Come distinguere la vaginosi batterica dalla candida


La misurazione del pH e l’attenta osservazione dei sintomi sono importanti per riconoscere le cause dei diversi disturbi ginecologici che si manifestano a livello vaginale.
La vaginosi batterica e la vulvovaginite da lieviti, in particolare del genere Candida albicans, sono annoverate fra le principali cause di fastidio a livello vaginale, ma spesso vengono erroneamente confuse fra loro.
A queste si aggiunge un terzo disturbo che colpisce a livello genitale, la tricomoniasi, che presenta sintomi in comune sia con la vaginosi, sia con la candida.
In ginecologia viene utilizzato il nome generico di “vaginite” per parlare di una condizione infiammatoria o di un'infezione della vagina e, in alcuni casi, della vulva, cioè della parte esterna dei genitali femminili. Quando, invece, si tratta di alterazioni della microflora vaginale, si parla di vaginosi.
Sono disturbi piuttosto frequenti, soprattutto nelle donne in età riproduttiva. A fare la differenza tra l'uno e l'altro non sono solo le cause, ma anche i sintomi e i trattamenti necessari per sconfiggerli e prevenire la comparsa di infezioni ricorrenti.
I ceppi batterici che colonizzano la mucosa vaginale sono gli stessi sia in condizioni fisiologiche, sia nel caso si sviluppi una vaginosi batterica; ciò che varia è la proporzione fra batteri “amici” della salute della donna (i lattobacilli, che predominano in condizioni normali), e i batteri anaerobi.
Alla base delle vaginosi batteriche c’è un’alterazione della microflora vaginale, che in condizioni fisiologiche è costituita per il 95% da batteri aerobi, in particolare dai lattobacilli, che consentono di mantenere il pH vaginale acido (intorno a valori di 4), limitando così la crescita di batteri potenzialmente pericolosi. La restante parte della flora batterica vaginale è invece rappresentata da batteri anaerobi, del tutto innocui se mantenuti a basse concentrazioni.
Se però questo equilibrio si rompe, per esempio in seguito all’assunzione di antibiotici, oppure a causa di dispositivi intrauterini (come, ad esempio, della spirale), di rapporti sessuali frequenti o della tendenza a fare uso di lavande vaginali, i microrganismi patogeni prendono il sopravvento: nel caso della vaginosi batterica, a proliferare in maniera abnorme sono di solito i generi Gardnerella vaginalis, Prevotella spp., Bacteroides spp., Mobiluncus spp. e Mycoplasma spp.
Le vaginosi batteriche sono le infezioni vaginali più diffuse nelle donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni. Però, non sono le uniche.
Candida o vaginosi batterica?
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Uno dei motivi più frequenti che spingono le donne a rivolgersi al ginecologo è anche l’infezione da Candida albicans, una vera e propria minaccia per la salute e il benessere intimi, da cui non sono esenti neppure gli uomini.
Nota anche come candida o candidosi vaginale, quest'infezione colpisce soprattutto le mucose genitali femminili ed è causata dalla proliferazione di alcune specie (albicans, kruzei, glabrata e tropicalis) di Candida, un fungo, o, più precisamente, un lievito, normalmente presente in alcuni distretti corporei, tra cui il tratto terminale dell'intestino e ovviamente la vagina.
Normalmente, questo lievito vive in equilibrio con gli altri microrganismi della flora batterica vaginale, senza creare problemi; tuttavia, in particolari condizioni, si moltiplica in eccesso, causando lo sviluppo di una vulvovaginite, un'infezione caratterizzata da una serie di sintomi molto fastidiosi.
I fattori di rischio? Una delle circostanze in cui l'infezione può proliferare è a seguito dell'assunzione di antibiotici o di farmaci a base di corticosteroidi. Inoltre, può moltiplicarsi più facilmente in caso di un indebolimento delle difese immunitarie, di una variazione nei livelli degli ormoni (per esempio, durante la gravidanza) e in caso di disturbi sistemici, come il diabete (soprattutto se la glicemia non viene tenuta sotto controllo in modo adeguato).
