Trombosi venosa profonda: ecco i fattori di rischio

Condizione frequente, ma non sempre evidente. Può dare conseguenze anche molto gravi, per questo è importante conoscerla bene.

Si parla di trombosi venosa profonda quando un vaso del sistema venoso profondo viene occluso, in parte o completamente, da un coagulo di sangue.

Può interessare qualsiasi distretto: braccia, gambe, area pelvica. Gli arti inferiori sono il bersaglio preferito dalla trombosi.

Qualora sia estesa o colpisca grossi vasi si ha la comparsa di una sintomatologia tipica: aumento della pressione venosa, dolore e gonfiore e talvolta aumento della temperatura e cianosi nell’area colpita.

Purtroppo non sempre è così: i sintomi possono essere anche minimi o non esserci affatto, rendendo così la TVP silente, ma comunque molto pericolosa.

Infatti i trombi, ovvero quei “grumi” all’interno delle vene, possono anche staccarsi o frammentarsi e raggiungere i polmoni, provocando un’embolia polmonare.

Se non curata, inoltre, la trombosi venosa profonda degenera portando, nel tempo, a insufficienza venosa cronica.

Come difendersi

Conoscere tutti i fattori di rischio può aiutare a mettersi al riparo prima che possa fare danni. E poi servono controlli regolari e molta attenzione ai piccoli segnali.

Per esempio, eseguire, in caso di sospetto, un ecocolordoppler può svelare la presenza del trombo all'interno della vena.

Una triade pericolosa

Si chiama “triade di Virchow” e racchiude le tre condizioni necessarie alla formazione di un trombo:

  • incremento della coagulabilità del sangue
  • rallentamento del flusso del sangue o stasi venosa
  • modificazione della parete vascolare.

Tutte le situazioni che aumentano la probabilità di incorrervi sono quindi da considerare fattori di rischio per l’insorgenza di una trombosi venosa profonda.

Coagulazione non necessaria

Tutte le condizioni che favoriscono la formazioni di coaguli predispongono alla TVP. Tra queste, le malattie ereditarie o acquisite del sistema coagulativo, i tumori, ma anche scompenso cardiaco, diabete mellito, presenza di varici, stati di disidratazione.

La coagulazione intravenosa è favorita anche da un danno alla parete vasale, come in caso di traumi quali fratture, forti distorsioni o infiammazione (vasculiti).

Quando il flusso venoso rallenta

È nota la correlazione tra trombosi e immobilizzazione prolungata. Questa induce un rallentamento del ritorno venoso, con conseguente stasi, specie negli arti inferiori.

Attenzione, quindi, durante lunghi periodi di allettamento o quando si è costretti a rimanere troppo seduti nella stessa posizione, come in caso di viaggi in aereo o in auto superiori alla quattro ore.

Anche gli interventi chirurgici maggiori od ortopedici sono considerati tra i fattori di rischio: il flusso di sangue rallenta per la riduzione della perfusione arteriosa.

Anziani e donne più a rischio

Il rischio aumenta anche con l’età: sotto i 40 anni la patologia è rara, ma l’incidenza aumenta con il tempo e diviene elevata dopo i 75 anni.

La ragione risiede nelle modificazioni della parete delle vene, con dilatazione di quelle superficiali, e nella perdita di efficienza della pompa muscolare.

Le donne presentano una maggior predisposizione, alla quale potrebbero concorrere anche l’uso di contraccettivi ormonali e le gravidanze, che inducono squilibrio nei fattori della coagulazione.

Inoltre, in gravidanza l’addome rappresenta un ostacolo al normale flusso venoso.

Attenzione al fumo e ai chili di troppo

Sovrappeso e obesità aumentano la pressione sulle vene, limitano l'attività fisica e, spesso, sono associati ad alterato metabolismo lipidico. A discapito del circolo venoso.

E il fumo non è da meno, influendo negativamente sulla coagulazione del sangue e sulla circolazione.

A cura della redazione

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