Dermatite atopica nel bambino: meglio il pediatra o il dermatologo?

Il “dottore dei bambini” è il primo punto di riferimento in caso di atopia, ma il dermatologo si conferma lo specialista della malattia. Affidarsi ai loro consigli è il primo passo per risolvere il problema.

La pelle è secca, arrossata, prude, si irrita facilmente e crea disagio al bambino. Potrebbe essere dermatite atopica.

Un problema abbastanza frequente nei primi anni di vita, determinato da un’ipersensibilità della cute (o da pseudo-allergie) nei confronti di diversi composti presenti nell’ambiente o introdotti nell’organismo attraverso l’alimentazione.

In genere, non è un disturbo grave, ma va affrontato nel modo giusto per evitare di peggiorare i sintomi anziché risolverli, facilitandone la cronicizzazione. A chi rivolgersi?

Dal pediatra per capire

Il primo riferimento è, senza dubbio, il pediatra che potrà formulare la diagnosi corretta e indirizzare verso gli eventuali approfondimenti da effettuare.

Benché la dermatite atopica sia abbastanza semplice da riconoscere, i sintomi cutanei caratteristici potrebbero dipendere da cause specifiche diverse e comprenderne l’origine è essenziale per individuare i rimedi più adatti.

Se le manifestazioni sono lievi o moderate, come primo consiglio, molto probabilmente, il pediatra vi dirà di non far sudare troppo il bambino, di lavarlo il meno possibile (pur garantendogli un’igiene adeguata), di usare detergenti delicati e ipoallergenici (o anche soltanto acqua, nei neonati) e di applicare emollienti più volte al giorno sulle zone sensibilizzate.

Se vuoi saperne di più sulle regole quotidiane per alleviare il disturbo nel bambino leggi questo articolo.

Non dubitate: anche se non prescrive alcun farmaco specifico non sta banalizzando la situazione. La pelle atopica ha bisogno innanzitutto di essere rispettata e questi semplici accorgimenti sono fondamentali, nonché in molti casi sufficienti, per farle ritrovare un miglior equilibrio.

Al pediatra potete chiedere spiegazioni sulle caratteristiche della malattia e sulla sua evoluzione, sugli accorgimenti pratici da adottare e sugli errori da evitare nella vita di tutti i giorni, trovando risposta a ogni dubbio.

Dal dermatologo per cure mirate

Se dopo 2-3 settimane la situazione non dovesse essere migliorata o se i sintomi fossero fin dall’inizio molto intensi (per esempio, con prurito insopportabile, comparsa di taglietti, croste o secrezioni a livello delle zone arrossate) o le manifestazioni molto estese, una visita dal dermatologo diventa necessaria per una valutazione specialistica del quadro e per avere indicazioni specifiche sul trattamento farmacologico da intraprendere.

La terapia proposta, diversa a seconda dei casi, andrà seguita in media per 2-6 settimane prima di poter stabilire se è stata effettivamente utile, se può/deve essere interrotta, proseguita a lungo termine o sostituita con una diversa.

Nel frattempo, come poi sempre in seguito, il punto di riferimento per i genitori resta il pediatra, capace di offrire un supporto affidabile, costante e basato su un’estesa conoscenza dello stato di salute generale del bambino.

Dai probiotici, l’aiuto in più

In aggiunta a creme emollienti e terapie specifiche, il pediatra o il dermatologo potrà consigliare anche l’impiego di prodotti probiotici contenenti specifici lattobacilli, ad alta concentrazione.

Assunti ogni giorno per bocca, questi probiotici sono in grado di migliorare i sintomi della dermatite atopica in modo indiretto, ottimizzando la composizione della microflora intestinale, correlata alla tendenza a sviluppare allergie di vario tipo.

Se vuoi saperne di più sui probiotici leggi questo articolo.

Rosanna Feroldi
Rosanna Feroldi
Da adolescente le avevano detto di fare il liceo classico e ha scelto lo scientifico. Alla maturità, le hanno detto di iscriversi Lettere e Filosofia e ha puntato su Biologia. Dopo laurea e tirocinio, al dottorato in elettrofisiologia ha preferito un corso di comunicazione e giornalismo scientifico della Facoltà di Farmacia - Università Statale di Milano. Insomma, non è il tipo che si lascia convincere facilmente. Da lì, è iniziato, più per gioco che per scelta, un percorso professionale che continua con soddisfazione da quasi vent'anni, passando da attività di consulente per la comunicazione su salute e stili di vita sani per il Progetto Città sane - Comune di Milano alla proficua collaborazione con la Fondazione San Raffaele di Milano, dove per 13 anni si è occupata di realizzare il magazine dell'Ospedale San Raffaele destinato ai pazienti e materiale divulgativo distribuito nell'ambito di campagne di sensibilizzazione, nonché di supportare l'attività di ufficio stampa. Contemporaneamente, entusiasta, mai stanca ed esagerando anche un po', ha interagito con numerose realtà editoriali come giornalista scientifica e medical writer, realizzando contenuti per riviste dirette al pubblico, ai medici e ai farmacisti. Il sopravvento del web ha cambiato molte cose, ma non l'ha indotta a desistere. Così, eccola ora alle prese prevalentemente con progetti editoriali online e attività di comunicazione/reportistica medico-scientifica nelle aree cliniche più disparate. A volte, si chiede come abbia fatto, altre come continuerà. The show must go on.

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