I disturbi vaginali tendono ad assomigliarsi fra loro, ma solo in apparenza: un esame più approfondito dei sintomi delle infezioni vaginali può, infatti, svelare delle differenze sostanziali, e quindi aiutare a distinguerne la causa.
In particolare, nel caso della vaginosi batterica circa la metà delle pazienti presenta sintomi molto sfumati, e in alcuni casi del tutto assenti.
Nel restante 50% delle donne è invece possibile riconoscere le manifestazioni più tipiche di questo disturbo:
- secrezioni bianco-grigiastre lattiginose e omogenee, più o meno abbondanti (un problema generalmente indicato con il termine 'leucorrea');
- uno sgradevole odore, che assomiglia a quello del pesce avariato e che diventa più intenso soprattutto dopo un rapporto sessuale o nei giorni del ciclo mestruale; pertanto, è necessario consultare un medico se questo sintomo si ripresenta nonostante un'attenta igiene intima;
- un pH vaginale superiore a 4-4,5.
Sono quasi del tutto assenti sintomi infiammatori, come, ad esempio, gonfiore, arrossamento (eritema), prurito e bruciore, anche durante i rapporti sessuali, che sono invece manifestazioni tipiche delle infezioni micotiche causate dalla Candida.
Inoltre, queste ultime sono caratterizzate da:
- tipiche perdite vaginali che si presentano sotto forma di secrezioni biancastre, granulari, simili alla ricotta e tendenzialmente abbondanti;
- l’assenza di cattivo odore di pesce;
- un pH vaginale nella norma (4,0-4,5).
Anche nell'uomo, l'infezione (candida maschile) produce irritazione, prurito e bruciore, localizzati al di sotto del prepuzio o sulla punta del pene, lesioni ulcerose accompagnate da secrezioni biancastre e, talvolta, un arrossamento del glande noto come balanite, causando fastidio durante i rapporti sessuali e difficoltà nella minzione.
Ad avere caratteristiche in comune sia con la vaginosi batterica, sia con la candida è la tricomoniasi, una vaginite infettiva causata da un parassita (Trichomonas vaginalis) che si trasmette per via sessuale sia tra uomo e donna sia fra donna e donna, i cui sintomi sono:
- la presenza di secrezioni giallo-verdastre schiumose;
- un odore sgradevole;
- un'infiammazione della mucosa di grado variabile;
- bruciore e dolore durante la minzione;
- prurito molto intenso;
- sensazione di dover urinare più spesso;
La tricomoniasi può colpire entrambi i sessi, ma, contrariamente a quanto accade nel caso femminile, negli uomini non scatena particolari sintomi e si risolve da sé nell'arco di poche settimane. In alcuni casi, però, può essere associata a:
- lieve dolore durante la minzione;
- bruciore dopo aver urinato o dopo l'eiaculazione;
- prurito a livello dell'uretra;
- lievi perdite dall'uretra;
- sensazione di dovere urinare più spesso.
Inoltre, a volte gli uomini che hanno contratto la tricomoniasi si ritrovano alle prese con:
- la prostatite, una condizione caratterizzata dall'ingrossamento e dall'irritazione della prostata;
- l'epididimite, un disturbo in cui a infiammarsi è invece l'epididimo, cioè il condotto che mette in comunicazione il testicolo con il dotto (o vaso) deferente che convoglia lo sperma nell'uretra.
In sintesi, ecco i sintomi che caratterizzano e differenziano fra loro queste tre patologie vaginali:
Aspetto delle secrezioni | Odore delle secrezioni | Sintomi infiammatori | pH vaginale | |
---|---|---|---|---|
Vaginosi batterica | Secrezioni bianco-grigiastre lattiginose e omogenee, più o meno abbondanti | Odore sgradevole, che assomiglia a quello del pesce avariato | Assenti | > 4-4,5 |
Candidosi | Secrezioni biancastre, granulari, simili alla ricotta e tendenzialmente abbondanti | Assente | Prurito, bruciore e arrossamento | 4-4,5 |
Tricomoniasi | Secrezioni giallo-verdastre, schiumose | Odore sgradevole | Dolore e prurito molto intenso | > 4-4,5 |
Nel caso si avvertano disturbi vaginali o a livello della regione pelvica, per giungere a una diagnosi sarà importante valutare diversi indicatori:
- la tipologia di secrezione;
- la presenza o meno di un odore sgradevole;
- il pH vaginale;
- la presenza di sintomi infiammatori.
