Emofilia: ecco i sintomi

Ematomi e sanguinamenti incontrollati, a volte senza una causa apparente, sono i segnali tipici di una ridotta capacità di coagulazione del sangue. Ecco come riconoscere le situazioni di pericolo.

La caratteristica principale dell'emofilia è il lungo tempo di coagulazione del sangue, da cui dipendono sanguinamenti anomali dalla gravità variabile. Si passa infatti da una quasi banale tendenza alla comparsa di lividi o a una difficoltà di rimarginazione di tagli più o meno profondi, fino, nei casi più gravi, a sanguinamenti a danno degli organi interni o addirittura emorragie cerebrali estremamente pericolosi per la vita.

Riconoscere i sintomi, diagnosticare precocemente la malattia e impostare un’adeguata terapia permette di evitare danni anche gravi e complicanze a lungo termine altamente invalidanti a carico del sistema locomotore.

L'entità dei sintomi dell'emofilia dipende molto spesso dal livello di gravità della malattia:
l’emofilia sia di tipo A sia di tipo B può presentarsi in forma lieve, moderata o grave.

Circa il 60% degli emofilici è affetto dalla forma grave nella quale i sintomi compaiono, in genere, intorno ai 6-9 mesi di età, quando i bambini iniziano a stare seduti da soli, a gattonare o a muovere i primi passi.

Non è possibile “prevedere” quante emorragie si possano presentare nell’arco della vita di un individuo emofilico, tuttavia esistono alcune articolazioni che facilmente possono essere bersaglio di sanguinamenti come per esempio ginocchio, anca, gomito e caviglia.

Quando il sangue scorre troppo

L'estrema lentezza con cui coagula il sangue che fuoriesce da un taglio o da una ferita può destare il sospetto di un difetto della coagulazione.

Nella maggior parte degli emofilici, graffi e piccole ferite non creano grossi problemi, ma lesioni ai piccoli vasi delle articolazioni e dei muscoli possono non essere visibili e continuare a sanguinare a lungo “internamente”.

Nei bambini affetti dalle forme gravi si possono avere piccole emorragie sottocutanee, che si manifestano come ecchimosi, soprattutto in quelle parti del corpo da cui i genitori comunemente li sollevano o li sorreggono.

Altre manifestazioni che devono destare attenzione sono, per esempio, la difficoltà a muovere gli arti, che può essere espressione del dolore che il bambino prova a causa dell'emorragia, oppure il pianto in presenza di tumefazioni.

Forme gravi e meno gravi

Nelle forme gravi traumi anche molto lievi possono causare emorragie, e queste possono coinvolgere gli organi interni o insorgere spontaneamente.

Sanguinamenti sintomatici dell'emofilia sono l'epistassi (dal naso, più spesso associata all'emofilia di tipo B), le gengivorragie (dalle gengive), le emorragie gastrointestinali e urinarie, la presenza di sangue nelle urine (ematuria) o nelle feci e le emorragie intracraniche.

Nei pazienti emofilici, la probabilità di sanguinamenti importanti a seguito di estrazioni dentarie o di operazioni chirurgiche è alta, soprattutto se non si somministra preventivamente il fattore della coagulazione carente.

Un trauma per articolazioni e muscoli

Negli individui affetti da emofilia risulta particolarmente a rischio la salute delle articolazioni: microtraumi possono scatenare emorragie articolari, che prendono il nome di emartri, e queste, se ripetute, possono portare alla degenerazione dell’articolazione stessa con conseguente irrigidimento e perdita di funzionalità (artropatia emofilica).

Le sedi più frequentemente colpite sono ginocchio e caviglia, ma possono essere coinvolti anche gomito, spalla e anca.

Gli emartri causano inizialmente dolore e gonfiore che, se non adeguatamente e tempestivamente trattati, degenerano in grosse tumefazioni con conseguente difficoltà di movimento.

Come gli emartri anche gli ematomi muscolari, se non curati, possono causare un danno funzionale.

Dai sintomi alla diagnosi

L’emofilia è una malattia ereditaria e, pertanto, una anamnesi familiare accurata, soprattutto in presenza dei sintomi descritti, è indispensabile.

Per poter però avere una corretta diagnosi di emofilia, familiarità e sintomatologia da sole non sono sufficienti, ma occorrono analisi di laboratorio e genetiche specifiche, che non solo confermano o meno la malattia e il tipo ma, soprattutto, permettono di valutarne il livello di gravità che costituisce il fattore chiave per poter impostare in modo corretto un piano terapeutico.

Silvia Soligon
Silvia Soligon
Romana di adozione, è nata a Milano, dove ha conseguito la laurea in Scienze biologiche e il dottorato di ricerca in Scienze genetiche e biomolecolari. Ha poi continuato a lavorare nell’ambito della ricerca scientifica prima all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Novara, poi all’Università “La Sapienza” di Roma.   Nella capitale ha proseguito il suo percorso formativo con un master in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata. Sempre a Roma si è specializzata nell’ambito del giornalismo e della comunicazione scientifica, conseguendo il master “Le scienze della vita nel giornalismo e nelle politiche istituzionali” dell'Università "La Sapienza".    Iscritta all'Ordine nazionale dei Biologi e all'Ordine dei giornalisti è socia di Unamsi (l’Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione). Dal 2008 collabora con diverse testate giornalistiche e siti web per la produzione di contenuti riguardanti tematiche medico-scientifiche. Musica e cibo sono le sue grandi passioni. Oggi divide il suo tempo tra la scrittura, il lavoro di nutrizionista e i concerti.

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