memoria: se si viene distratti mentre si sta compiendo un’azione come pagare o dare dei soldi a qualcuno può succedere di trovarsi poi a giocherellare con le monete in attesa di ricordare che cosa si stava per fare.

Capita anche alle persone sane, ma nei pazienti con l’Alzheimer può diventare un fenomeno particolarmente frequente e non sempre spiegabile da interruzioni evidenti.

Ci sono però anche altre disfunzioni tipiche dell’Alzheimer che possono spiegare questo sintomo.

Hanno nomi difficili, ma riconducono ad azioni comuni: l’agnosia, cioè l'incapacità di riconoscere cose comuni, l’acalculia per la quale non riesce più a compiere operazioni matematiche elementari o l’aprassia che è invece un'incapacità a compiere gesti normali quali in questo caso il maneggiare i soldi.

Se si ha la tendenza a contare e ricontare i soldi o la si nota in un familiare non è comunque il caso di spaventarsi: stress o stanchezza possono spiegare altrettanto bene questo sintomo.

Tuttavia, nel dubbio, è sempre meglio sottoporre all’attenzione di un medico anche questo sintomo.

I metodi più bizzarri per stanarla

Distinguere l’Alzheimer dall’invecchiamento normale soltanto sulla base di uno o più sintomi non è facile nemmeno per gli esperti.

Le cause esatte della malattia non sono note e gli unici elementi che potrebbero aiutare sono lesioni anatomiche cerebrali che si rilevano solo con esami invasivi come la biopsia o con l’autopsia dopo la morte.

Per questi motivi buona parte della ricerca sull’Alzheimer è orientata a trovare una caratteristica che sia allo stesso tempo specifica della malattia e rilevabile con un esame clinico semplice e non invasivo.

I risultati non mancano, anche se alcuni dei sistemi diagnostici trovati finora sono piuttosto bizzarri.

Guardami negli occhi

Per esempio, secondo gli americani Huntington Potter e Leonard Scinto, rispettivamente neurologo e oculista, basterebbe una goccia di collirio per capire se una persona ha l’Alzheimer.

Chi soffre di questa patologia mostra infatti una netta diminuzione nel cervello del neurotrasmettitore acetilcolina e di neuroni che la utilizzano e che sono coinvolti nel controllo della pupilla.

Secondo quanto rilevato dai due studiosi una goccia di collirio contenente tropicamide (una sostanza che blocca l’acetilcolina) causa la dilatazione della pupilla anche nelle persone sane, ma nel malato l’azione risulta molto più marcata poiché il farmaco disattiva la poca acetilcolina rimasta per contrastare l‘ingrandimento della pupilla.

La scoperta è tanto rivoluzionaria quanto semplice e apre nuove speranze per la ricerca scientifica in questo campo.

Anche un altro gruppo di ricercatori americani spera di riuscire a diagnosticare l’Alzheimer semplicemente guardando negli occhi i pazienti.

Stavolta però alla ricerca non di un’alterazione del diametro pupillare, ma di alcune inclusioni nel corpo vitreo dovuti a depositi delle stesse proteine che si accumulano nel cervello.

Dal naso alla bocca

Non è la prima volta che gli studiosi tentano la strada degli organi di senso per diagnosticare l’Alzheimer.

Nel 2004 Devangere Devanand e i colleghi della Columbia University, presentarono un nuovo tipo di test che avrebbe dovuto consentire di diagnosticare la malattia di Alzheimer in fase pre-sintomatica semplicemente facendo annusare ai pazienti a rischio una serie di dieci fragranze.

I ricercatori si erano accorti infatti che tra gli individui a rischio maggiore per l’Alzheimer perché per esempio avevano dei precedenti familiari, quelli che presentano difetti olfattivi sviluppavano quasi sicuramente la malattia.

La presenza di un deficit olfattivo avrebbe quindi dovuto rappresentare un buon segnale predittivo per identificare le persone che col tempo avrebbero sviluppato questo tipo di demenza senile.

Il prossimo futuro potrebbe offrire interessanti strumenti diagnostici anche per quanto riguarda il gusto.

Un gruppo di ricercatori della Washington University diretti da Katherine Piwnica-Worms ha scoperto infatti una correlazione tra difficoltà a riconoscere il significato delle parole e difetti nell’identificare i gusti dei cibi.

Studiando persone affette da demenza semantica, un particolare tipo di demenza caratterizzata da una perdita della capacità di cogliere il significato delle parole, il team ha notato che spesso chi ha questa malattia sviluppa una notevole golosità associata alla preferenza per cibi insoliti o per insolite combinazioni di sapori.

Secondo gli studiosi questo comportamento dipenderebbe da una perdita del significato dei sapori. E, infatti, sono riusciti a dimostrare che queste persone sono perfettamente in grado di discriminare sapori differenti e di indicare se trovano gradevoli o meno certe combinazioni, ma incontrano notevoli difficoltà a identificare i singoli sapori o a valutare in modo appropriato particolari gusti, come vaniglia o sottaceto.

È la prima prova diretta che il significato dei sapori, come quello delle altre cose del mondo, viene colpito da questa particolare forma di demenza. Ma non è escluso che possa rappresentare anche una nuova possibilità per diagnosticare e distinguere in fase precoce diverse malattie neurodegnerative, Alzheimer compreso, a partire dalla semplice analisi dei gusti alimentari delle persone.

Attenzione ai piccoli segnali

Purtroppo nessuno di questi metodi non invasivi si è dimostrato così infallibile e a tutt’oggi soltanto l’attenta valutazione clinica e neurologica dei sintomi cognitivi e comportamentali e della loro tendenza a peggiorare nel tempo, consente di arrivare a una diagnosi clinica.

Se effettuata correttamente e soprattutto tempestivamente, consente di iniziare quella serie di trattamenti farmacologici e terapie comportamentali che se non proprio curative possono mantenere a lungo una buona qualità della vita di chi ne è affetto e dei suoi familiari.

Il fattore tempo è dunque fondamentale ed è per questo che i medici cercano di sensibilizzare la popolazione verso i campanelli d’allarme che potrebbero far sospettare l’esistenza di un problema di questo tipo, tra cui anche il contare i soldi.

A cura della redazione

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