Nel caso della vaginosi batterica, una diagnosi precoce è importante per iniziare al più presto un trattamento specifico ed evitare complicanze anche gravi, soprattutto in gravidanza.
Il metodo più comunemente utilizzato è quello di Amsel, secondo il quale può essere posta diagnosi di vaginosi batterica se sono presenti almeno 3 delle seguenti condizioni:
Un’osservazione attenta dei sintomi è quindi molto importante per riconoscere questo disturbo; è altrettanto utile, però, la misurazione del pH vaginale, che può essere effettuata anche a casa con pratici kit acquistabili in farmacia.
Per quanto riguarda il pH vaginale, i valori tendono ad alzarsi nel caso della vaginosi e della tricomoniasi, e a rimanere nella norma se si tratta di candida.
La sua misurazione è quindi un elemento importante per sapersi orientare sulle cause: è possibile eseguirla facilmente anche a casa, con un pratico kit disponibile in farmacia.
Si tratta di un piccolo tampone da inserire delicatamente in vagina per pochi secondi, facendolo ruotare in modo da raccogliere una quantità sufficiente di secrezioni. Il tampone vaginale può essere quindi estratto, e dopo circa 10 secondi se si osserva una variazione di colore dal giallo verso il blu/verde vuol dire che il pH vaginale è più elevato rispetto alla norma, ossia superiore a 4,5.
Il cambiamento di colorazione indica che il pH vaginale è sicuramente alterato; per capire se si tratti di una vaginosi batterica o di tricomoniasi, l’indicatore più utile è la presenza o meno di sintomi infiammatori, che non si associano alle vaginosi.
Prima di iniziare qualsiasi trattamento, però, è bene consultare il medico o sottoporsi ad una visita ginecologica.
Per diagnosticare la tricomoniasi, il ginecologo può ricorrere anche al prelievo di due campioni da sottoporre ad analisi: con il primo si effettua un test dell'odore del tutto simile a quello appena descritto, mentre il secondo viene osservato al microscopio alla ricerca dei microrganismi che hanno provocato l'infezione, i Trichomonas, e degli eosinofili schierati dal sistema immunitario per contrastarla.
Oltre a questi, nel caso delle donne può rivelarsi efficace un test di amplificazione degli acidi nucleici (vale a dire DNA o RNA), mentre in quello degli uomini la coltura di urina o il tampone uretrale.
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Spesso, per curare una vaginosi batterica viene prescritta una semplice terapia antibiotica da assumere, dietro prescrizione del medico, per via orale o sotto forma di creme o gel da inserire nella vagina.
Gli antibiotici sono in grado di ridurre la percentuale di batteri anaerobi, ma non di stimolare la ricolonizzazione della mucosa vaginale da parte dei lattobacilli; questo può rappresentare uno dei motivi degli elevati tassi di recidive che si osservano per questa patologia.
Per contrastare un episodio di vaginosi batterica e prevenire recidive a breve termine è anche importante ripristinare il più rapidamente possibile il pH acido e l’equilibrio della flora vaginale. A questo scopo è utile ed efficace la somministrazione locale di preparati vaginali a base di acido lattico e glicogeno; queste due sostanze favoriscono infatti la crescita dei lattobacilli e la riduzione del pH a valori fisiologici.
È stato dimostrato che cambiamenti nella composizione della microflora vaginale, che si presentano in tutti i casi di vaginosi, può aumentare la probabilità di contrarre malattie infettive sessualmente trasmissibili, come quella da Thricomonas vaginalis, Neisseria gonorrhoeae, Chlamydia trachomatis, Herpes simplex virus di tipo 2 e HIV.
In gravidanza le complicazioni possono essere anche peggiori: in caso di vaginosi batterica è, infatti, più alto il rischio di parto prematuro, di aborto in una fase avanzata della gravidanza, di rottura prematura delle membrane e di avere un basso peso nei bambini alla nascita.
Anche la vaginite da Candida può essere trattata con l'utilizzo di prodotti da inserire direttamente nella vagina. In questo caso, però, i principi attivi che aiutano a sconfiggere il microbo responsabile dell'infezione non sono gli antibiotici, ma farmaci antimicotici.
Inoltre, perché il trattamento sia efficace è necessario assicurarsi che quella con cui si ha a che fare sia davvero un'infezione da Candida e non un altro tipo di vaginite o una vaginosi batterica; per questo una diagnosi corretta della patologia è fondamentale per una completa guarigione.
In generale, è buona norma rivolgersi al proprio medico ogni qualvolta si abbia a che fare con sintomi di cui non si è mai sofferto; in questo modo si ridurrà il rischio di autodiagnosticarsi problemi diversi da quelli di cui si soffre realmente.
Inoltre, è bene rivolgersi al medico se si è soggette a recidive frequenti, se si teme che la candidosi possa essere associata anche a un'altra malattia a trasmissione sessuale, in caso di gravidanza e se i sintomi non dovessero scomparire (o se dovessero addirittura peggiorare o ne comparissero di nuovi) nonostante i farmaci assunti. Per di più, dal momento che la candidosi può essere trasmessa per via sessuale, è bene che sia sottoposto al trattamento anche il partner per evitare un “effetto ping-pong” all’interno della coppia.
La dieta è, invece, uno dei fattori che possono aiutare la prevenzione delle recidive. Fra gli accorgimenti utili da questo punto di vista sono inclusi il consumo di adeguate quantità di acqua (almeno 2 litri al giorno) e la riduzione del consumo di alimenti e bevande ricchi di zuccheri semplici e a base di farina bianca, di latte, di latticini e di formaggi come il gorgonzola, che sembrano in grado di promuovere la proliferazione della Candida.
Inoltre, per ridurre il rischio di infezioni da candida è bene utilizzare detergenti specifici (preferendo, quando possibile, quelli delicati a quelli aggressivi) ed evitare l’uso condiviso di asciugamani. Indossare biancheria intima in tessuti traspiranti come il cotone, evitando indumenti troppo attillati sulla zona vaginale, può favorire la circolazione dell'aria nell'ambiente vulvare, rendendolo meno umido e quindi meno esposto alla crescita di funghi. Infine, in questi casi, evitare salvaslip e assorbenti quando non necessario e cambiare più spesso quelli interni può essere altrettanto utile.
Al contrario della vaginosi, la candida, se contratta in qualsiasi settimana di gravidanza, non è pericolosa né per la madre né per il feto. Tuttavia, è bene curarla prima dell’inizio del travaglio poiché durante il parto per via vaginale l’infezione potrebbe essere trasmessa al neonato, che potrebbe sviluppare una candidosi del cavo orale, detta mughetto.
Così come quando si ha a che fare con una vaginosi batterica, anche in caso di tricomoniasi il problema può essere affrontato efficacemente assumendo antibiotici, che devono essere prescritti dal medico dopo un’accurata diagnosi.
Generalmente, nelle donne è sufficiente una sola dose, mentre negli uomini l'assunzione può essere protratta per 5-7 giorni.
Il trattamento delle infezioni (durante il quale è bene evitare i rapporti sessuali) dovrebbe essere esteso al partner anche nel caso in cui non dovesse manifestare alcun sintomo di infezione.
Inoltre, è bene astenersi dal consumo di alcolici sia durante il periodo di assunzione dei medicinali che nelle 48 ore successive all'assunzione dell'ultima dose; in caso contrario ci si potrebbe ritrovare alle prese con dolori addominali, una forte nausea o anche vomito.